IL TESTIMONE CONFINARIO

By proruscio

UN CALCO D’AUTORE PER LA MEDAGLIA SALAMANDRA
L’assenza del “testimone” verrà colmata dall’associazione Pro Ruscio*
di Valentina Marino

A completamento del restauro e ricollocazione del cippo di confine n. 499 presso il cuore della vita sociale di Ruscio, che tanto deve all’attività della cinquantenaria Pro Loco, l’associazione rusciara ha voluto creare un calco della medaglia celebrativa di proprietà della famiglia Salamandra (Antonio e i suoi fratelli Giacomo, Anna Paola e Tullia) (fig. 1), prodotta nel 1847 per una delle 686 colonne di confine poste tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. È negli intenti della Pro Ruscio ottenerne alcune pregevoli copie, fedeli nelle dimensioni e nel materiale; una di queste verrà affiancata alla colonnina 499, da poco recuperata, completandola così di questo valido “attributo”.

Figura 1 

Tali medaglie, di matrice seriale, ma poco comuni a causa di una produzione ad ogni modo limitata e soprattutto delle frequenti dispersioni (dovute all’interesse del mercato collezionistico e alle appropriazioni susseguenti i casuali o pianificati ritrovamenti del bel cimelio), sono per lo più in possesso di privati cittadini; appena qualche esemplare è entrato, invece, nelle collezioni pubbliche, come quello conservato presso i depositi del Museo Civico di Rieti.
«UNO DEI SEGNI / COLLOCATI PER INDICARE / LA LINEA DI CONFINE TRA / LO STATO PONTIFICIO ED IL / REGNO DELLE DUE SICILIE / STABILITA COL TRATTATO / CONCHIUSO L’ANNO / 1840». Così recita il rovescio della placca, rimandando al trattato stipulato a Roma il 26 settembre 1840 e ratificato il 15 aprile 1852. Si attesta, dunque, con ostentata ufficialità e a imperitura memoria, l’accordo consensuale stipulato per dissipare quell’«incertezza che rimonta in tempi lontani» e che «ha gravemente turbato, al pari che turba tuttavia la pace e la tranquillità delle popolazioni limitrofe, causa sempre rinascente di contese e misfatti; e però di spiacevoli rinascenti reclamazioni tra i due Governi».
L’idea iniziale di apporre sul verso le chiavi decussate di San Pietro e il giglio borbonico, incisi già sulle colonnine in pietra, fu soppiantata da una soluzione più articolata (fig. 2, disegno di Stefano Vannozzi). Difatti, vi figurano a rilievo, circondati da due corone formate ciascuna da un ramo di quercia e uno di alloro, gli stemmi dei capi di Stato interessati nella demarcazione territoriale: a sinistra quello di Ferdinando II di Borbone (sovrano del Regno delle Due Sicilie dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859); a destra gli stemmi affiancati dei papi Gregorio XVI (al soglio pontificio dal 2 febbraio 1831 al 1 giugno 1846), iniziatore del progetto, e Pio IX (pontefice dal 16 giugno 1846 al 7 febbraio 1878), suo prosecutore.
Come gli altri esemplari, la moneta era avvolta in carta bianca e riposta all’interno di una cassetta rettangolare in legno, di rarissima conservazione. È nota quella del cippo n. 3, che fu esposta presso il Parco Naturale Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi (fig. 3) dopo il suo rinvenimento nel 2010, nel riposizionare una delle due colonnine con questo numerale, in territorio comunale di Monte San Biagio (LT). La cassetta, generalmente interrata nel sottosuolo, sotto il manufatto litico o nelle sue immediate vicinanze, in caso di terreno particolarmente roccioso, sembra venisse più semplicemente ricoperta con terra e pietrame.
La medaglia Salamandra, di grosso modulo, ha dimensioni standard: è un disco del diametro di circa cm 11 e spessore non regolarissimo di circa cm 1,4. È in lega metallica ferrosa (ghisa), rivestita da un sottile strato antiossidante appositamente creato. Il peso è di poco meno di un chilogrammo (ovvero g 970).
