Ci troviamo su una terra che deve il sapore e il profumo dei suoi frutti alla sua povertà: il clima severo impedisce l’attacco dei parassiti, un terreno ancora incontaminato e mai sfruttato rende più facile la coltivazione di prodotti sani.
Leguminose e graminacee coltivate in tutto il mondo, qui hanno dovuto dar fondo alle proprie capacità di adattamento per crescere e fruttificare con il puntiglio di chi sa bene che i prodotti nati dall’asprezza e dalla difficoltà sono i migliori.
Ed ecco i risultati: il farro e la lenticchia della Valnerina sono rinomati nel mondo per la loro qualità ineguagliabile, mentre la tardiva fioritura degli altopiani permette alle api di produrre un nettare dolce e delicato.
IL FARRO
E’ il più antico dei cereali ancora coltivati; se ne ritrovano le tracce fin dall’8000 a.C.. In Egitto, tra i Greci e i Romani, il farro era alla base dell’alimentazione e offerta preziosa alle divinità.
Esistono varie specie di farro; quella che si coltiva in Valnerina è la più pregiata: il "triticum durum dicoccum" vestito. E’ un ottimo e salutare alimento, ricco di minerali, fibre e vitamine di grande importanza per l’uomo.
E’ una pianta rustica che cresce bene in montagna su terreni non particolarmente fertili, ma che non conoscono l’uso di diserbanti e antiparassitari. Caduta in disuso dopo l’introduzione del grano, la cultura del farro si è mantenuta nelle zone difficili dove non si poteva produrre altro e come alimento per il bestiame.
Solo recentemente, per merito di alcuni agricoltori di Monteleone di Spoleto le qualità di questo cereale sono state riscoperte ed il farro ha riacquistato il suo rango.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2008, il tanto atteso decreto ministeriale che sancisce le produzioni di farro di Monteleone di Spoleto quali degni della tutela comunitaria offerta dalla denominazione DOP (Denominazione di Origine Protetta).
LA CANAPA
La coltivazione della canapa a Ruscio, Monteleone ed in tutta la Valnerina, è stata molto diffusa per uso familiare (in particolare per la preparazione di corredi da sposa, lenzuola, panni e cordami) fino agli anni quaranta dello scorso secolo.
In seguito, come in tutto il mondo “progredito” è andata scemando, fino a scomparire completamente, per l’introduzione di prodotti sintetici economici ed apparentemente più attraenti ( esempio tipico le calze di nylon ) ed a causa della promulgazione delle leggi antidroga che ne vietavano la coltivazione per la somiglianza della canapa con la cosiddetta “canapa indiana” proveniente dai paesi tropicali ed adatta per spinelli ed hascisc, mentre in realtà le proprietà psicotrope della canapa industriale (della quale attualmente è permessa la coltivazione purché con un contenuto di THC inferiore alla 0,2% e previa denuncia alla più vicina stazione di polizia) sono pressoché inesistenti.
Il Prof. Peroni durante una fase della raccolta della Canapa, nel corso del progetto del Servizio Civile Nazionale – Canapine dei Piani di Ruscio, 30 agosto 2008
Solo i più anziani ricordano la semina, la raccolta, la macerazione, la sfibratura, la filatura ed infine la tessitura: i volontari del Servizio Civile Nazionale, nel corso del 2008 sono stati impiegati in un progetto di riscoperta di tale tradizionale coltura, raccogliendo interviste e testimonianze tra le persone piu’ anziane della zona.
Diversi telai, poi andati in rovina o addirittura usati come legna da ardere per i freddi inverni, erano attivi in varie famiglie di Ruscio e si conservano ancora panni di canapa come preziosi cimeli.
Negli anni ‘90 l’Assocanapa di Carmagnola ed altre iniziative come Fibranova ed il Consorzio Canapa Italia hanno provato a reintrodurre la coltivazione dela canapa in Italia, modernizzando il ciclo produttivo.
