E’ arrivato lu purchittu

By proruscio

Alla fiera di Cascia dei primi giorni di aprile, arrivavano i porcari che vendevano i maialini già svezzati. Il capo famiglia andava, comprava e portava a casa, tutto trionfante, questa nuova e importante presenza. “E’ arrivato lu purchittu”! Una gioia per i piccoli, ma soprattutto un bene da proteggere per il sostentamento della famiglia, per assicurarsi il cibo per l’inverno, ma che contemporaneamente, però, era anche una “bocca” in più da sfamare. 
 

Il nutrimento del nuovo arrivato non era eccessivamente ricercato…. Il bravo purchittu mangiava di tutto. La base principale era la semola, mischiata ad ogni pasto con l’acqua della scolatura della pasta o anche con l’acqua della lavatura di piatti e pentole, poiché, non essendoci i detersivi, questa era buona per insaporire l’“introccata”, (il mangiare messo nei “trocchi”) Altri ingredienti erano la capatura di patate, di verdure, di frutta, ghiande e residui di cibi vari. Un ottimo alimento era anche il siero della cagliatura del formaggio, ma per chi non aveva nè pecore o né mucche, era difficile procurarselo. Lu purchittu mangiava due volte al giorno, cresceva e si ingrassava, destinato alla conclusione finale, che in genere avveniva tra novembre o dicembre..

Arrivata questa data, avveniva la macellazione e come per la mietitura e la trebbiatura, questa rappresentava un evento che mobilitava tutta la popolazione attiva, poiché ci si scambiava reciprocamente tempo, capacità e fatica.
 E qui veramente emergeva la caratteristica culturale del tempo. Ognuno dava la sua professionalità: suddividere la carne, trattarla relativamente agli usi: in un modo quella da consumare e in un altro quella da conservare, tritare, squagliare il grasso, il tutto fatto in una atmosfera quasi di allegria, come un appuntamento lieto da condividere.

C’era poi il momento del pasto per tutti i partecipanti alla fatica e allora era tradizione preparare una gran frittata “la padellaccia” fatta con il cervello del maiale, uova, sale, pepe e rosmarino, una frittata grande grande da consumare tutti insieme.

Della carne del maiale è risaputo che non si butta niente. Prosciutti, spallette e guanciale, pezzi nobili del maiale, venivano messi da parte per essere salati e conservati. La carne più magra delle varie parti del corpo veniva macinata e insaccata, negli… intestini. Sì, perché gli intestini, svuotati e puliti, diventati ottimi contenitori, venivano riempiti con la carne, ottenendo così salami e salsicce.
Le parti grasse residue, invece si scioglievano in padella e il grasso liquido ottenuto, ossia “la strutta” (lo strutto), veniva messo in una sacca particolare, incredibile…, nella vescica delle urine! In effetti, essendo questa molto elastica…, permetteva un’ampia capienza.

Il sangue dell’animale, invece una volta raccolto, bollito in caldaia con farro o pancotto, zucchero e sale, diventava il “sanguinaccio”, una specie di dolce salato, da mangiare a fette. 
E siamo così arrivati al trattamento particolare riservato al fegato. Questa parte del maiale, veniva trattata, a seconda delle ricette, più o meno personalizzate e collaudate nel tempo. E vale la pena riproporle, poiché riscuotono, per la loro bontà, l’apprezzamento di molti.
 
Una ricetta molto buona era ed è quella ottenuta con il fegato a fettine: due fette sistemate a mò di pagnottella con in mezzo una fetta di guanciale ed una foglia di alloro. Il tutto avvolto nella rete (dell’intestino, stesa e pulita) e poi cotto alla brace a fuoco lento. L’altra ricetta, molto più gustosa, appetitosa e ricercata, consisteva nel fegato fatto a pezzetti mischiato, in giuste proporzioni, all’uva passa (lo zibibbo) e alle bucce d’arancia, il tutto avvolto nella rete e poi fritto. Una specialità, che possiamo gustare ancora da “Gigetto” , ristorante tradizionale, tramandato da padre in figlio, ed è una cosa buona, poiché questi sapori, come tutto ciò che viene del passato, hanno il loro saporito fascino.

Tra prosciutti, salami, salsicce e fegatelli lu purchittu aveva concluso il suo mandato e l’inverno stava per finire. Tra un po’ arrivava aprile e, con la fiera di Cascia, il nuovo ”purchittu”.

P.S. Per le simpatiche informazioni “storiche” di questo articolo dobbiamo ringraziare la Signora Giulia Agabiti, depositaria di quanto ci ha messo gentilmente a disposizione.