Checco e il fratello più piccolo svolgevano l’attività dei carbonari, attività abbastanza diffusa nel passato sui nostri monti.
Il sor Checco insieme al fratello ed altri compaesani si dava molto da fare quando c’era l’appalto per il taglio della macchia di un bosco, perché per loro significava lavoro e pane per le proprie famiglie. Anche se oggi é poco diffusa, anni addietro, la carbonella si usava nelle case, negli uffici e nelle scuole per accendere i bracieri.
Dice il signor Checco che per ottenere della buona carbonella non era sempre così facile, perché occorreva scegliere la legna adatta, tagliarla e dopo averla fatta a tronchetti si doveva bruciare secondo una antica procedura.
Una volta che s’era scelta la legna da ardere, si doveva preparare la "catasta", un piccolo montarozzo a forma di cono con un foro in cima e delle fessure laterali dette sfiatatoie.
La catasta era formata per lo più da piccoli pezzi di legna tagliate con la scure (acero, rovere, quercia ecc.).
Per essere ritenuti dei bravi carbonari, si diceva, occorreva che la carbonella dovesse risultare di "qualità’ per i vari usi che se ne faceva. In pratica per ottenere della buona carbonella, doveva essere ben regolata la fiamma all’interno del grosso cono di legna, il quale veniva ricoperto con del terriccio fangoso, in modo che la legna bruciasse lentamente, senza che vi fosse passaggio di aria.
In passato, nell’approssimarsi dell’autunno, nei boschi era dato vedere tanti pennacchi di fumo che si alzavano nel cielo; erano le "cataste" dei carbonari che bruciavano. Quando poi il fumo diminuiva significava che si poteva procedere a spegnere il fuoco, senza alimentarlo dalle fessure del grosso cono di legna.
Spento il fuoco, la "catasta" veniva fatta rovinare per procedere alla separazione del carbone dalla cenere e dalla terra. Questa operazione avveniva con allegria; si cantava al suono di un vecchio organetto e Si beveva allegramente del buon vino nero.
Dopo che la carbonella era stata liberata da ogni impurità. veniva messa dentro appositi sacchi di iuta per essere trasportata a dorso di mulo all’ “imposto”, quindi, caricata sui camion e portata in città, veniva venduta a negozi, case e uffici. D’inverno, periodo in cui la carbonella e il carbone si vendevano molto, i carbonari avevano come aiutanti dei giovani garzoni che provvedevano a rifornire i
clienti, dopo aver lasciato, temporaneamente, il proprio paese
Oggi, dice il sor Checco, con un certo senso di nostalgia, grazie all’avvento dei termosifoni e di altri tipi di riscaldamento per uso domestico. non si usa più né la carbonella né il carbone Come ornamento e come simbolo del passato si vede, riposto in un angolo, qualche braciere annerito dal tempo
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