Al tempo in cui a Ruscio le mosche la facevano da padrone, una simpatica coppia di villeggianti aveva dichiarato guerra a questi fastidiosi insetti.
Li chiameremo…, anzi erano Mariano Vannozzi, detto “Mi nonno”, conducente scelto dell’Azienda tranviaria di Roma e la sua consorte “Mea”, i quali avevano un conto aperto con le mosche, tanto che per buona parte della giornata, agitando un panno e schioccandolo per tutti i lati delle stanze, scacciavano le mosche dalla loro casa situata, com’è noto, tra l’osteria e la casa delle famiglie Belli, a Piazza dei Sei.
Ed era per loro una grande soddisfazione aver liberato la casa della presenza, anche singola, di questo insetto.
Una mattina, però dopo aver aperto le finestre per arieggiare la casa, si accorsero, increduli, che non entrava neppure una mosca. Si affacciarono alla finestra per accertarsi se fosse stata, per caso, effettuata una disinfestazione da parte del Comune o se fosse avvenuta un’improvvisa e provvidenziale moria.
Nulla di tutto ciò; comunque, non volava nemmeno una mosca, nel vero senso della parola.
Al momento di uscire per la passeggiata mattutina, però, richiudendo la porta, si accorsero che questa era diventata tutta nera per le mosche che a migliaia ronzavano intorno e finivano appiccicate sul legno.
La stessa sorte, raccontano alcune testimonianze, era toccata anche alla porta del compagno di lavori e di gite, Gaetano Belli.
Era successo che un birbantello, su suggerimento di un noto buontempone di Ruscio, aveva nottetempo cosparso la porta di miele col risultato che lascio a voi immaginare.