Una finestra sulla Valnerina
Continua la nostra rubrica che intende divulgare i luoghi, la storia e la cultura della nostra terra.
Nell’ambito delle iniziative culturali intraprese per valorizzare gli aspetti storici del territorio di Monteleone di Spoleto, l’Associazione Archeoambiente ha pubblicato un libro intitolato “L’IMPRESA DI MONTE LEONE” scritto dal Prof. Mauro CAVALLINI ed alla cui stesura ha contribuito il nostro socio Prof. Isidoro PERONI.
Nell’opera viene ripercorsa la storia delle Ferriere di Monteleone, dalla loro istituzione (datata ufficialmente 1634, in corrispondenza del XII anno di pontificato di Papa Urbano VIII), alla loro definitiva chiusura databile verso la fine del 1700, quando del forno non rimane altro che un ammasso di rovine.
Il libro analizza la situazione mineraria e metallurgica dello Stato della Chiesa a quel tempo e l’interesse che il potere di Roma manifestò verso la produzione del ferro di Monteleone.
Non viene trascurato l’impatto sociale che l’estrazione e la produzione di oggetti in ferro ebbero nella comunità locale, gli attriti con le maestranze begamasche che furono impiegate come lavoranti e dirigenti nella ferriera, l’impegno profuso per sviluppare i collegamenti tra la zona e la strada Flaminia, la produzione mineraria e la successiva rovina dei condotti per gli eventi naturali che si successero (il terremoto del 1703 – che modificò il Corso del Fiume Corno – e le successive violente piene tra cui quella celebre del 24 novembre 1798) che distrussero in parte la ferriera stessa ed i condotti (o parate) che servivano ad imbrigliare l’acqua del fiume per le necessità dei forni.
Dalla relazione dell’Avv. Angelo BENUCCI, datata 1781, sullo stato della comunità di Monteleone si desume che “quello che rendeva illustre il paese e noto per ogni parte non erano tanto l’ingegni …quanto la Fabbrica di Ferro. Hò visto, ed esaminato il luogo della Fabbrica medesima e da lontano hò visto la Cava. In questi ultimi tempi sotto un magnanimo Principe, che altro non pensa, che al vantaggio e felicità de’ sudditi, si è pensato ancora di rimettere in piedi questa lucrosa ferriera, ma la disgrazia è stata, che gli animi de’ Superiori si sono perduti di coraggio da un esito non troppo felice …… Hò visitato la fabbrica che se oltre al Terremoto non fosse anche stata diroccata dai Casciari per fabbricarvi la Torre del Publico Orologio, sarebbe un avanzo di Fabbrica ammirabile assendo tutta composta di pietre riquadrate. I condotti per prendere l’acqua dal Fiume Corno presto si potrebbero risarcire, mentre i fori più interessanti, che sono nel Monte esistono. Quello che ha fatto perdere molte memorie riguardanti la Feriera, e non hà permesso la continuazione immediata dopo il terremoto del tre (1703) si fu l’effetto del medesimo terremoto per il quale si penderono l’acque del Fiume per anni 18, ora questo è tornato al suo solito coso”.
Ma a determinare il disinteresse ed il susseguente abbandono della Ferriera di Monteleone non furono solo gli eventi naturali ma la scoperta del ferro dell’isola d’Elba, di qualità migliore e reperibile in quantità maggiore.
Oggi di quella esperienza produttiva rimangono solo poche tracce: la Ferriera stessa, posta sotto l’alto e suggestivo ponte da cui prende il nome, altro non è che un luogo ameno ove fare piacevoli passeggiate e provare l’ebbrezza di un tuffo nell’acqua gelida dei numerosi batticoni e varie località della zona che i documenti del tempo citavano come luoghi ove era possibile estrarre il ferro. Tra queste è ancora oggi in parte visibile e visitabile la Miniera di TERRARGO (terago o terargo).
Ed è proprio su questa piccola miniera che ci soffermiamo, considerato l’interesse e l’entusiasmo che ha suscitato la passeggiata organizzata dalla Pro Ruscio alla scoperta di questo affascinante ed impervio luogo che siamo riusciti a raggiungere non senza qualche difficoltà in una calda giornata di agosto.
La Miniera oggi si presenta come una grande cavità dalla quale si dipartono diversi cunicoli, per lo più ostruiti. Lungo le pareti è possibile intravedere veri e propri filoni di ferro. Piccole schegge di minerale ossidato dal tempo sono rintracciabili su tutti i prati e gli avvallamenti circostanti, alcuni dei quali formatesi proprio con i detriti e la roccia eliminata dalla grotta stessa.
La Miniera è già citata in un inventario del 1645, insieme ai giacimenti di Cornuvolo, Reccia (Rescia?), Polliciano, Trogna e Gavelli. Un promemoria anonimo del 1792 conta che quella di “Terrargo … era già lavorata dagli antichi sotto la metà della Montagna. In essa sgorgano quattro aperture, che vanno ad internarsi nel seno della stessa montagna. In ogni bocca delle quattro aperture esistono mucchi non indifferenti di Minerale scavato da sedici minatori Bergamaschi. Da essi si seppe che in Terrago il Minerale è della miglior condizione di quello che trovasi in altre cave”.
Da quei luoghi il minerale veniva trasportato, utilizzando delle “barrozze” (come citano i documenti del tempo), fino alla ferriera dove veniva lavorato.
Un luogo particolarmente suggestivo, scoperto anche grazie alla disponibilità di Giuseppina Ceccarelli, Vice Presidente dell’Associazione Archeoambiente che ci ha gentilmente accompagnato e fatto da guida. Un piacevole itinerario dove la natura e la storia della nostra terra si fondono insieme, da far conoscere, valorizzare e proporre a chi volesse scoprire quei volti meno noti ma sicuramente non meno affascinanti del Territorio di Monteleone di Spoleto.