Riceviamo e con estremo piacere pubblichiamo questo articolo che ci ha mandato Anna Maria (”Nannina”) Angelini. Alla invidiabile età di 90 anni ha voluto raccontarci due momenti della sua vita di bambina e di donna sposata legati a Ruscio ed alle guerre mondiali che drammaticamente hanno coinvolto la sua famiglia. Nannina, infatti è la figlia di Marco Angelini, il cui nome è scritto sulla stele che ricorda i morti della 1^ Guerra Mondiale, essendo caduto sul Carso durante il primo conflitto mondiale all’età di 36 anni. Lasciava la moglie, Maria Belli, e 4 figli, Orlando, Emilia, Simone ed Anna che, quando il padre il morì, aveva solo 6 mesi. E la guerra (questa volta quella del ‘45) riaffiora anche nei ricordi più recenti, quanto anche Ruscio conobbe l’occupazione tedesca e la popolazione convisse con il terrore che qualcosa di terribile potesse accadere alle persone che allora vi risiedevano.
La lettura di questi brevi ricordi (trascritti come ci sono stati inoltrati) ci permette di riflettere sul significato di quei momenti e di come, a novanta anni di distanza, siano ancora vivi nella memoria delle persone anziane.
La lettura di questi passi non vuole solo rappresentare la memoria storica di quello che accadde alla comunità di Ruscio ma anche essere un monito a tutti coloro che ancora oggi con troppa facilità e leggerezza invocano le guerre ritenendole risolutrici di tutti i problemi.
Nannina ha scritto queste pagine di getto e con il cuore: si è scusata con la redazione per la grafia non sempre leggibile. Per tutta risposta a Nannina noi vogliamo inviare solo un grande ringraziamento e formularLe l’ invito a raccontarci altri pezzi della storia di Ruscio, con l’augurio di festeggiare insieme altri traguardi di vita.
Questa, anche se incredibile, è la triste storia di mia madre. Ricordo sempre la frase: “Madonna mia fai tornare papà mio!”. Andando in chiesa con mamma sin da piccola la ripetevo, senza sapere spiegare bene le parole e da grandicella ancora ripetevo la medesima cosa. Ricordo bene le perfette abitudini di famiglia: appena possibile si faceva una visita in chiesa e per me non era altro che mia preghiera quella frase.
Sono nata il 4 febbraio 1917 durante la grande guerra del ’15 – ’18. Papà era al fronte e non si rassegnava non potermi vedere, e tanto fece che ottenne la licenza per tornare a casa, il tempo di vedermi, ripartire subito: purtroppo non tornò più.
La gioia incontenibile di mio padre per la mia nascita – come poi mi diceva mia madre –non era stata per le altre occasioni, persino da sembrare un’esagerazione di amore paterno.
Soldato Marco Angelini
Dal fronte inviava lettere, anche lunghe quando poteva, non si lamentava mai, diceva sempre di star bene si ricordava di tutti, inviando saluti ai conoscenti, si interessava di ogni particolare dei famigliari si preoccupava non essendoci neanche lui doppio lavoro per loro ai negozi sicuro, di me in particolare desiderava sapere persino se iniziavo a dire papà. La mia foto con lui sempre.
Apparteneva al corpo di fanteria, sempre in prima linea combattendo corpo a corpo. Religioso come lui diceva si raccomandava al buon Dio, di salvarlo dai pericoli, devoto di Santa Rita la pregava di poter tornare presto dai suoi cari.
Purtroppo decedeva a soli 36 anni, per duplici ferite riportate al corpo ed alle gambe, sul Carso Bainsizza, per difendere la Patria, come risulta dall’atto di morte, inviato al suo paese natio e no a Roma dove risiedeva.
Questa disgrazia ha segnato pietosamente per tutta la vita mia madre, destinata a non avere più l’uomo della sua vita, ricordando simili atteggiamenti di grande amore, simili e corrisposti da lui, prima, dopo e sempre restando sempre in cuore suo Marco per tutta la sua vita. Questo destino di mamma mia, rimasta vedova a 29 anni con 4 figli, di cui io di appena 6 mesi.
