Nella vita di tutti i giorni, ormai siamo abituati a cogliere la diversità delle persone, a confrontarsi con nuove realtà, anche se poi non sempre ne traiamo le dovute riflessioni.
Nuove stimolazioni attraversano spesso il nostro agire, a volte ci mutano profondamente, altre ci lasciano indifferenti, ma sempre dovrebbero spingerci ad una maggiore dinamicità intellettiva, ad una amplificazione di quella "molla" vitale che assume le sembianze della curiosità.
A me è capitato, ormai tanto tempo fa, di imbattermi in un nucleo che però celavano un riflesso arcano, difficile da decifrare. Potevano essere gioviali, o melanconici, mai eccessivi, eppure… Eppure l’involontaria esca era gettata, e senza neanche accorgersene ti ritrovavi nei meandri di un labirinto la cui luce in fondo recava una grande scritta: Ruscio!
L’impatto era diffidente: cos’era Ruscio, un paese, una cosa, un modo di essere?, interrogativi a cui presto fu data risposta ovvia, quasi banale; era il nome di un ridente paesino sperduto fra i monti dell’Umbria.
Di quel paesino confesso che ignoravo completamente l’esistenza, ma il sentirne parlare cntinuamente, l’incensarne ogni sua piccola attrattiva, l’elevarlo a una sorta di "buen retiro" mi spinsero ad un incontro e ad una conoscenza che presto assunsero i contorni di una irrituale "attrazione fatale" (solo in seguito, di quei personaggi avrei trovato traccia nei lavori di Luca Canali, un ottimo scrittore contemporaneo). Oggi, che molto si è disvelato anche a colui che non era partecipe di questa nativa prerogativa, tutto ci appare più lineare, più disincantato, ma ogni tanto quella lucina beffarda sembra di scorgerla sui volti dei figli di coloro incontrati tanto tempo fa.