A Ruscio (come sempre tra i primi in Italia ) nel maggio del 1999 il Prof. Isidoro Peroni ha reintrodotto tale coltura, seminando canapa sativa su le canapine tradizionali e piccoli appezzamenti a scopo sperimentale, di una varietà ungherese, la “Kompolty”; negli anni successivi si sono provate le varietà francesi come la “Felina 34” ed infine la varietà italiana dioica (cioè con piante distinte maschili e femminili) “Carmagnola “ recuperata e resa disponibile grazie all’Assocanapa.
L’utilizzo è stato di paglia per fibra industriale, che veniva inviata alla “KEFI” di Guastalla [Reggio Emilia].
Attualmente, nella corrente stagione 2008 si sta tentando di riprodurre, per conto dell’Assocanapa e sotto il controllo dell’ENSE , Ente Nazionale Sementi Elette, il seme prodotto con i metodi dell’agricoltura biologica, anche questa una novità per l’Italia.
Il seme di canapa detto “canapuccia” è ricco di proteine e oli essenziali , assai richiesti per usi cosmetici, alimentari e terapeutici ed è assolutamente esente da effetti dopanti.
A Sant’Anatolia di Narco è stato inaugurato recentemente, nel Luglio 2008, grazie al Comune, al CEDRAV ed in particolare a Glenda Giampaoli, un interessantissimo museo che vi invitiamo a visitare, che illustra storia tradizione di questa speciale ed antichissima pianta.
La canapa, insieme ad altre piante da fibra è oggetto di ricerche scientifiche in tutto il mondo specie per l’interesse ecologico della sostituzione di prodotti sintetici (spesso derivati dal petrolio) con prodotti naturali e biodegradabili.
Testimoni del rinnovato interesse per tale coltivazione sono numerosi convegni ed attivita’.
In particolare la FAO ha dichiarato il 2009 come anno delle fibre naturali (International Year of Natural Fibres) ed il 20 ottobre 2008, a Roma nella sede della FAO si terra’ un simposio internazionale sul tema. L’Universita’ la Sapienza di Roma, presso il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale ed Astronautica, nella sede di San Pietro in Vincoli terrà nel prossimo aprile 2009, il 2° Convegno sulle applicazioni industriali delle fibre naturali .
LA LENTICCHIA
La lenticchia, tipica coltura delle aree svantaggiate, resiste bene a condizioni climatiche avverse ed il suo corto ciclo biologico gli permette di crescere in zone semi-aride.
Anche la lenticchia, come il farro ed altre poche specie è conosciuta sin dagli inizi della civiltà agricola. Coltivata nelle regioni medio-orientali, si è diffusa rapidamente in tutto il mondo.
E’ un ottimo alimento, ricco di sali minerali e di proteine. In Valnerina, questa leguminose si coltiva in diverse piccole aree distribuite sul territorio, dove, per le particolari condizioni del clima e del suolo si ottiene un prodotto di altissima qualità.
Il seme è molto piccolo, verde e non viene trattato chimicamente. La lenticchia di Castelluccio è la più pregiata: si coltiva nei piani del Castelluccio a 1400 metri. Racchiude in se tutte le caratteristiche sopra accennate ed in più è l’unica lenticchia che cuoce in 20-25 minuti senza essere messa a bagno e senza scuocere. In cucina si è creata uno spazio proprio in tutti i ristoranti.
I PRODOTTI DELL’ALVEARE
Fra gli insetti, l’ape ha da sempre destato curiosità e simpatia. Curiosità, perché è uno dei rari esempi di società animale organizzata; simpatia perché è laboriosa senza essere pedante come la formica e il suo lavoro è utile all’uomo; produce infatti miele, cera, propoli, pappa reale ed inoltre favorisce l’impollinazione degli alberi da frutta.
L’uomo la conosce fin dal paleolitico, ma le prime testimonianze di apicoltura domestica risalgono al 2560 a.C..
In Valnerina, l’apicoltura è un’antica tradizione e ha avuto una vita parallela a quella dei monasteri e dei castelli. Il miele prodotto è un millefiori con preponderanza di fiori di leguminose, in particolare di lupinella dal sapore delicato che si scioglie in bocca.con dolcezza.