Caro Pierpaolo e cari Rusciari tutti,
scrivo in risposta all’articolo di Pierpaolo apparso su “La Barrozza” dell’estate 2009.
Mi sento in sintonia con quanto scrive Pierpaolo, mi ritrovo nelle sue parole, nel senso di aggregazione creato dai nostri genitori, nel senso di appartenenza vissuto. Si tratta di valori inclusivi, che puntano ad includere tutti, chiunque è il benvenuto nel nostro paese e nella nostra associazione, senza alcuna distinzione. Parte di questo “spirito di servizio”, come lo chiama Pierpaolo, riconosco di averlo avuto in eredità dalle tante occasioni di frequentazione delle iniziative promosse dalla pro Ruscio.
Voglio dire a Pierpaolo e a tutti coloro che ancora si adoperano e si spendono per l’associazione che il fenomeno della diserzione non ha a che vedere con la gestione dell’associazione. Se ci sono meno frequentanti non è colpa delle odierne iniziative, non sono meno interessanti, meno piacevoli o mal organizzate. Anzi, la qualità dell’organizzazione è sempre cresciuta con il notevole pregio di sapersi rinnovare, di proporre cose nuove, vedi l’happy hour, e cose simili.
Credo che la “diserzione” vada letta in un contesto più ampio che arriva a Ruscio ma non parte da Ruscio. Si tratta di uno dei riflessi della società che si evolve. E’ una delle conseguenze degli ultimi cambiamenti. Il tempo trascorso a Ruscio è sempre meno, anche dai bambini che non ci trascorrono più due o tre mesi, le mamme lavorano. Di conseguenza il sentimento di attaccamento verso persone e associazione va scendendo. Anche qui vale il vecchio adagio: lontano dagli occhi lontano dal cuore.
Poi, osserviamo l’evoluzione dei giochi e dei mezzi di intrattenimento: la play station, la Wi, i lettori MP3 e altre cose simili spingono verso l‘auto-divertimento. Voglio dire che aumentano le possibilità di passare del tempo più o meno piacevole da soli, a discapito del desiderio di stare insieme. La fretta e la frenesia che aumentano ci fanno sentire in colpa se trascorriamo del tempo senza “produrre”, così si dice. C’è anche una maggiore diffidenza diffusa, siamo sempre più pronti all’indifferenza e alla difesa. Queste evoluzioni non portano verso il desiderio di stare insieme e anche la Pro Ruscio ne fa le spese.
Il fenomeno che lamenta Pierpaolo lo ho riscontrato anche nel volontariato, a cui in fondo le nostre iniziative sono assai affini.
Dopo le cifre record degli anni ’90 anche questa attività soffre di crisi di vocazioni.
Allora, che cosa si può fare? Non credo ci sia molto da proporre in più rispetto a quanto già fatto. Credo nella validità delle attività sociali, nello spirito che alimenta i soci e i dirigenti della Pro Ruscio, perché credo in loro.
La qualità dei risultati non si misura dal numero dei presenti.
Un esempio su tutti, la gita a Madonna delle Grazie l’estate scorsa. Eravamo pochi è vero, ma siamo stati tutti tanto bene. Questo per dire semplicemente: non ci piangiamo addosso, accettiamo la sfida, stiamoci dentro e andiamo avanti.
Anche se solo due degli attuali bambini di Ruscio erediteranno il piacere del bene comune, parafrasando lo statuto, l’associazione sarà viva nello spirito e la sfida sarà vinta. Se è vero che vogliamo trasmettere lo spirito di servizio dei nostri padri, lo possiamo fare a prescindere dal numero dei frequentanti, le attività che la Pro Ruscio continuerà ad organizzare saranno il mezzo idoneo per farlo.
La sfida allo spirito di servizio si gioca qui, nel riconoscere che volerci ritrovare in tanti a tutti i costi ci fa scoraggiare.
E’ servizio anche se non ci sentiamo gratificati dal numero di presenze. Allora chiedo a Pierpaolo e a tutti noi: siamo disposti ad accettare la sfida?
Marco Ventura