Nel comprensorio appenninico di Monteleone di Spoleto l’uso del territorio dall’età arcaica fino alla romanita’ e’ segnato da una fitta rete di presenze che rivelano l’importanza dell’area. Si tratta di piccoli nuclei abitati sorti in diretta connessione con le limitate risorse agricole ma che mostrano anche la loro correlazione con i castellieri [vedi quello recentemente scoperto nei pressi di Trivio in località Selva Grossa] piu’ direttamente connessi alle esigenze della pastorizia. Numerose sono poi le presenze di tipo culturale, con santuari che sorgono nei punti nodali per il controllo del territorio e la gestione dell’economia della pastorizia.
Vennero individuate come luoghi sacri le alture principali, quelle che offrono le piu’ ampie visuali sul territorio circostante e le sorgenti poste lungo i sentieri seguiti dalle greggi. In tal modo furono posti sotto la protezione divina i movimenti dei pastori con il loro bestiamenella ricerca dei pascoli, nonche’ il controllo dei flussi commerciali, verosimilmente finalizzato all’esazione dei dazi.
Localizzazione del Santuario di Forma Cavaliera
A Forma Cavaliera, proprio in relazione ad una di queste sorgenti, oggi esaurita ma della quale resta ancora il ricordo, si sviluppo’ a partire dal VI secolo a. C. un santuario, disposto su un pendio prospiciente il fosso Vorga, lungo un percorso che da Nord si dirigeva verso la piana di Leonessa. Il sito venne individuato negli anni ottanta, quando lavori di aratura profonda per la coltivazione agricola, riportarono alla luce reperti che furono raccolti dal sig. Secondo Olivieri di Monteleone. Si tratta di bronzetti schematici, anche del tipo piu’ antico a lamina ritagliata, frammenti di dischi decorativi e vasellame miniaturistico in bronzo (un’ansa di situla e un sostegno di tripode), vaghi ornamenti e frammenti di balsamentari in pasta vitrea. Si sono inoltre rinvenuti vari frammenti di metallo grezzo, bronzo, (aes rude) e ferro, usati con funzione protomoneale ed alcune monete romane di eta’ repubblicana.
Il momento iniziale della frequentazione del santuario sembra risalire al VII secolo a.C., a giudicare dal rinvenimento di una fibula in bronzo a navicella con apofisi laterali.
La frequentazione piu’ antica e’ documentata da frammenti ceramici di impasto buccheroide nerastro e da numerosi frammenti di grandi olle stamnoidi globulari con anse oblique, impostate nel punto di massima espansione. Queste ultime rappresentano, insieme ai prodotti ad impasto, la produzione ceramica piu’ caratteristica in quest’area nel VI e V sec. a. C. e sono realizzate in una caratteristica argilla depurata, con forte aggiunta di minuti inclusi calcarei bianchi e recante spesso tracce di ingobbio rossastro in superficie. La produzione ad impasto, attestata solo in termini percentualmente ridotti, consiste soprattutto nelle consuete olle, prive di anse e con orlo estroflesso. Si segnala tuttavia la presenza di un frammento di fondo pertinenti ad un colino (forse per produzioni casearie) con fori disposti irregolarmente, eseguiti prima della cottura. La presenza di numerose olle acrome puo’ essere collegata alla sorgente ma suggerisce anche la possibilità che parte delle offerte votive consistesse in derrate alimentari.
Nel IV e II sec. a.C. la ceramica a vernice nera ricorre con maggiore frequenza: sono documentate le produzioni etrusche sovradipinte con motivi vegetali semplificati e numerose coppe di produzione romana e laziale.
Il rinvenimento di un utero votivo in terracotta rappresenta un preciso segnale dell’avvenuta romanizzazione della Sabina intera e del proseguire del culto del santuario nonostante il mutato quadro di riferimento politico.
Nel 1998 la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria ha avviato una ricerca sistematica nell’area del santuario, finalizzata a comprendere l’espansione dell’area archeologica e lo stato di conservazione del contesto.
La ricerca effettuata ha evidenziato il persistere di una stratigrafia pertinente alle strutture del santuario, conservata sotto oltre 50 cm di terreno completamente alterato da riporti e movimenti di terra. Il contesto messo in luce dagli scavi e’ preromano e cronologicamente puo’ essere riferito al VI – V secolo a.C. Il complesso in origine doveva essere articolato su terrazze digradanti, sostenute da strutture di contenimento realizzate in pietrame appena sbozzato, messo in opera a secco. Dalla raccolta dei materiali di superfici provengono alcuni reperti di grande interesse. Meritano di essere ricordati alcuni bronzetti che per tipo e dimensioni, pur rientrando nella produzione schematica di area umbra meridionale, si distinguono dalle attestazioni piu’ correnti e trovano confronto soprattutto nei materiali dalle stipi del santuario di Ancarano, presso Norcia, scavate nell’ottocento da Guardabassi. Un bronzetto di Marte in assalto, alto 12,5 cm, e’ rappresentato secondo il consueto schema iconografico con il grande cimiero e in atto di scagliare una lancia, non conservata, un secondo esemplare analogo e’ riprodotto in minori dimensioni; un terzo, infine, mostra lo scudo aderente al braccio sinistro ed e’ privo di cimiero. Il rinvenimento di piccoli scudi circolari in bronzo, raccolti isolati, e’ evidentemente da attribuire ad analoghe figure.
Ritrovamenti esposti presso il Museo Archeologico di Spoleto (PG)
Una figura femminile di offerente, rappresentata con una lunga veste liscia aderente e in atto di porgere con la mano destra una offerta votiva di piccole dimensioni, forse un frutto, rimanda nella rappresentazione dei tratti del volto e della intera figura a tipi tardo arcaici, databili intorno alla prima metà del V secolo a.C..
Accanto a questi esemplari e’ ben documentata a Forma Cavaliera la produzione di piu’ diffusi bronzetti schematici, con rappresentazione di oranti, maschili e femminili, e di quadrupedi. Il santuario di Forma Cavaliera, pur trovando confronti con quello di Ancarano di Norcia per quanto concerne gli ex voto attestati, per l’arco cronologico di frequentazione e per la collocazione significativa, lungo importanti percorsi viari, si differenzia tuttavia da questo per posizione topografica. Ancarano rappresenta infatti un santuario di valico e di controllo del valico, Forma Cavaliera, invece, appare in stretta relazione con l’antica sorgente e si confronta piuttosto con i santuari di pendio e di culto delle acque.
Un utile riferimento puo’ essere individuato nelle recenti indagini condotte sul santuario di Ercole a Corfinio (L’Aquila). Pur in un conteso culturale evidentemente diverso e documentato solo a partire dal III secolo a.C., l’area sacra mostra tuttavia una organizzazione planimetrica e toografica non dissimile da Forma Cavaliera, con sistemazione su due terrazze principali lungo un pendio e in precisa relazione con una sorgente. Tale confronto risulta ancora piu’ significativo se si tiene conto di alcune indicazioni che sembrano potersi desumere dalla lettura delle fotografie aeree disponibili, nelle quali si individuano anomalie nel settore del santuario piu’ verso monte, dove potrebbero indicare la presenza di strutture di un piccolo edificio.
Prof.ssa Liliana Costamagna – Soprintendenza Archeologica dell’Umbria
(tratto dall’articolo pubblicato ne "La Barrozza": anno VIII, numero 3)