Grazie alla collaborazione della Universita’ di Perugia e alla disponibilita’ dell’Azienda Agricola Isidoro Peroni, a Ruscio e’ possibile studiare le diverse fasi di crescita delle piante tipiche della nostra zona, diffuse fin dai tempi piu’ antichi sui terreni d’alta quota della Valnerina.
Lo scorso 17 aprile si e’ provveduto a seminare, in un campo situato alle spalle della Chiesa Parrocchiale, in strisce di terreno adiacenti al fine di agevolare un confronto comparativo, le piantagioni riportate nella seguente tabella:
coltivazione | mq |
ROVEJA | 4 |
TRITTICUM SPELTA | 1 |
TRITTICUM MONOCOCCO (BOETICUS) | 1 |
CICERCHIA | 10 |
GRANO SARACENO | 10 |
LENTICCHIA | 10 |
FARRO | 10 |
LUPINELLA (CROCETTA) | 10 |
Nel ringraziare il Prof. Mario Falcinelli, direttore del Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali dell’Universita’ degli Studi di Perugia, illustre fautore del nostro farro, ed invitando tutti ad una visita di questo insolito “museo” vivente, riportiamo alcune schede tecniche delle piante di cui, pur sfuggendoci gli aspetti strettamente scientifici, apprezziamo le applicazioni culinarie.
Lenticchia
(Lens culinaris Medikus)
La lenticchia (Lens culinaris Medikus) è una specie di antichissima domesticazione (9000 a.C.). E’ una leguminosa annuale, a sviluppo indeterminato, semi-eretta, dotata di elevata capacità di ramificare, con foglie composte imparipennate con due stipole e viticcio. E’ una specie prevalentemente autogama con quote d’incrocio inferiori all’1%. In Italia vengono prodotti circa 1000 t all’anno di seme, ma se ne importano circa 25000 t, soprattutto da Canada (55%), Stati Uniti (21%) e Turchia (19%) (1). L’Umbria è seconda dopo la Sicilia, per superficie investita a lenticchia, i terreni dove viene coltivata sono generalmente svantaggiati e situati sulla piana di Castelluccio e sull’altopiano di Colfiorito; in queste zone si registrano produzioni medie inferiori a 600 e 1200 kg di granella/ha, rispettivamente. Il crescente interesse per questa leguminosa, anche da parte dei consumatori, ha dato in questi ultimi anni, un impulso alla sua coltivazione. Un interesse particolare riveste la lenticchia di Castelluccio di Norcia (Lens culinaris Medikus, var. microsperma, 2n=2x=14), simile a quella coltivata nel territorio di Monteleone, che nonostante prezzi di mercato da 3 a 5 volte superiori ad altre lenticchie conserva un suo spazio sul mercato nazionale.
Farro
(Triticum dicoccum Schubler)
Il farro è una specie di origini antichissime (circa 7000 anni a. C.) che appartiene al gruppo dei cereali minori. Il termine indica alcune specie coltivate di frumenti vestiti: Triticum monococcum L., e Triticum spelta L. Le tre specie differiscono nettamente nel genoma: T monococcum (2n=2x=14, genoma AA) è la specie diploide, T. dicoccum (2n=4x=28 genoma AABB) è tetraploide e T. spelta (2n=6x=42 genoma AABBDD) esaploide. Tutte e tre le specie hanno mantenuto come caratteri ancestrali la fragilità del rachide e l’intera spighetta come unità disseminante con glumette e glume che non si distaccano dalla cariosside durante la trebbiatura. A causa di quest’ultimo carattere queste specie vengono indicate come frumenti “vestiti”. Altre caratteristiche botaniche che distinguono le tre specie sono la presenza nel T. dicoccum e T. spelta di due cariossidi per spighetta, mentre le spighette di T. monococcum presentano una sola cariosside; inoltre la spiga di T. spelta è lassa con lemma mutica o poco aristata, mentre le altre due specie presentano una spiga compatta con lemma generalmente aristata. In Italia il farro (T. dicoccum) viene coltivato su una superficie di circa 1500 ha, con rese unitarie medie, secondo stime non ufficiali, di 2,0-3,5 t/ha. Nella zona di Monteleone di Spoleto, la coltivazione del “farro” T. dicoccum Schubler si perpetua da secoli. In questa area, caratterizzata da condizioni climatiche e ambientali particolarmente difficili (800-1000 m s. l. m.), il farro veniva e viene utilizzato, sia per l’alimentazione del bestiame che umana. Infatti fino ai primi decenni del Novecento rappresentava uno dei cereali base nella dieta locale delle classi più povere. La ricerca, da parte dei consumatori, di prodotti naturali, poveri e ricchi di fibre vegetali, ha esaltato e rivalutato questo prodotto. Tutto ciò ha creato interessi economici intorno a questo cereale che per le sue peculiarità rappresenta una risorsa economica in aree dove altre coltivazioni risultano difficilmente praticabili.