“Una vorda non era cuscì!”

By proruscio

Parlando di Ruscio è d’obbligo dire così: era il paese delle acque. Da una parte, ad Est, scorreva il Corno dalle acque perenni: opache e limacciose in autunno/inverno e splendidamente pure in estate per lo scioglimento delle nevi al Terminillo e Monte Corno, che sovrasta Terzone. Da Ovest confluiva nel piano il torrente Vorga, che attraversava il paese, ed anche questo con il suo bel filino d’acqua anche in estate. Raccoglieva le acque di varie ville leonessane e del versante dei Monti dell’Aspra.

 

 La Passerella con Costantino Cicchetti

 

Ora si può vedere nella piana di Ruscio un grande letto secco, asciutto, e  solo la base costituita da ciottoli più o meno grandi, tutti bianchi, e da pietrame vario. A maggior ragione il secondo, che non ha più nulla da regalare e da far impensierire. Tutti possono dormire sonni tranquilli, perché né il Corno né il Vorga impensieriscono. Sono ormai anni che le nevicate, quelle vere degli anni 50, non si affacciano più su queste montagne. Ed è un male. Per tutto. Per l’agricoltura, per la vegetazione, per il bestiame ed anche per noi persone. Quest’anno, poi, abbiamo superato ogni record di siccità.

La frazione, ben messa, con molte villette di villeggianti, soprattutto romani, regge ancora abbastanza all’urto dello spopolamento, grazie alle colture del farro e di piccoli allevamenti di bovini, equini e ovini. E’ sulla direttrice Cascia-Leonessa e quindi paese di passaggio, ma anche di confine tra l’Umbria e il Lazio, come lo fu nel passato tra lo Stato Pontificio, a cui apparteneva Monteleone, e il Regno di Napoli, storicamente sede della famosa Dogana. 

 

 Raffaele Salamandra sul greto del Corno

Ritornando al discorso iniziale, Ruscio rappresenta come un promontorio incuneato tra le acque, un posto “rinfrescante”, liquido,  tanto che sempre nel passato esse favorivano la formazione di nebbie soprattutto nel periodo autunnale. E la memoria storica definiva gli abitanti del luogo come esperti carbonari e per via delle apprezzate cave di carbon fossile, presenti in zona, e per l’arte di comporre la “carbonaia” con il legno di cerro. Servivano prima per riscaldare i propri nuclei familiari e poi di commercio con Roma.

Ora, anche qui le cose si sono evolute con il sopravvento del petrolio, ma forse pian piano dovremo “convertirci” ad un graduale ritorno a sistemi più semplici e naturali. Intanto, Ruscio è lì, e chi “vola” verso Leonessa o Cascia, potrebbe qualche volta fermarsi e fare visita a questo piccolo centro di montagna.