UNA FINESTRA SULLA VALNERINA
Continua la nostra rubrica che intende divulgare i luoghi, la storia e la cultura della nostra terra.
Sul Gottardo dell’Umbria
A piedi lungo una ferrovia di montagna che non esiste piu’
“Fra le ferrovie di montagna italiane, la ferrovia Spoleto – Norcia ha sempre rappresentato, per unanime giudizio, il massimo sforzo di tecnica dei tracciati; una specie di piccolo Gottardo umbro. Forse perche’ tra le ultime ferrovie ad essere progettate, essa e’ anche la piu’ ardita e difficile, tanto che a nessuno, oggi, potrebbe venire in mente di compiere ex novo uno sforzo simile”. Questo e’ il giudizio del professor Giovanni Klaus Koenig, uno dei massimi esperti di ingegneria ferroviaria in Italia.
Esprime una legittima ammirazione per una ferrovia che oggi non esiste piu’, ma che e’ rimasta nel ricordo di tanti paesani; la Spoleto – Norcia.
Si potrebbe riflettere sullo smantellamento di questa e di tante altre linee ferroviarie secondarie, avvenuto in un periodo di generale entusiasmo automobilistico, senza che si avvertisse la possibilita’ di un loro rilancio quale risorsa turistica.
Cosi’, se pure sulle rampe elicoidali di questa suggestiva ferrovia di montagna non vi sia la reale speranza di rivedere i treni, rimane, a parziale consolazione, la possibilita’ di conoscerla a piedi per un suo buon tratto, quello piu’ spettacolare.
Si tratta di percorrere, con qualche brivido per la sua totale oscurita’ la galleria di valico della Caprareccia e scendere lungo i tornanti e i viadotti ch portano da Spoleto a Santa Anatolia di Narco, sul fondovalle del Nera.
E’ un itinerario insolito, percorribile a piedi o in mountain bike, adatto ai cultori dell’archeologia ferroviaria o ai semplici curiosi che al fascino naturale uniscono anche l’apprezzamento per gli sforzi che l’uomo ha fatto nel piegare gli ostacoli dell’orografia.
Il primo servizio pubblico di trasporto fra Spoleto e Norcia fu realizzato nel 1902 con autobus a vapore, il secondo di tal genere in Italia. Le forti spese di esercizio convinsero della necessita’ di una ferrovia, che fu iniziata nel 1913 dall’ingegnere svizzero Erwin Thomann e conclusa solo nel 1926.
I dati tecnici essenziali: scartamento ridotto di 0.95 metri, trazione elettrica a corrente continua di 2.400 volts, lunghezza di 52 chilometri, pendenze massime del 45 per mille, e curve con raggio minimo di 70 metri, 377 opere d’arte tra viadotti, e gallerie.
Fu condotta con alterne vicende fino al 1968, anno della sua dismissione.
Degli impianti della linea sono rimaste solo alcune mensole della linea aerea, scampate al saccheggio compiuto pochi giorni dopo la chiusura dell’esercizio.
Seguendo la cartina, partiti da Spoleto e attraversato il famoso ponte delle Torri, si giunge alla massicciata arrivando all’imbocco della galleria di valico, a 625 metri di quota.
Occorre procedere con estrema cautela utilizzando torce elettriche.
La galleria di Caprareccia misura 1.936 metri; la lieve pendenza non consente per un buon tratto di scorgerne l’uscita. Tornati all’aperto, un profondo scavo in trincea precede la veduta aperta sul fondovalle della Nera e sul sottostante paese di Santa Anatolia. Il tracciato ora inizia la lunga discesa. Per ben sei volte , a quote diverse, la linea asseconda la montagna, impegnando le curve con tratti di galleria elicoidale, popolate da colonie di pipistrelli.
Di grande effetto il punto ove lo sbocco della galleria avviene alla base del pilone di sostegno del soprastante viadotto. Sulla banchina si scorgono ancora i cippi chilometrici. Si passano alcuni caselli abbandonati che svolgevano anche servizio di fermata per i casolari dei dintorni. I parapetti dei viadotti sono divelti ed occorre molta cautela!
In un luogo imprecisato, su un cocuzzolo nei pressi della linea, sui troverebbero i resti del castello d’Elsa. Secondo una tradizione locale esisterebbe una grotta che cela la famosa chioccia con i dodici pulcini d’oro. Si narra che impetuosi soffi d’aria impediscano agli avventurosi visitatori di entrarvi.
Lentamente si arriva sul fondovalle: l’ultima galleria e’ chiusa e occorre impegnare un sentiero che si apre sulla destra, verso valle. Superato l’ultimo viadotto, accanto al traforo stradale d Forca di Cerro, la linea si dirige in rettifilo al bivio di Santa Anatolia di Narco (289 m.s.l.m.). Di qui. Sempre seguendo l’antico tracciato, e’ d’obbligo raggiungere Castel San Felice (2 Km. Da Santa Anatolia) dove si trova la chiesa di San Felice, prezioso esempio di arte romanica della seconda meta’ del XII secolo.