Storia e restauro di un importante bene culturale
La pubblicazione di una ricerca storica come quella di Amedeo Angelini, incentrata sulla riscoperta e lo studio di un ritratto muliebre giunto per via ereditaria dal disperso arredo del palazzo Sinibaldi-Congiunti di Monteleone di Spoleto (PG) (splendido fabbricato il cui auspicato restauro sembra ancora “tormentato da intrecci burocratici e dispute tra eredi e proprietari”), è indubbiamente un atto di sincero affetto per la propria terra e per le molte vicende storiche, sociali e umane che hanno prodotto tanti monumenti e opere architettoniche. L’autore, come ho già potuto illustrare (1), indaga e raccoglie le memorie sparse dal tempo tessendole in un quadro unitario, offrendo nuovi contributi e aprendo anche punti controversi inerenti la ricerca storica di Monteleone e Leonessa, indissolubilmente legate da secoli di reciproche correlazioni.
Riassumerei con queste parole il lavoro di ricostruzione e indagine proposto dall’Angelini sul ritratto della bella dama intitolato: Una signora ai «confini» tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, relatore prof.ssa Tatiana Kirova Kirilova, materia “Restauro e Conservazione dei Beni Culturali”, Università telematica internazionale Uninettuno. Si tratta di un saggio su supporto multimediale che ho ricevuto inaspettatamente circa un anno fa, in segno di cortese riconoscimento per aver fornito una indiretta collaborazione, a me sino allora ignota; miei, sebbene non indicati, sono infatti due dei disegni (lo stemma della famiglia De Rubeis e l’epigrafe incisa sulla Porta Spoletina di Monteleone) confluiti nello studio.
L’idea metodologica che sorregge l’intera opera è quella di dare una configurazione storica e un nome a quello che in un primo tempo sembrava essere solo un anonimo ritratto, ricollocandolo in un preciso contesto attraverso l’incrocio di informazioni archivistiche e telematiche.
Francesca Uberti Sebastiani, ritratto a olio del XVII secolo, prima e dopo l’intervento di restauro, proprietà di A. Angelini (foto M. Fedeli, Spoleto – elaborazione grafica di Valentina Marino).
Nelle 166 pagine digitali, ampiamente illustrate e suddivise in tre corposi capitoli, il lettore viene immerso nella storia del palazzo e dei suoi diversi proprietari, iniziando dai primi, i Sinibaldi, che l’Angelini vuole romani di origine e introdotti a Monteleone nel XVI secolo, sebbene in tal senso vi siano fonti contraddittorie (2). Nuova rilevante scoperta è invece quella della vendita dell’immobile alla famiglia Sebastiani (3) di Leonessa (nel 1755), che lo ha tenuto almeno fino al 1818. In tale anno il fabbricato con l’attiguo orto risulta intestato a “Sebastiani Francesco Antonio = Giuseppe = Cesare e Giovanni = e nipoti q(uondam) Ignazio” (4). L’edificio, che l’Angelini ipotizza essere opera progettuale dell’architetto Girolamo Rainaldi (Roma, 04.04.1570 – ivi, 15.07.1655), figlio di Adriano, architetto e pittore di Norcia, è “strutturato su tre piani più seminterrato, in pietra bianca durissima a faccia vista, si snoda su 350 m² per piano, per un totale di 6.950 m³; sei porte (di cui due portoni) e 38 finestre”. Nella prima metà del XIX secolo il palazzo venne acquistato dalla famiglia Congiunti, originaria anch’essa di Leonessa (5), giunta a Monteleone di Spoleto nei primi decenni del Settecento con Domenico figlio di Francesco (Francisci Leonissanus), della quale porta ancora la denominazione.
Alcune fasi della pulizia e del restauro conservativo della tela settecentesca (foto M. Fedeli, Spoleto – elaborazione grafica di Valentina Marino)
L’ormai svelato ritratto di donna Francesca Uberti Sebastiani per interesse dell’attuale proprietario, fra l’ottobre e il novembre del 2015 è stato sottoposto a un ottimo restauro conservativo presso il Laboratorio COO.BE.C., zona industriale S. Chiodo di Spoleto, che ne ha rivelato l’originaria iscrizione dedicatoria.
Il quadro, che l’Angelini scrive essere pervenuto al “nonno Attilio, artigiano muratore per i casolari ed immobili dei Congiunti, o per saldo di lavori effettuati (al momento del fallimento non ancora pagati) o per asta”, è un tassello importante della storia locale, che ben si appresterebbe a rimanere alla comunità locale e alle generazioni future con una generosa e pubblica donazione al “Museo Civico Comunale – Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra” di Monteleone di Spoleto. Il mio è un auspicio o forse più un sogno, ma talvolta questi, con un pizzico di volontà possono diventare realtà.
ANNOTAZIONI
(1) Vannozzi S., Ritratto di Signora. Il quadro di Donna Francesca Uberti Sebastiani, storie di famiglia fra Leonessa e Monteleone, in «Leonessa e il suo Santo», a. LII, n. 312, maggio-giugno 2017.
(2) ll cognome Sinibaldi è attestato in questo territorio dal XIV secolo. A Leonessa giova ricordare un’omonima famiglia che ha dato importanti personaggi come Antonio Francesco Sinibaldi, vicario foraneo nel XVII secolo, Giacomo Sinibaldi (Roma, 1641 – Roma, 1720), filosofo e medico, figlio di Giovanni Benedetto Sinibaldi (Leonessa, 1594 – Roma, 1658), protomedico generale a Roma nel giubileo del 1650. Cfr., Chiaretti G., Da Leonessa a Roma: i Sinibaldi, in «Leonessa e il suo Santo», febbraio 1980, pp. 46-51; padre Mauro da Leonessa, Alla ricerca degli avi: i cognomi di Leonessa dal 1594 al 1800, in «Leonessa e il suo Santo», gennaio 1981, pp. 14-17.
(3) Antica famiglia di Leonessa. Un Filippo di Giovanni Simeone Sebastiani è battezzato il 23 febbraio 1595.
(4) Archivio di Stato di Roma, Catasto Gregoriano, “Brogliardo di Tavolo – Relativo alla Mappa di Monte Leone, Campagna 1818”, nn. 118-119.
(5) Ricordiamo fra i Congiunti di Leonessa un modesto pittore locale, Giovanni Antonio, attivo fra il XVII e il XVIII secolo, autore nel 1706 della pala d’altare in San Pietro a Terzone e di due tele raffiguranti i Santi protettori Emidio e Giuseppe da Leonessa.