Un gruppo di volontari stava pulendo i locali dell’Asilo (nel lontano 2010), vagliando le suppellettili da eliminare e quanto ancora da mantenere, per procedere alla ristrutturazione dell’edificio. Quando si trova una piccola scatola di cartone contenente, all’apparenza, dei calcinacci. Era finita nel mucchio delle cosa da buttare, quando ad una analisi piu’ approfondita, si scoprono dei tratti di un volto. Erano state trovate le teste dei due angioletti probabilmente posti in cima all’altare settecentesco della Madonna Addolorata di Ruscio. Molti di voi ricorderanno come era l’antico altare, prima di una ristrutturazione che non esitiamo a definire violenta e distruttiva della una memoria storica ed artistica di Ruscio.
Le due testine furono conservate con la maggior cura possibile e grazie all’intervento gratuito dell’amico restauratore Stefano Vannozzi, sono state recuperate alla comunita’ e alla storia di Ruscio. Ora, finalmente restaurate, fano parte delle memorie dell’Archivio della Memoria di Ruscio.
L’intervento sui due manufatti in stucco, residui [forse] della deprecabile demolizione dell’altare principale della chiesa della Madonna Addolorata di Ruscio è consistito in poche e semplici operazioni limitate alla sola pulitura delle superfici e al consolidamento.
Prima dell’intervento (foto S. Vannozzi)
Il materiale (precariamente conservato in una scatola) non presentava per nostra fortuna i classici problemi di decoesione con polverizzazione e perdita di compattezza. I volti, sporchi e quasi irriconoscibili erano ricoperti da una pittura a vernice posta come grossolana imitazione di una doratura, che in origine, come documentato anche dal particolare fotografico della cartolina risalente al 1970, interessava solo ed esclusivamente i capelli.
Si è deciso di non asportare le vernici quali testimoni delle ultime sovrapposizioni apportate quando gli elementi erano ancora funzionali e in opera congiuntamente al fatto che la rimozione meccanica delle ridipinture è pur sempre un’operazione delicata e traumatica per l’opera in rapporto alla tenacia della vernice adesa e alla necessità di non intaccare il fragile modellato. Peraltro la reversibilità dell’intervento permetterà in futuro di operare una scelta in tal senso.
In lavorazione (foto S. Vannozzi)
Dopo una prima e preventiva pulitura a secco, si sono rimossi depositi superficiali incoerenti di natura grassa grazie all’ausilio di spazzole e pennelli di setola morbida ed effettuando micro lavaggi localizzati (con acqua ed alcol al 10%).
La successiva operazione di consolidamento è consistita invece nel trattare le superfici con un solvente a base di silicato di etile mediante l’imbibizione completa del materiale, cercando di ristabilire la coesione delle micro fessure, favorendo l’adesione tra i componenti della malta. Per le fenditure superficiali e le parti da ricostruire si sono utilizzate malte con leganti di natura diversa: calce idraulica, grassello, aggregati con inerti di polvere di marmo con tono freddo e caldo di granulometria infinitesimale; addizionate talune volte con resina acrilica tipo Primal AC 33.
Prima e dopo l’intervento (foto S. Vannozzi, 2016)
Particolare cura si è prestata nel trattamento superficiale delle lacune, differenziando l’integrazione dal materiale originario mantenendo in leggero sotto livello la stuccatura, praticando una selezione cromatica diversificata. Il principio, come nel restauro pittorico, è quello di rendere riconoscibile da vicino l’intervento. Le ricostruzioni a completamento di modellati della capigliatura, parti del naso, guancie, sono state necessarie per ricostruire l’entità volumetrica degli oggetti senza ricorrere a lavorazioni che rendano ardua l’individuazione della parte ricostruita. Il lungo chiodo sporgente dalla base del collo (originariamente necessari per l’ancoraggio murario) è stato opportunamente trattato e inserito nei nuovi supporti, in legno lamellare. Le teste sono poi state adagiate sui nuovi sostegni frapponendovi un collarino di spugna.