Viaggiando attraverso l’Italia, possiamo ammirare le diverse realta’ che identificano le regioni italiane. Ognuna di esse, infatti, si presenta con la propria storia, dialetti, culture e tradizioni diversissime tra loro.
Eppure c’e’ anche un denominatore comune che unisce idealmente lo stivale. Questo trade union puo’ essere la lapide, la statua o il monumento che ricorda il passaggio in quella cita’, paese o villaggio di Giuseppe Garibaldi.
L’Eroe dei Due Mondi, infatti, nella sua lunga ed intensa vita, ha attraversato in lungo ed in largo la penisola per accorrere ovunque si chiedesse giustizia, liberta’ e soprattutto “Italia”.
E questo filo ideale passa anche per Ruscio.
Per questo motivo e’ stata posta una lapide sul muro della chiesa parrocchiale che ricorda il passaggio, furtivo, dell’Eroe per il nostro paese, a quel tempo avamposto e dogana dello Stato della Chiesa.
“IL XXIX GENNAIO MDCCCXLIX IN QUESTA CASA SOSTO’ PER POCHE ORE GIUSEPPE GARIBALDI ALLORQUANDO ACCORREVA ALLA DIFESA DI ROMA PER RIVENDICARE COLLE ARMI I DIRITTI CONCULCATI DEL POPOLO
A PERENNE E GRATA RICORDANZA IL MUNICIPIO DI MONTELEONE DI SPOLETO NEL DI VIII OTTOBRE MDCCCLXXXII P.”
E, pensare che, proprio Ruscio, 18 anni prima del passaggio di Garibaldi, assistette al passaggio di un altro personaggio, destinato a diventare acerrimo nemico dell’Eroe.
Nel 1831, l’arcivescovo Mastai Ferretti, (futuro papa Pio IX), intimorito dai primi moti risorgimentali nello Stato Pontificio, "avvertito a procurarsi la personale sicurezza, partì da Spoleto di buon mattino del sabato precedente la domenica delle Palme 26 marzo 1831, prendendo la via di Monteluco accompagnato da due servitori…" e si rifugia a Leonessa, appartenente politicamente al regno Borbonico.
Giunto un dispaccio la sera della Domenica delle Palme, da parte del Cardinale Benvenuti che lo nominava Delegato straordinario delle provincie di Spoleto e Rieti, Mons. Mastai "sollecito’ tosto la partenza per Monteleone, e con un seguito di circa 15 persone fra laici e sacerdoti, mosse verso il villaggio di Ruscio di Monteleone.
E siccome la notizia del ripristinato Governo Pontificio erasi cola’ gia’ sparsa, poiche’ un tale Giovanni Forconi, si era partito subito da Leonessa per annunciarla, ne avvenne che sebbene fosse notte, molti popolani di Ruscio e vari soldati della Finanza che erano in quella stazione di dogana, furono pronti a scortare con lumi Mons. Mastai a Monteleone e che il popolo di questo paese tutto si commosse all’arrivo…" (da una cronaca del tempo).
Per gentile concessione dell’Autore, Franco Laganà, appassionato ed accurato conoscitore della storia locale, conosciuto tramite il nostro sito, pubblichiamo un articolo, comparso a gennaio sulla rivista RM di Borbona relativo al viaggio di Giuseppe Garibaldi che, nel 1849 partendo da Macerata e passando per Ruscio, accorreva alla difesa della Repubblica Romana.
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Le gesta di Garibaldi tra il 1848 e 1849
IL 1848, LA DIFESA DI ROMA
Le speranze suscitate nei patrioti italiani dall’elezione di Pio IX al soglio pontificio, spinsero Garibaldi ad offrire al pontefice la propria legione. L’offerta non fu accettata tuttavia Garibaldi partì per l’Italia sbarcando a Nizza nel giugno 1848, quando già le truppe di Carlo Alberto erano in marcia contro gli Austriaci.
Nonostante il parere contrario di Mazzini, non esitò allora ad offrirsi con le sue truppe al re, che però non volle inquadrarlo nell’esercito. Si pose allora alla testa di alcuni battaglioni volontari, ma l’armistizio di Solasco lo sorprese quando era ancora nella fase organizzativa; ribellatosi alla tregua con le sole sue forze batté gli Austriaci a Luino, occupando Varese, ma attaccato da forze superiori a Morazzone, faticò poi a disimpegnarsi e a ritirarsi in Svizzera.
Tornato a Genova, fu eletto deputato ma anziché sedere in Parlamento, preferì recarsi nell’Italia centrale organizzando una legione in appoggio al governo provvisorio di Roma. Proclamata la Repubblica Romana (9 febbraio 1849), fu nominato generale comandante delle truppe della città, battendo i Francesi a Porta San Pancrazio e i Napoletani a Palestrina.
Gli attacchi in massa sferrati dai Francesi ebbero tuttavia ragione dell’eroica resistenza delle truppe garibaldine al Gianicolo a villa Corsini – ove si coprirono di gloria Manara, Dandolo, Mameli, Bixio – e ancora a villa Spada, ma il 2 luglio Garibaldi fu costretto a lasciare la città, incalzato da ogni parte dai nemici
LA RITIRATA DA ROMA, L’ESILIO DI CAPRERA
Giunto dopo lunghe peripezie e con una marcia leggendaria a San Marino, fece deporre le armi ai suoi soldati, proseguendo poi con solo 250 uomini per Cesenatico. Imbarcato su alcuni bragozzi che presto furono catturati dalle navi austriache, riuscì a stento a sbarcare a Magnavacca (oggi Porto Garibaldi).
Congedati i suoi continuò a piedi con un solo compagno, il capitano Leggero. Nella cascina Guiccioli, Anita, incinta e gravemente ammalata, che lo aveva sempre seguito in ogni sua avventura, gli moriva tra le braccia.
All’eroe neppure è concesso il conforto di seppellirla: braccato dagli Austro-papali è costretto a riprendere la fuga. Con l’aiuto di diversi patrioti, Garibaldi riesce a raggiungere Portovenere (presso La Spezia), ma il governo sardo, onde evitare comprensibili complicazioni di natura politica lo invita ad emigrare.
Fu allora a Tangeri, poi a New York ove trova lavoro in una fabbrica di candele, quindi nell’America meridionale e centrale, poi in Cina, dedicandosi al cabotaggio; quindi ritorna a New York, sosta in Inghilterra e nel 1854 è a Nizza finché, nel 1857 può ritirarsi nell’isolotto di Caprera, dove aveva acquistato alcuni terreni, e dedicarsi all’agricoltura.