Raccolgo l’invito de ’La Barrozza’ a completare la storia del Carro di Ruscio, celebre quasi quanto la famosa Biga di Colle del Capitano, celebre al punto che, come racconta Vittorio Ottaviani, quando nell’estate del 1949, egli, con mamma rusciana, venne a Ruscio per la prima volta, il suo cugino Marcello lo portò subito, con orgoglio, a vedere il carro parcheggiato alle Cascinette come una delle meraviglie di Ruscio!
Riguardo alla storia del carro, ricordavo di aver esposto nella prima mostra documentaria di Ruscio, in occasione del quindicennale della Pro Ruscio nel 1982, una lettera di Don Sestilio assai spiritosa; sfogliando i vecchi documenti ho ritrovato anche altre lettere con dati riguardanti la storia e le caratteristiche del Carro, che appresso vi riporto
A Ruscio, dopo l’arrivo di Don Sestilio, negli anni ’20 e ’30, esisteva la Confraternita della Buona Morte (poi incorporata nella Confraternita di M.S.S. Addolorata, antesignana della nostra Pro Ruscio), che aveva raccolto fondi tra i soci, per la costruzione di un carro, trainato da cavalli per i trasporti funebri.
La cosa che, ora, può sembrare banale, in un epoca di diffusa motorizzazione e facilità di trasporti, non lo era affatto, nel 1930, per Ruscio, situato nella vallata a circa duecento metri di quota inferiore al cimitero di Monteleone, tanto che come nota Don Sestilio un trasporto funebre costava 90 lire di allora (equivalenti a circa 100 € attuali).
[Secondo l’ ISTAT una Lira del 1933 è equivalente a 1762, 78 Lire attuali, cioè un po’ meno di un Euro, ma sono dati parecchio ottimistici!]
Il carro, realizzato dal falegname, barbiere, idraulico, orologiaio e così via, Giovanni Agabiti (il papà di Marcello ed Ezio), con le colonnine tornite alla segheria di Leonessa, fornito di rulli e completamente addobbato, fu inaugurato nel 1933 (non essendo riusciti a completarlo per l’Addolorata dell’anno precedente, per la proverbiale flemma e precisione di Giovanni) e costò 1150 lire. Per la verniciatura servirono 2 kg di vernice nera, per ben quattro mani ed un mese di tempo.
Con soddisfazione e mostrando un non a tutti noto senso di umorismo da prete di montagna, Don Sestilio scriveva, con la sua chiara e rotondeggiante calligrafia, a Mario Peroni:
‘La nostra Carolina, così si chiama, e così gli abbiamo messo nome perché la prima ad esser trasportata fu Carolina Gervasoni, ha fatto ottima impressione. E’ piaciuta a tutti, specie ai nostri amici ? di Monteleone [ notare il campanilistico punto interrogativo vicino ad amici!], che la guardarono con una certa invidia, ma specie per Pietropaolo Belli, la nostra Carolina ha fatto la sua figura, sia per il suo addobbo, sia per le belle corone appesevi, sia per la popolazione che specie di domenica ha accompagnato la salma. Gli esperti dicono che con 1150 lire non abbiamo pagato neppure gli addobbi. Domani venerdì dovrà fare per due volte ancora la sua comparsa.
Io [e qui Don Sestilio si supera] vi consiglio che invece di morire a Roma, vi tornerà più morirvene a montagna….’
Sempre dallo stesso scritto del 1933, scopriamo che i soci pagavano 6 lire all’anno di quota e che il Municipio (cioè il Comune dava un sussidio fino al 1932 di lire 400 all’anno che dal 1933 erano ridotte a lire 200 (certo sempre più generoso di ora!) e concludeva, prima dell’elenco dei soci che vi riporto, così:
‘Credo che in 6 anni e 4 mesi che esiste codesta società dopo aver fatto una spesa tale, le cose vanno benone se si pensa che ogni trasporto prima ci veniva a costare salatino fino a 90 lire, mentre ora è minimo.’
Il carro restò in servizio per molti anni, prestato anche ai paesi vicini, finché, col mutar dei tempi, restò inutilizzato e parcheggiato alle Cascinette, alla Tazzaretta e poi alla rimessa della Croce , distrutto lentamente dall’usura del tempo e dall’incuria degli uomini.