Alcune nozioni tecniche ci provengono dal maestro Pino Pulitani (all’anagrafe Giuseppe), residente a Colonna (RM) ma originario di Monte Porzio Catone (RM). Specialista di archeologia sperimentale ed esperto conoscitore di tecnologia antica, della quale è in grado di riproporre strumenti e metodi, è detentore del marchio “Vasellarius Tusculanus”, assai noto alle Istituzioni accademiche e statali, Musei e Soprintendenze. In occasione dell’esecuzione del calco in gesso dall’originale Salamandra, approntato il 20 agosto 2017 nel suo attivissimo laboratorio colonnese (fig. 4), ci ha fornito spiegazione della composizione materica e della realizzazione di questo genere di medaglie dopo la sola osservazione dell’oggetto: «Sembrerebbe trattarsi di una fusione di ghisa bianca a microcristalli, come lasciano intuire anche i corrugamenti in corrispondenza del bordo e altre piccole rugosità dovute alle bolle di gas rilasciate in fase di solidificazione», aggiungendo tuttavia che «tale è la finezza del risultato, da non potersi del tutto escludere l’utilizzo della coniazione con un tondello di ferro a caldo, con una fortissima pressione, come in un procedimento di conio monetale». La conferma che si tratti di una fusione di ghisa l’abbiamo dalle analisi effettuate presso il Museo Nazionale di Capodimonte sulla medaglia della collezione Ricciardi, conservata nel Museo di San Martino a Napoli. Aggiunge poi Pulitani, in merito alla colorazione finale, tendente al nero: «Essendo materiale ferroso, per evitare che la ruggine renda illeggibile quello che è rappresentato sull’uno e sull’altro fronte, veniva patinato con uno strato di resina a caldo a 500 °C, formandosi una patina carboniosa resistentissima, che funge da barriera contro la ruggine per millenni». Il cimelio, specifica il maestro, «è certamente di produzione napoletana. Napoli aveva avanzatissime fonderie di ghisa e di bronzo, era una grande eccellenza nella stampa, nella produzione di carta, di mattonelle; insomma, era una potenza industriale in vari settori, avendo sviluppato un’importante tecnologia innovatrice, tanto da produrre il primo treno della penisola: la Napoli-Portici, che per noi può sembrare un percorso brevissimo, quasi un’inezia, ma per i tempi e con i sistemi di allora era una cosa a dir poco eccezionale!».
Gli approfonditi studi di Tullio Aebischer sulla documentazione e sui carteggi dell’epoca hanno rintracciato il patto di fondere le medaglie a Napoli e di ripartire il costo fra i due Governi. Sappiamo anche che, a fronte della proposta napoletana di riporre le medaglie solamente sotto le colonne ritenute più significative e alla opposta posizione pontificia di destinare a tutte o a nessuna il particolare “testimone”, non potendosi individuare criteri oggettivi di discriminazione, prevalse infine la soluzione di una placca per ogni colonna, ad eccezione di sei casi in cui non fu possibile: le colonne 26 e 78 furono letteralmente scolpite nella roccia; per i termini 91 e 563 furono scolpiti i soli stemmi, il millesimo e il progressivo sulla roccia; la colonnetta 144 fu posta sul parapetto di un ponte; la 250 reimpiegava un preesistente manufatto piramidale. Inoltre, quattro verbali di demarcazione non menzionano esplicitamente la deposizione della medaglia (66, 591A, 593 e 594), anche se si presume vi sia stata ugualmente interrata. In tal caso si raggiungerebbe un totale di 680 medaglie realizzate.
Negli Stati preunitari sono conosciuti e studiati anche altri cippi di segnalazione del confine amministrativo con insegne di governo. Ad esempio, dalla seconda metà del Settecento il Granducato di Toscana impiantò termini sia con lo Stato Pontificio sia con il Ducato di Parma. Tuttavia, nel genere dei nostri cippi borbonico-pontifici ci troviamo di fronte a una straordinaria scelta condivisa, non solo attraverso l’impianto di colonnine recanti entrambe le insegne governative, ma addirittura con la celebrazione dell’unione d’intenti per mezzo di medaglie che rimarcano questa singolare sinergia.
Le medaglie in questione sono beni culturali tutelati in quanto oggetti di interesse numismatico dal Decr. Leg. 29 ottobre 1999 n. 490 (Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999 – Suppl. Ord. n. 229), oltre a rientrare nel più ampio spettro di tutela dei beni di «interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico» individuati dal Decr. Leg. del 22 gennaio 2004 n. 42.

