Don Sestilio, primo Parroco di Ruscio

By proruscio

Riportiamo di seguito l’intervento che S.E.R. Mons. Gino Reali,  Vescovo Emerito di Porto-Santa Rufina, il nostro Don Gino, se non impossibilitato per ragioni di salute avrebbe esposto durante la presentazione del XIII Quaderno di Ruscio “Il primo parroco di Ruscio Don Sestilio Silvestri” , tenutasi il 20 agosto scorso e che invece  venne letto dal curatore del volume, Renato Peroni.

 


A Ruscio ci sono persone più adatte  di  me a parlare  di  don  Sestilio , per il tempo più lungo del servizio pastorale e anche della reciproca conoscenza, per gli interi anni che vanno dal 1927 al 1982, cinquantacinque anni di conoscenza cresciuta e di collaborazione e di stima. 

 

Don Sestilio Silvestri a cavallo. La fotografia è ripresa probabilmente da Trivio e sullo sfondo si può vedere l’abitato di Monteleone di Spoleto e la vallata sottostante del Corno. (foto Isidoro Peroni, 1943) 

 

Quanto al tempo  che  io ho trascorso  a Ruscio  o comunque  in diocesi di Norcia, mettendo insieme i vari spezzoni di frequentazione, posso sommare poco più di una trentina di anni, dei quali, dieci, sono  gli  anni della fanciullezza, ai quali vanno sommati  quelli  dal  1971  al 1983, dalla mia  Ordinazione  sacerdotale  e  ritorno in  diocesi  alla morte di don Sestilio. 

La mia formazione, a Norcia e ad Assisi è terminata nel 1971 quando fui ordinato prete, proprio qui a Ruscio, ed iniziai il ministero di parroco ad Agriano di Norcia. 

Dal 1980 al 1986, poi, sono stato Vicario Generale del Vescovo di Norcia e, dal 1986 al 2002, Vicario Generale dell’Arcivescovo di Spoleto-Norcia e, da ultimo, il 23 febbraio 2002 sono stato nominato Vescovo di Porto-Santa Rufina, dove ho esercitato il ministero  fino al 5 maggio 2021 quando ho lasciato l’attività di Vescovo Ordinario Portuense ed ho assunto il titolo di Vescovo Emerito di Porto-Santa Rufina.

Durante questo tempo ho sviluppato un percorso di amicizia con don Sestilio attraverso approfondimenti in occasioni particolari, come il suo cinquantesimo di sacerdozio nel 1977 e prima ancora la mia ordinazione sacerdotale, il 31 luglio 1971, che per lui fu di grande soddisfazione, come lo è per chi sente che sta arrivando il tempo di passare il testimone. Per completare questo singolare calendario aggiungo il ricordo del suo venticinquesimo di sacerdozio, nel 1952 , con la memoria e l’affetto di un bambino, come ero io in quell’anno.

Nella vita di ogni persona è importante la memoria degli avvenimenti più significativi, come la conclusione della formazione e l’entrata nel mondo del lavoro, il matrimonio o l’ordine sacro, l’avvio dell’esperienza di una nuova famiglia  e  la  nascita  di  figli,  l’acquisto di una nuova casa ed altri momenti propri di ognuno. Tutti sono momenti da celebrare e ricordare, riscoprendone le motivazioni e le conquiste più significative. La celebrazione deve essere un gesto di verità; una buona celebrazione rilegge tutta intera la  storia  delle  scelte, con i suoi perché e le motivazioni e il come ci si è impegnati personalmente. 

 

 20 agosto 2023, Sala Grande dell’Asilo di Ruscio. Presentazione del Volume, alla presenza del Vescovo Renato Boccardo [foto AMR, 2023]

 

Fra le scelte di vita continua ad apparire singolare quella dei sacerdoti che per essere compresa ed amata richiede particolare impegno, soprattutto in alcuni tratti nei quali si avverte più pesante la solitudine e la risposta al perché il prete si trovi da solo a ripetere il suo sì iniziale e fatica a ridire la propria volontà e l’obbedienza a fare quello che il Signore chiede. In quei momenti il prete non ha il conforto di sentire attorno a sé quella singolare vicinanza , come nel matrimonio.

Come ogni sacramento, anche quello dell’Ordine interviene sulla vita di chi lo riceve e porta la sua grazia, perciò è da considerare la singolarità della vocazione, il ministero e l’intera esistenza del sacerdote nel suo totale riferimento a Cristo, buon pastore, e alla Chiesa, popolo di Dio.

Non si può leggere con verità la vita di un sacerdote senza partire dalla sua peculiare unione con Cristo, non possiamo cogliere il valore del ministero di un sacerdote senza vedere la sua azione e tutta la sua vita alla luce di Cristo. Non si può valutare positivamente o meno la fedeltà di un prete senza riferirci ai canoni dei Vangeli. In verità questo vale per tutti i cristiani, ma, fra gli altri, in maniera assolutamente determinante per i sacerdoti. 

