In inverno un “sole strittu” e un prato sempre bianco chiamato “lu prato della brina”.
A me bambina, secondo le prime nozioni di geografia, un prato sempre ghiacciato e un casale quasi senza sole, davano l’idea del Polo Nord.
Certo non proprio così, però i raggi, durante l’inverno, arrivano giù, giù in fondo, nella stretta gola dove c’è il fiume ed il casale, soltanto al massimo per un paio d’ore.
Il fiume è il Corno ed il casale è Siviero. Andando da Ruscio a Cascia, dopo circa un chilometro dal Ponte delle Ferriere, a sinistra c’è una stradina che scende con notevole pendenza verso il fiume ed il casale. Fino agli anni ’40 è stata la Mola di Siviero, ossia il Mulino che macinava il grano di tutti i paesi del circondario.
Un mulino che funzionava con l’acqua del Fiume Corno che a quel tempo era abbondantissima.
Le pale della mola, mosse dall’irruenza dell’acqua, muovevano una pesante macina di pietra che, girando, macinava il grano gettatovi dentro man mano con un recipiente di misura chiamato “lo scorsu”. Gira e gira veniva fuori la farina.
C’era poi un gran movimento, su e giù per la stradina, dei mezzi di trasporto ossia di cavalli, muli e asini con l’”imbastu” carico di sacchi o di grano da macinare o di grano macinato.
Tutte queste cose ce le ha raccontate gentilmente, Antonio de “lu mulinaru”, che ha vissuto giù a Siviero fino all’età di otto anni.
La portata del Fiume Corno è andata sempre più diminuendo ed ad un certo punto le pale non sono riuscite a far girare la grande mola. Un mulino nuovo è stato messo a Ruscio ma era elettrico.
Dopo essere stato Mola, Siviero è diventato casa colonica, poi allevamento di trote, poi ancora semplice casale. Questo luogo, però, ha conservato il suo fascino, con una quiete un po’ fuori dal mondo: isolato silenzioso con quel gorgoglio d’acqua.
E’ stata meta delle nostre merende estive in comitiva, con quei prati verdi e freschi. E proprio sul “prato della brina” si svolgevano i nostri giochi, tamburello, palla prigioniera e anche il gioco della bottiglia …. con i ringraziamenti del prato, che, dopo tanto freddo, riceveva un po’ di vitalità e di allegria.