Una finestra sulla Valnerina: L’Abbazia di San Felice di Narco

By proruscio

 

Continuiamo la nostra iniziativa tendente a raccogliere materiale di vario genere, legato alla nostra terra, rinnoviamo l’invito alle altre proloco della Valnerina e a tutti coloro che vorranno inviarci materiale utile per la nostra iniziativa.

 

L’Abbazia di S. Felice di Narco

La chiesa abbaziale di S. Felice di Narco fu costruita nel 1190 e la notizia si puo’ ricavare da uno dei due leggendari, grossi volumi manoscritti e miniati, provenienti da questa abbazia ed ora conservati nella biblioteca capitolare del Duomo di Spoleto.
Si tratto’ comunque di una ricostruzione integrale di un piu’ antico edificio di culto, fondato dai monaci benedettini sul sepolcro di un santo eremita proveniente dalla Siria; i benedettini bonificarono anche la valle circostante, benche’ cio’ fosse attribuito a S. Felice, attraverso una leggenda.

Infatti, la leggenda narra che, nel V secolo, trecento eremiti siriani vennero in Italia a causa di dissidi interni sorti tra loro; alcuni di questi si fermarono in Valnerina ed erano: il giovinetto Felice, il padre Mauro e la nutrice, in quanto la madre Eufrasina era voluta rimanere in Siria.
Costoro edificarono un eremo in prossimita’ del fiume Nera e la gente del postoli prego’ di liberarli da un pestifero dragone, che con il suo alito ammorbava l’aria e non li faceva piu’ vivere nella valle.
Felice, presa una lancia, ando’ presso  la grotta dove viveva il drago, lo uccise e ne getto’ il corpo nel fiume purificandolo, poi pianto’ la lancia in terra che subito germoglio’ a segno della bonifica per gli abitanti della zona.

Egli in seguito opero’ anche altri miracoli, come la resurrezione di un figlio unico di una madre vedova, il quale, insieme con l’altro dell’uccisione del drago, e’ raffigurato in un bassorilievo della facciata della chiesa.
La sua morte avvenne il 16 Giugno del 535, insieme con quella della sua nutrice; Mauro, rimasto solo, depose i loro corpi nell’oratorio, che venne in seguito dedicato a S. Felice.
Piu’ tardi, altri eremiti andarono a vivere con Mauro nell’eremo, che divenne cosi’ un monastero benedettino, dove egli stesso mori’ nel 555 e il suo corpo fu sepolto nello stesso luogo di quello del figlio; attualmente i loro resti sono conservati all’interno di un sarcofago in pietra, protetto da una grata di ferro, nella cripta della chiesa.
L’abbazia come insediamento benedettino ebbe breve durata perche’, gia’ nel secolo XIII. la chiesa era retta da un priore che era anche canonico del Duomo di Spoleto e quindi non era certo un monaco.

Ebbe cosi’ inizio la parrocchia di Castel San Felice, le cui chiese, nel sec. XIV, vennero ricomprese nel plebato di S. Maria di Narco.
Nel sec. XVI la chiesa, il complesso monastico e le sue possidenze furono affidate in patronato alla nobile famiglia Lauri di Spoleto, che lo esercito’ fino al sec. XVIII, quando si estinse il ramo maschile della famiglia, e quindi passarono al clero secolare, che vi insedio’ dei priori, i quali avevano la supremazia sugli altri parroci della zona.

L’antica abbazia venne percio’ trasformata ed adattata in residenza privata, prima della famiglia Lauri ed in seguito dei vari priori, che si sono succeduti fino ai nostri giorni; attualmente essa si appresta ad accogliere una nuova famiglia religiosache la possa far rivivere.
La chiesa ebbe un primo radicale restauro agli inizi degli anni ‘20, seguito successivamente da altri, anche in epoca recente, che le hanno ridonato il suo originale aspetto romanico, ed attualmente essa si presenta con una splendida facciata di conci in pietra locale di calcare bianco, uno degli esempi migliori dell’architettura romanica spoletina.

Il portale lunettato ha perso la sua decorazione originaria ed e’ stato alquanto reintegrato, ma autentici sono il soprastante bassorilievo, con le storie del Santo, il rosone con i simboli evangelici, le due bifore con colonnine tortili e il simbolo dell’Agnus Dei del timpano.

L’interno e’ ad una sola navata, con pavimento in pietra, nel quale si aprono alcune tombe, presbiterio rialzato e delimitato da paliotti in pietra a decorazione cosmatesca, abside circolare e coperture a capriata.
La cripta, alla quale si scende da due lati, e’ a volte sorrette da unica centrale colonna di recupero romana e altari nelle due absidiole, tra le quali vi e’ il sarcofago con i corpi dei santi fondatori.
Le pareti, un tempo ricoperte di stucchi e con altari barocchi dedicati alla Madonna del Rosario, a S. Francesco, ai SS. Mauro e Felice e alla Madonna del Carmine, conservano ancora oggi alcuni affreschi del sec. XV, tra cui un’Adorazione dei Magi, S. Michele Arcangelo, S. Felice e un Cristo benedicente con angeli, nella calotta absidale.
All’interno della chiesa si conservano anche due epigrafi romane, una delle quali e’ inserita nel pavimento, subito dopo la porta di ingresso.
Di fianco alla chiesa si erge la massiccia torre campanaria ricavata dal torrione di difesa della primitiva abbazia medievale.

Nei pressi della chiesa sgorga una sorgente di acqua ritenuta miracolosa, la quale, seguendo un a pia tradizione, un tempo veniva attinta e usata dalle donne del posto per lavare il capo dei loro bambini e quindi guarirli dalla scabbia, al centro del presbiterio, sopra una piccola cavita’ protetta da una grata di ferro, la quale non e’ piu’ esistente.
Tra i numerosi arredi dispersi, che un tempo arricchivano la chiesa, e’ degna di nota una statua lignea della Madonna con Bambino del sec. XIII, ora conservata presso il museo diocesano di Spoleto.
Secondo una antica tradizione orale, lo sguardo dell’Agnus Dei del timpano e’ rivolto in un luogo dove e’ sepolto un tesoro.
La festa del Santo titolare si svolge il 16 giugno di ogni anno e consiste in una grande processione con luminaria la sera della vigilia e varie altre manifestazioni civili e religiose il giorno seguente, ma di recente e’ stata trasferita alla domenica successiva per far partecipare tutta la popolazione.

Nota della redazione:
L’Autore, che ringraziamo per la disponibilita’ dimostrata, ha corredato l’articolo di una vasta bibliografia, che per motivi di spazio non possiamo riportare. Tali indicazioni sono comunque a disposizione per chiunque ne faccia richiesta.