Torno a dire che per conoscere davvero la vita di un prete bisogna partire dalla sua dimensione spirituale, dal suo riferimento a Cristo.

Così leggiamo e conosciamo la vita di don Sestilio, l’attenzione primaria alla vita spirituale dei fedeli, a cominciare dalla formazione catechistica e dalla pratica sacramentale. Si comprende allora il richiamo costante alla partecipazione della Messa domenicale con la comunione e la confessione frequenti.

Per lui primaria era la preghiera con la sua pratica quotidiana. Proponeva regolarmente il rosario ed altre preghiere della tradizione cristiana fino a  farle  amare  e  diceva  che  le  preghiere  sono  come l’ossatura della giornata. Noi tutti siamo testimoni della sua fedeltà alla Messa quotidiana e alla "funzione" con il rosario, l’Adorazione eucaristica e la benedizione con il Santissimo Sacramento. Non mancava la proposta di spazi di silenzio per la preghiera personale.

La preghiera è l’opus Dei, l’opera di Dio, la preghiera  è  il linguaggio, la lingua che Dio usa per parlarci e che noi desideriamo imparare per capire quanto Dio ci sta dicendo e per essere sicuri che lui ci stia ascoltando. La preghiera ci aiuta a mantenere quella dimensione spirituale della nostra vita della quale tutti abbiamo bisogno. Quanto più urgenti sono le nostre difficoltà tanto più deve essere continua e confidente la nostra preghiera, che certo non ci distrae dai nostri compiti. 

 Don Sestilio ci ha insegnato  la preghiera  continua  con  la sua fedeltà  alla  Liturgia  delle  Ore.  Questo  è il  nome  esatto  del "Breviario",  quel libro, logorato dall’uso, che don Sestilio portava sempre  con  sé  per unire la sua preghiera a quella di tutta la Chiesa nelle diverse ore del giorno. Tutti ricordiamo don Sestilio, a cavallo del suo pazientissimo asino, che andando e tornando da Trivio o da Rescia leggeva il breviario nonostante i piccoli caratteri della stampa e nonostante il movimento dell’andatura dell’asino, che addirittura sembrava assecondare il lettore.

Don Sestilio, anticipando il Concilio, ha avuto particolare cura della liturgia, testimoniata dall’opera per l’educazione e l’offerta di belle celebrazioni, dall’attenzione agli edifici di culto, perciò  volle  costruire il campanile, dalla cura di paramenti e di biancheria dell’altare. 

Don Sestilio ha onorato il benedettino "ora et labora ". Lui, che sempre vantava di essere figlio di San Benedetto perché membro del Clero di Norcia, ci ricorda che non si può separare la preghiera dal lavoro, né si deve separare il lavoro dalla preghiera.

Pensiamo alle difficoltà dell’inizio del lavoro di don Sestilio  a  Ruscio. Altri si sarebbero scoraggiati, egli ha mostrato da subito capacità di comprensione e lucidità nelle scelte da compiere. Si è affidato a Dio e ha chiesto l’intervento di sua madre, la Vergine Addolorata. Da subito ha voluto ed ha saputo che l’azione della comunità ecclesiale sul fronte della carità e della giustizia  e della  pace sul territorio fosse collegata a quella della comunità civile. Così, partendo dallo studio si è velocemente arrivati alla programmazione concordata e alla messa in opera di tante iniziative, avviando un percorso di collaborazione e di successo.

La riconosciuta saggezza fu guida nel tempo difficilissimo dopo la prima guerra mondiale. Se a Ruscio non ci fu rifiuto e reazioni negative verso le famiglie venete venute ad incardinarsi qui e se ci fu addirittura collaborazione verso persone provate dalla più grande povertà si deve in massima parte all’educazione, alla fraternità, opera tutta della comunità cristiana del territorio, coordinata dal sacerdote.

Ugualmente avvenne nel tempo della seconda guerra mondiale. Ancora sull’esperienza delle migrazioni, questa volta con il cambio della meta e dei soggetti: si condivise il decisivo passo verso Roma con i nostri migranti, quasi tutti giovani con una componente incredibile di ragazzi poco più che bambini, ragazzi costretti anzitempo a diventare grandi. 

Ricordo i regolari viaggi di don Sestilio a Roma ma per la soluzione di tante difficoltà. Perciò divenne operativo a Roma, e anche a Ruscio, un centro di coordinamento e l’avvio dell’esperienza con opportune iniziative. 

