La presente sezione del sito e’ stata realizzata a cura degli alunni della III classe media della Scuola di Monteleone di Spoleto (Rosati Luca, Rosati Denise, Salvatori Daniele) con l’aiuto dei compagni della II media (Bonanno Daniele e Rosati Roberto per le foto; Agabiti Valerio per l’intervista). Si ringrazia la docente Prof.ssa Angela Carnevali e il Dirigente Scolastico Prof.ssa Maria Franca Bologni per la cortese e disponibile collaborazione nell’aderire alla Borsa di Studio "Osvaldo Perelli A.S. 2010".
da sinistra: Luca Rosati, Denise Rosati, Salvatori Daniele
Lo sfruttamento delle risorse minerarie nella zona di Monteleone dovrebbe risalire al periodo medievale ed addirittura più indietro nel tempo, fino ad epoche pre-romane.
IL FERRO
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In questo territorio esistevano anche giacimenti di ferro ed uno dei più importanti si trovava nei pressi di monte Birbone (Terrargo); si cominciò a sfruttarlo a partire dal XVII secolo quando era papa Urbano VIII.
Venne attribuita proprio a lui l’apertura della ferriera nell’anno 1641, lo ricordano due medaglie incise, anche se forse già i primi scavi erano stati fatti da abitanti del luogo.
Monteleone, a quei tempi, faceva parte dello stato pontificio che intravide nello sfruttamento delle ferriere una fonte di utilità economica. Si narra addirittura che la cancellata del Pantheon a Roma venne realizzata con il ferro di Monteleone.
Il minerale, dopo l’estrazione, veniva portato a Ruscio tramite barrozze (così erano chiamati i carri) e muli. Proprio qui infatti scorreva il fiume Corno e il papa ordinò che il suo corso fosse in parte deviato per dare al forno la quantità d’acqua necessaria al lavaggio e alla fusione del ferro che avveniva grazie al carbone.
Le acque vennero canalizzate presso un ponte che prese il nome di “ponte delle ferriere”. Per portare il ferro a Roma venne inaugurata in seguito una strada che univa la vecchia Flaminia a Monteleone di Spoleto attraverso il cosiddetto Salto del Cieco.
Le attività minerarie e metallurgiche nello Stato pontificio preferibilmente venivano date in appalto a privati con contratti pluriennali, infatti dal 1645 la ferriera venne data in affitto a Pio e Benedetto Matascioli, due fratelli di Norcia, che proseguirono l’attività fino all’anno 1692, quando subentrò il marchese Girolamo Albergotti, toscano, che gestì l’attività fino al 1703.
Da vecchi documenti e da vari fonti risulta che il minerale estratto a Terrargo e Gavelli, nelle montagne intorno a Monteleone, veniva ridotto a ferraccio e forse lavorato al maglio fino a ricavarne ferro.
Il ferro di Monteleone venne riconosciuto essere “dolce, di ottima qualità e malleabile”.
Nel 1703, a seguito di un disastroso terremoto che aveva tormentato la zona di Cascia e che deviò il corso delle acqua del fiume Corno, si interruppe la prima attività siderurgica di Monteleone.
Un altro terremoto nel 1730, la pestilenza del 1718 e i costi elevati per l’estrazione e il trasporto del ferro determinarono il definitivo declino dell’industria mineraria monteleonese.
Verso la fine del ‘700 però, dopo più di ottanta anni di sosta, si rinnovò l’interesse del governo pontificio per la miniera di Monteleone di Spoleto e si decise di riattivarla, contemporaneamente si stabilì di costruire una ferriera anche a Terni.
In merito ai vantaggi di riaprire la ferriera di Monteleone, ci furono pareri contrastanti, ma alla fine furono inviate relazioni positive e così la direzione del forno di Monteleone e la costruzione della ferriera di Terni vennero affidati a Francesco Bussotti.
In quel momento il giacimento della montagna di Cornuvole rappresentò la fonte più ricca; mentre il giacimento di Gavelli e la miniera di Terrargo che fornivano materiale fin dal secolo precedente stavano esaurendosi.
In quegli anni si susseguirono visite ed ispezioni per verificare lo stato delle miniere di Monteleone e del forno fusorio di Ruscio, infine nel 1824 venne decretato che il minerale estratto in quella zona non fosse di gran pregio e l’impresa venne abbandonata.
