Giosuè, di cui ricordiamo la sua simpatica figura e la sua propensione per il commercio, aveva venduto le sue mule ad un commerciante di Scheggino, il quale lo aveva invitato a casa sua per riscuotere il denaro pattuito per la vendita del bestiame. Chiamò Urbano e gli chiese di accompagnarlo.
Con al sua vecchia 127 si recarono di buona mattina a Scheggino, dove il commerciante aveva preparato una lauta colazione a base di prosciutto, capocollo (Urbano lo descrive, mimandolo, lungo come un braccio, avvolto in quella speciale carta che mantiene inalterato il sapore) e naturalmente il tutto innaffiato da boccali di vino.
Bevi tu, che bevo io, si alzarono traballanti ed, alquanto brilli, ripresero la via del ritorno. “Su pe le curve de Casu e verso Gavelli, la macchina ja da sola!”, narra Barbozza, mentre i due compari cantavano spensieratamente. Poi però, la stella che li aveva aiutati fino ad allora li abbandonò ed una sterzata prematura fece sbattere la vettura e quelli che trasportava contro la porta di una casa.
Al rumore dell’impatto una contadina di Gavelli si precipitò fuori di casa e vedendo, due amici con gli occhi stralunati e doloranti, chiese aiuto al marito.
“Pippì, curri!! Porta giù lu fiascu de lu vino, che sti due se so sturbati!!”.
Ed al contatto della benefica medicina i due compari si ripresero all’istante e accompagnati dal loro salvatore tornarono sani e salvi a destinazione.