GLOSSARIO:
CIPPO s. m. [dal lat. cippus; cfr. ceppo] – Tronco di colonna o di pilastro, senza capitello e per lo più con iscrizione, eretto come monumento funerario o per altro uso (il cippo di confine delimita un’area territoriale).
GHISA s. f. [dal fr. guise o gueuse, a sua volta dal basso tedesco Göse, pl. di Gaus “oca”] – Lega di ferro e carbonio (quest’ultimo in percentuale non inferiore all’1,7%), ottenuta allo stato grezzo direttamente dall’altoforno, dove avviene la riduzione dei minerali di ferro, e poi spesso decarburata per essere trasformata in materiale metallurgico più lavorabile e pregiato (acciaio). La ghisa bianca si differenzia dalla grigia essenzialmente per composizione (la bianca contiene solo cementite ed è molto resistente all’usura, la grigia perlite e grafite che la rendono più lavorabile) e per tempo di raffreddamento (rapido nella bianca, lento nella grigia).
MEDAGLIA s. f. [lat. volg. medialia (poi medalia per dissimilazione), pl. neutro dell’agg. medialis, der. di medius «mezzo», propr. «mezzo (denaro)»] – Dischetto di metallo (oro, argento, bronzo o altra lega), fuso o coniato, e talora di notevole valore artistico, destinato a ricordare una persona o un fatto determinati. È formato di due facce, su una delle quali (diritto o recto) vi figura l’effigie della persona o altra immagine, spesso accompagnate dal nome, mentre sull’altra (rovescio o verso), considerata meno significativa, vi sono rappresentazioni allusive e simboliche (di qui la locuz. il rovescio della m., il lato meno buono d’una persona, l’aspetto negativo d’una questione, d’una situazione, e in genere ciò che è diverso dalla prima apparenza). Normalmente ha un fine commemorativo, ma può anche costituire un distintivo o un ricordo per i partecipanti a conferenze, convegni, congressi, o recare immagini religiose ed essere quindi portata per devozione.
FUSIONE s.f. [dal lat. fusio, -onis, der. di fusus, part. pass. di fundĕre «fondere»] – Gli atomi della materia, che a temperatura ambiente sono legati tra di loro, con l’aumento della temperatura iniziano ad “agitarsi”, facendo venire meno la loro coesione. Il solido, raggiunta una certa temperatura, si trasforma dunque in liquido, secondo un’operazione che chiamiamo fusione, nella quale il volume della sostanza può aumentare o diminuire. Ogni metallo ha un suo specifico punto di fusione: la ghisa bianca fonde a 1100 °C.

BIBLIOGRAFIA:
Aebischer Tullio, La medaglia testimone del confine pontificio-napoletano (1840), in «Rassegna del Risorgimento», LXXXIX, fasc. 4, 2002, pp. 515-536.
Aebischer Tullio, Il testimone del confine pontificio-napoletano (XIX secolo), in «il foglio di lumen», n. 6, agosto 2003, pp. 2-4.
Ruscio: dogana di Bollettone di II classe. Cade un confine, chiude una dogana, nasce una Nazione, Edizioni “La Barrozza”, «I Quaderni di Ruscio», n. 7, 2011, pp. 22-25.
Aebischer Tullio, Un testimone del confine pontificio-napoletano (XIX secolo): la medaglia ritrovata nel 2010 presso il lago di Fondi, Creia – coordinamento Regione Lazio, 2012.
Albrizio Giuseppe, http://www.lemiepasseggiate.it/brevi-cenni-di-storia, 2010-2014.

*MARINO V., Un calco d’autore per la Medaglia “Salamandra”, in «La Barrozza. Notiziario quadrimestrale dell’Associazione Pro – Ruscio », a. XXVI, n. 3, Natale 2017, pp. 6-8.