In una delle sempre più rare occasioni che ho avuto di venire a Ruscio d’inverno, mi è capitato di rivedere la neve che ricopriva come un grande mantello bianco tutta la nostra vallata.
Questo caratteristico paesaggio mi ha riportato indietro nel tempo, quando da bambino, a causa della guerra, ho trascorso un intero anno a Ruscio a casa dei miei nonni paterni.
Mi rivedo ancora quando uscivo di casa, supercoperto con cappello, sciarpa e guanti di lana, a causa del freddo intenso e percorrevo con gli scarponi chiodati quel tratto di strada, sempre ghiacciato, che portava a scuola, a Ruscio di Sopra (dove ora abita Compagnucci).
Ricordo quelle lunghe serate invernali, passate davanti al camino a sbucciare il granturco, il buon sapore del farro che spesso veniva cucinato da nonna, il rumore delle foglie secche di granturco che formavano i materassi di allora e il “prete” che riscaldava le fredde e umide lenzuola.
Al mattino, mi par di rivedere ancora oggi, mia nonna Orsolina che, affacciandosi alla finestra, per accertarsi che non passasse nessuno, vuotava furtivamente sulla strada sottostante il “pitale” riempito durante la notte. Infatti, allora, il bagno non esisteva e per le altre necessità bisognava recarsi alla stalla delle vacche, con in mano un pezzo di giornale.
Mi ricordo, inoltre, che d’estate, ogni sera, in groppa al somaro portavo le vacche di mio nonno sul monte Alto e al mattino vi ritornavo per ritrovarle dentro il bosco al suono della campanella che avevano al collo, riportandole quindi nella stalla per mungerle.
Sono piccoli flash che ho voluto ricordare soprattutto perchè i nostri figli e nipoti non si lamentino del “brodo grasso” e sappiano apprezzare cio’ che, col tempo, siamo riusciti a realizzare, consentendo loro di godere di tutte quelle comodità e svaghi che fanno oggi di Ruscio una “piccola Svizzera”.