Una finestra sulla Valnerina
Continua la rubrica che tende a raccogliere materiale di vario genere legato alla nostra terra. Chiunque lo desideri potrà inviarci notizie e documenti utili da pubblicare sulla presente pagina per permetterci di conoscere le diverse realtà della Valnerina
L’ABBAZIA DI SAN PIETRO IN VALLE
Nella Valnerina vi è un posto dove arte, storia e natura si fondono insieme in un mirabile connubio. Questo luogo è l’Abbazia di San Pietro in Valle che, alle falde del monte Solenne, su di un ampio pianoro a 360 metri sul livello del mare, si erge solitaria con il suo alto campanile romanico, il convento e la chiesa medioevale dedicata al principe degli apostoli. E da qui che si può osservare uno stupendo panorama su una parte della Valle del Nera sovrastata dall’antico borgo di Umbriano.
La storia di questa Abbazia risale addirittura al periodo tra il IV ed il V sec. d.c. quando San Pietro apparve in sogno al sesto Duca Longobardo di Spoleto, Faroaldo II, che governò il ducato dal 703 al 720 d.c.. Nel sogno il Santo invitò il duca ad edificare una chiesa ed un monastero in suo nome nel luogo dove viveva un eremita di nome Lazzaro.
Durante una battuta di caccia in Valnerina il duca Faraoldo si imbatté nel santo eremita Lazzaro e fu così che sul luogo dell’incontro cominciò a sorgere la chiesa ed il monastero che adottò la regola benedettina.
Lo stesso duca Faraoldo ritiratosi a vita monastica vi morì in odore di santità nel 728 e nel luogo fu sepolto. Da allora la chiesa divenne mausoleo dei duchi longobardi di Spoleto e vi trovarono sepoltura il terribile Trasamondo junior ed anche Hildericus Dagileopa, il cui nome barbarico si può ancora leggere nel paliotto dell’altare maggiore. L’ultimo duca che si fece monaco fu Franco Vinigisio che rinunciò al ducato nell’822. Con lui finì il periodo longobardo dell’abbazia e per essa iniziarono una serie di alterne vicende legate anche alla turbolenta ed oscura storia di quei tempi.
Dopo essere stata saccheggiata dai saraceni che nell’881 si spinsero in tuta la Sabina nel 996 il complesso fu restaurato dall’Imperatore Ottone III. Successivamente quando nel 1230 tutto il ducato di Spoleto passò sotto il dominio dello Stato della Chiesa l’Abbazia viene assegnata ai Cistercensi ma nel 1300 a causa del "viver licenzioso e disordinato dei frati che abusavano della loro ricchezza e potere", il papa Bonifacio VIII intervenne d’autorità e assegnò l’Abbazia al Capitolo Lateranense. Nel 1484 Innocenzo VII dei conti Cybo concede il feudo abbaziale a Franceschetto Cybo ed ai suoi discendenti che acquisiscono il titolo di Conti di Ferentillo. Costoro mantengono la contea fino al 1730 quando l’ultimo erede Cybo, Alderano Malaspina, la vendette al duce Nico Benedetti: da questi passò ai conti Montevecchio-Benedetti di Fano. Solo nel 1860 i possedimenti dell’Abbazia vengono venduti al Comune di Ferentillo mentre quelli dell’Abbazia vengono acquistati dalla famiglia Costanzi che ne è l’attuale proprietaria.
Quando si arriva all’Abbazia un arco permette di entrare nell’ampia corte erbosa dalla quale è possibile scorgere il retro delle tre absidi della chiesa e la maestosa torre campanaria del XII sec.: da qui si accede al primo chiostro del XV secolo e poi al chiostro vero e proprio del monastero del XII secolo, un grazioso quadriportico a due ordini sorretto da 16 e 11 colonne con al centro un’ara pagana risalente al I sec. a.c.. Dal chiostro si accede lateralmente alla chiesa ad unica navata.
Essa fu compiuta in epoche diverse: longobarda (VII sec.) e romanica (XII sec.) e le pareti sono interamente ricoperte da affreschi (in alcuni casi sovrapposti tra di loro) databili dal XII al XVI di scuola umbra, con scene dell’Antico e Nuovo Testamento e diverse Madonne anche di nobile fattura. Le opere sono dovute alla mano di più maestri rimasti sconosciuti e segnano il passaggio ad una nuova espressività di ambiente romano, rispetto al dominante linguaggio figurativo bizantino.
E’ inoltre possibile ammirare alcuni sarcofagi romani databili tra il II ed il III secolo d.c., anche di pregevole fattura.
L’altare maggiore è costituito da frammenti marmorei scolpiti nel VII secolo. Nella parte anteriore è possibile scorgere, ingenuamente scolpite, due figure umane: a sinistra URSUS, lo scultore che ha eseguito e firmato l’opera, a destra, in atteggiamento orante, il duca di Spoleto Ulderico (739 – 742) che l’aveva commissionata. Nonostante la sua semplicità questo manufatto è un raro esempio di arte scultorea longobarda in Italia e ci permette di avere un’idea di quali fossero le capacità espressive in quel periodo di reale oscurantismo. Meritano anche una visita gli altri ambienti del convento, la farmacia e le celle dei monaci che oggi, dopo anni di attenti restauri, sono divenuti ambienti di un confortevole albergo immerso nell’arte e nella natura della Valnerina.