Pietosamente questo amore spetta alle persone morte per la Patria, ma non voler dare la pensione di vedova di guerra a mia madre era veramente il colmo !!
Infatti il soldato Marco Angelini non risultava deceduto al Ministero della Guerra di Roma. Questo bastava a mia madre per non insistere, non le interessava la pensione, una piccola speranza non l’abbandonava.
Ma l’atto di morte era chiaro: quindi vi erano tre versioni diverse in poco tempo. Prima risultava deceduto, secondo poi soldato ignoto, forse irriconoscibile per le ferite riportate, poi vivo. Non si riusciva a sapere la verità e infine a capire più niente. Forse si voleva credere alla migliore, sicuramente ci si voleva ancora illudere anche se si sapeva che non era possibile. Ricordo bene la frase, oggi a 90 anni, “anche se non è tornato sempre vicino mi è stato per dimostrarmi l’amore grande che sempre ha avuto per me”.
Questo oramai per mamma non è stato possibile avverarsi ma all’ultimo istante della sua vita mi ha detto con immenso amore materno: “per il grande bene che sempre mi hai dimostrato devi essere forte: io finalmente mi riunisco a papà tuo, non devi piangere: più volte me l’ha ripetuto”. Sapendo e riflettendo non ho pianto. Di papà ho inteso dire sempre veramente bene di lui. Di mamma, persone che l’hanno conosciuta la rimpiangono ancora per la sua unica bontà d’animo e per la sua bellezza più unica che rara. Sono orgogliosa di aver avuto simili genitori.
Questo orribile periodo della guerra con i tedeschi; persino mio marito richiamato, io con negozio e bambina piccola. Ricordandolo ancora non voglio soffermarmi nei minimi particolari. Oppressione resta ancora ricordarlo: la sera mia madre chiudeva negozio veniva a farmi compagnia, portava con se una bella borsa grande di pelle che faceva da cuscino a mia figlia quando suonavano le sirene e correvamo nei rifugi, restava prima a non prenderla per non sciuparla.
Tornato mio marito siamo partiti e siamo andati nel paese di mia madre nell’Umbria. (ndr. Ruscio). Qui non si ritrovava pace, entravano nelle nostre case anche di notte, prendevano ciò che trovavano. Questo a non poter vedere gettare dalla finestra oggetti a me cari. Non ci ho visto più ed ho cominciato ad inveire contro di loro con tanta rabbia. Le persone del paese tremanti ed impaurite mi dicevano di stare zitta, ti portano in cantina mi dicevano per non dire in galera oramai al colmo della disperazione ancora inveivo contro di loro.
Quindi di nuovo ci siamo allontanati da li credendo che non ci trovassero siamo andati in una piccola frazione (ndr. Rescia) , nascosta tra le montagne, paese nativo di mio padre, senza strade percorribili, Non ci fossimo mai andati!! Ripensandoci rivedo una scena terrificante. Cinque o sei uomini in circolo – compreso mio marito – e loro (ndr. i tedeschi) con il mitra pronti a fucilarli. Presto possibile con uno scatto mi avvicino al comandante, dicendo che non erano partigiani ma scappati dalla città per paura dei bombardamenti, offrendo loro qualche cosa che avevo con me, invitandoli a pranzo, ma intanto di venire a casa mia per rifocillarsi pregando in cuor mio che non succedesse nulla di pericoloso. Buona parte delle riserve le cucinai per loro, più un abbacchio. Erano in tredici finirono ogni ben di Dio soddisfatti e contenti.
Persino commosso il comandante prese in mano mia figlia che vedendo tanta gente sorrideva a tutti felice, e disse che anche lui aveva una figlia di quella età e da tanto tempo non la vedeva. Prima di ripartire prese un oggetto dal portafoglio, per suo ricordo lo donò a mia figlia. Pienamente ringraziandomi tutti di avere passato una giornata particolare, si sono allontanati commossi. Forse tanti dispiaceri, arrabbiature mi hanno reso forte. Sono sicura ormai che le care persone defunte mi sono vicine compreso la figlia di Simone, l’Angioletto adorato Maria (ndr. Maria Angelini figlia di Simone e Filomena Vannozzi morta all’età di 6 mesi).