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LA LIGNITE
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Ma durante l’età napoleonica le truppe francesi avevano instaurato a Spoleto e nel suo territorio un regime repubblicano, sia pure di breve durata, e in quell’occasione era stato scoperto un giacimento di lignite nella frazione di Ruscio presso il torrente Vorga, un affluente del Corno. La Società anonima miniere lignifere di Ruscio allora, per permetterne lo sfruttamento da parte dell’industria ternana, costruì una teleferica che portava a Ferentillo e poi da lì fino a Terni il trasporto avveniva su rotaie.
Al tempo della II guerra mondiale la miniera diventò un campo di concentramento per prigionieri slavi che lavoravano per estrarre il minerale.
Tuttavia lo sviluppo dell’industria italiana e la trasformazione energetica determinarono la fine della miniera di lignite e la conseguente chiusura intorno alla metà degli anni ’50 e oggi si parla di siti di archeologia industriale per quanto riguarda le miniere di Monteleone e di Ruscio. L’archeologia industriale studia infatti testimonianze legate a processi industriali, quali i luoghi dei processi produttivi e le tracce archeologiche lasciate da essi (nel nostro caso a Terrargo-Birbone si possono vedere solo gli ingressi delle “ferriere di Monteleone” e a Ruscio solo due avvallamenti dove si trovavano le bocche delle gallerie, poiché carrelli, rotaie e macchinari furono smontati e portati via) e i paesaggi segnati da questi processi produttivi.
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La lignite: il caso della miniera di Ruscio
L’INDUSTRIA ESTRATTIVA OGGI
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Ai nostri giorni l’attività estrattiva nel territorio di Monteleone è portata avanti dalla ditta Agabiti con la cava di materiali inerti. E’ necessario però fare una distinzione tra miniera e cava, perché le cave svolgono un lavoro di estrazione all’aperto, le miniere invece sfruttano il sottosuolo con lavori in galleria.
Di seguito si riporta un’intervista a due componenti della famiglia Agabiti (rispettivamente padre e figlio), che hanno sperimentato il lavoro legato all’industria estrattiva, sia pure in campi differenti.
Come si chiama?
Agabiti Domenico Antonio
Quanti anni ha?
Ho 80 anni
Che lavoro faceva?
Ero un contadino e poi ho lavorato in miniera
Dove si trovavano le miniere?
In una frazione di Monteleone
Cosa si produceva?
Si produceva carbone
Come erano le condizioni di vita? Mi racconti la sua giornata lavorativa
Le condizioni di vita erano brutte, perché la miniera era sempre piena di acqua e di umidità. La giornata lavorativa era divisa in tre turni formati da 8 ore
Quando è stata chiusa la miniera? Chi ne era il proprietario?
La miniera è stata chiusa nel 1952. Il proprietario era Sgarroni, della Società Mineraria Umbra
Qual è stata la causa della chiusura?
La causa della chiusura fu la scoperta del petrolio
INTERVISTA AL FIGLIO
Come si chiama?
Agabiti Enzo
Quanti anni ha?
Ho 46 anni
Che lavoro fa?
Estraggo materiale inerte da una cava
Dove si trova la cava?
La cava si trova vicino a Miniera, una frazione di Monteleone
Quali sono gli usi a cui il materiale è destinato?
Il materiale inerte viene usato per costruire edifici e marmi finti (gli inerti o aggregati sono una larga categoria di materiali minerali granulari particellari grezzi usati nelle costruzioni e possono essere naturali, artificiali o riciclati da materiali precedentemente usati nelle costruzioni. Essi comprendono: sabbia, ghiaia, argilla espansa, ecc e sono utilizzati in edilizia principalmente come componenti di materiali composti come i conglomerati cementizi, i conglomerati bituminosi gli intonaci, ecc.. Anche dal punto di vista quantitativo gli inerti sono molto importanti, poiché nella massa di un calcestruzzo ordinario rappresentano circa l’80% del peso).
Lei ne è il proprietario? Ha altri soci?
Sì e ho un altro socio, mio fratello Fabio Agabiti.
Mi racconti come è iniziato questo suo lavoro.
Questo lavoro è iniziato con mio padre, dopo la chiusura della miniera di lignite. Ci è venuta l’idea di aprire una cava perché vi si trovava un materiale facile da estrarre e con una percentuale di calcare molto alta. Da lì è cominciato tutto.
Grazie per la disponibilità che avete dimostrato