L’intervento sul fronte dell’emigrazione e la presenza accanto alle persone costrette a muoversi a causa della povertà e delle guerre vide un impegno sul fronte dell’educazione civica che mirava ad inserire al lavoro gli ultimi arrivati, soprattutto i giovani, quelli che non erano stati chiamati alla vita militare. Qui è da leggere la decisione di costruire il Monumento ai Caduti, a Ruscio prima di tante frazioni nel territorio. Ci fu anche lo sforzo di seguire i giovani migranti a Roma, in collegamento con la Chiesa nazionale dei Nursini, Chiesa dei Santi Benedetto e Scolastica all’Argentina, in Vicolo Sinibaldi. 

È da segnalare, sul fronte dell’educazione e della lotta alla povertà e del sostegno alle famiglie il servizio della scuola materna a Ruscio, portato avanti da ragazze del paese e sostenuto poi dalle suore della Santa Famiglia di Bordeaux, già presenti a Monteleone. Un passo decisivo per il funzionamento della scuola materna fu la costruzione di questo edificio, dove si sono tenuti gli ultimi anni della scuola materna dei nostri bambini più piccoli fino all’ultimo, con la chiusura per mancanza dell’utenza di figli e la diminuzione progressiva di giovani famiglie. 

Voglio comunque segnalare il servizio di questa struttura, che oggi è divenuta luogo operativo per diverse iniziative a vantaggio del paese, dove sono pensate e avviate positive collaborazioni secondo quanto lo Spirito suggerisce. 

Abbiamo voluto ricordare la figura e l’opera di don Sestilio nel giorno della festa dell’Addolorata, segnalandone la devozione alla Madonna, la proposta e la crescita della stessa devozione e la partecipazione di tutti alla festa, con la testimonianza e la sua regia. Ripercorriamo il programma abituale della festa, la proposta di giorni di preparazione con straordinarie preghiere nella Chiesa parrocchiale, dove si tenevano nuove predicazioni e offerte di partecipazione ai sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia.

Poi il gran giorno della festa era segnalato da botti e spari pirotecnici  e dal concerto che la banda di turno offriva, percorrendo tutte  le strade del paese. La grande preghiera della Messa cantata, con il nostro bel coro parrocchiale, sostenuto  questa volta da qualificati  cantori professionisti, era e deve essere e rimanere il momento centrale della giornata della solennità. È davvero l’esperienza della maternità di Maria, che accoglie e si impegna a guidare i suoi  figli  nell’anno futuro e sempre. Ognuno di noi custodisce il ricordo di qualche momento della festa che viene riproposto e ne trasmette l’esperienza di grazia fatta di amore alla Madre dei sette dolori, con la prova del dolore come momento di rinascita. 

Ogni anno la festa dell’Addolorata si propone come una tappa di un cammino di unità e di pace. Tutti ricordano la parabola delle dieci vergini invitate  alla  festa  di nozze, con una diversa partecipazione degli invitati. Gesù raccontò  questa parabola dicendo che tutti erano stati invitati, ma  non  tutti seppero accogliere l’invito ed entrare  nella  stanza  della  festa.  Le vergini prudenti,  con  le  lampade,  portarono  anche  l’olio  per alimentare la luce nella processione della festa. Le vergini stolte non pensarono all’olio e solo all’ultimo momento cercarono  di  rimediare, ma non riuscirono a trovare la luce ed ebbero davanti a sé sbarrata  la porta di ingresso. Addirittura, a quelle vergini lo sposo disse di non riconoscerle; infatti non poteva continuare a considerare sue amiche coloro che non  avevano  preso  parte  alla  gioia  della  festa.  La parabola, detta da Gesù, ci  fa  immediatamente  pensare  alla processione conclusiva della nostra festa. L’olio delle lampade ci fa pensare ai lumini che tutti  cercano  di  portare,  anche  i  bambini piccoli. 

Carissimi, tra le difficoltà della festa rimane l’inagibilità della nostra chiesa con la Madonna diciamo: "Sia fatta la tua volontà". Lo disse all’angelo della salvezza, permettendo a tutti noi di mettersi in gioco, secondo l’ordine operativo del Vescovo, con l’impegno di tutta la comunità cristiana. 

Carissimi, davanti a tutti voi rinnovo la promessa di fare la mia parte per ricostruire la nostra chiesa secondo lo Spirito del Signore che ci dice di partire dalla costruzione della comunità di persone prima di costruire l’edificio di pietre. Possiamo perciò  dire  che  la ricostruzione della chiesa della Madonna Addolorata, la nostra chiesa è già in corso e che di certo non vogliamo abbandonare il cantiere.

Ci salutiamo con il saluto caro a don Sestilio: 

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Ruscio, 20 agosto 2023

+ Gino Reali Vescovo Emerito di Porto-Santa Rufina

CONTENUTO ULTERIORE RISPETTO ALLA VERSIONE CARTACEA:

Discorso tenuto durante la presentazione del Volume il 20/08/2023 dal curatore dell’opera Renato Peroni 

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