La Chiesa di Ruscio di Isidoro Peroni

By proruscio

Intorno alla meta del Settecento don Biagio Peroni fondò in Ruscio la chiesa e la cappellania di S. Maria dei Sette Dolori e quando morì nel 1794 fu sepolto nella stessa chiesa.

 
Come si legge nell’inventario datato 25 aprile 1866, i fratelli don Biagio e Gregorio istituirono l’Opera Pia Addolorata di Ruscio, legando i loro beni alla nuova chiesa in modo che ogni anno si soddisfacesse ai seguenti legati: "Primo tra questi è il mantenimento di un sacerdote cappellano colla ingiunzione della Messa quotidiana colla elemosina di lire 0,79 per ogni Messa e di due Settenari precedenti le due annue festività dell’Addolorata; … i medesimi disposero che dall’assieme delle rendite si prelevasse la somma (lire 120) da impiegarsi nel mantenimento delle fabbriche della chiesa e casa annessa per uso del cappellano, per provvedere di arredi sacri, di cera e di tutt’altro occorrente al culto, alla Sacristia; ed infine per provvedere allo emolumento del Sagrestano o custode della chiesa … ordinarono altresì che prelevate le spe­se di culto e di amministrazione, con gli annui sopravanzi delle rendite provenienti dai beni legati si dovesse mantenere un alunno povero del Comune di Monte Leone nel Seminario Vescovile della Diocesi, pagandone annual­mente la Dozzena (retta per il man­tenimento), ed in mancanza di detto alunno, assegnare annual­mente ad una povera ed onesta zitella dello stesso comune una dote di lire 150 … " II legato si è estinto dopo l’avvento del regno d’Italia, poiché la svalutazione (gia allora!) l’aveva reso inconsistente.
 
 
Sull’altar maggiore vi era probabil­mente la tela con l’Addolorata sul­la quale in basso si può intravedere lo stemma di don Biagio con l’albero del pero. L’altra tela con la Madonna trafitta dalle sette spade è così annotata nell’antico inventario: "Quadro in Sacristia rappresentante le anime purganti e I ‘Addolorata di niun pregio, con cornice in legno … ".
 
Sempre nel corso degli anni, i "ruciari" residenti e non, hanno voluto che nel piccolo villaggio ci fosse una chiesa aperta con un sacerdote e si sono adoperati a questo scopo. Ho letto infatti, oltre al legato di don Biagio, di altri legati e lasciti, anche per la più antica chiesa di S. Antonio. Da ultimo mi piace ricordare il la­scito di "zio Mario" di dieci ettari di terreno agricolo alla chiesa di Ruscio, finalizzato sempre a que­sto scopo. II fatto è che, anche nei tempi passati, non era facile tro­vare un pastore per cosi poche pe­corelle e la fortuna di Ruscio, che per mezzo secolo ha avuto don Sestilio a tempo pieno, non è facilmente ripetibile. Ora abbiamo don Angelo che si divide con Monteleone e Trivio, con notevole sacrificio personale, e cerchiamo di aiutarlo per quanto possibile.
Tornando all’epoca della fondazione della chiesa, dopo il terribile terremoto del 14 gennaio 1703, che distrusse diversi edifici nel territorio di Monteleone ed ad­dirittura ne sconvolse l’ idrografia, deviando le acque sorgive sul versante reatino e trasformando il Corno, da vero fiume permanente, nell’attuale rovinoso torrente di montagna, Ruscio era un modesto villaggio di campagna con 150 abitanti (poco più di quanti ve ne sono ora d’inverno). Una chiesa più antica dipendente da S. Nicola era dedicata a S. Lorenzo e più recente vi era, come tuttora, la chiesa dedicata a   S. Antonio da Padova, soggetta allora ai conven­tuali francescani. Un altro grande terremoto nel 1730 colpì la zona, facendo tra l’altro crollare le pa­ratie alle ferriere del Corno e chiudendole definitivamente. A Ruscio, oltre all’attività agricola, vi era la stazione di dogana per chi varcava con le mercanzie i confini tra lo stato pontificio e il regno borbonico.
 
Venendo all’800, una lapide sulla casa annessa alla chiesa ricorda il passaggio di Giuseppe Garibaldi a Ruscio il 19 gennaio 1849. Un’al­tra lapide, posta sulla facciata il 28 settembre 1919 all’indomani della grande guerra, ne ricorda i caduti.
Nel 1930, il primo ottobre, viene fondata la confraternita di Maria SS. Addolorata (che in un certo senso precorre l’attuale Pro Ru­scio), con il compito tra l’altro di corrispondere alle necessita ed occorrenze della chiesa. La tassa annua era di dodici lire per i resi­denti a Roma e di sei lire per i residenti a Ruscio: nel registro del primo anno ho trovato i nomi di 87 confratelli, praticamente tutti i nostri padri o nonni. In quell’anno la chiesa è stata mat­tonata con le attuali piastrelle, con le offerte dei "ruciari" che fecero una colletta di ben 3790 lire di quelle buone, sufficienti per il lavoro, compresa la pietra tombale in marmo, i santini ricordo ed un avanzo di 780 lire!
Nel 1938 si restaurava la facciata coprendola con le Eternit, che han­no fatto un’ottima riuscita, visto che sono state lì fino ad ora resi­stendo al gelo ed ai terremoti, e si spesero 1208 lire e 60 centesimi.
 
 
 
 
La chiesa, per il desiderio degli abitanti e l’interessamento di don Sestilio, fu proclamata Parrocchia di Ruscio Trivio e Rescia il 18 settembre 1949. Prima della fati­dica proclamazione, il pittore Emilio Mattani, per la spesa di 170 mila lire, dipingeva "a finto marmo con dorature di capitelli, putti, festoni ecc." i tre altari e tutto l’interno della chiesa. Ricordo in quei giorni una forte scossa di ter­remoto, che ci mandò a dormire nelle tende montate dai militari con grande divertimento di noi ragazzi.
 
Prima dei restauri del 1949, le capriate del tetto erano coperte all’interno dalla classica "camorra- na" fatta con canne (e non come le più moder­ne con rete), a so­stenere I’intonaco a volta e su di esso rivedo una scena affrescata della fuga in Egitto con l’asinello ed altre imma­gini, forse non di gran pregio, che probabilmente raffi­guravano i sette dolori della Ma­donna. Purtroppo non ho nessuna testimonianza fotografica, ma solo uno sbiadito ricordo nella mia memoria.
L’anno dopo, il 17 settembre 1950, giorno della festa, si inaugu­rava il campanile con l’orologio e la campana maggiore detta Anto­nina, al solito con le offerte dei fe­deli di Ruscio, Roma ed America.
Nelle foto riportate si vede la chiesa all’epoca della costruzione del campanile, quando cioè io e i miei coetanei eravamo proprio bambini, ed il prato di fronte con il muro a secco che allora, anche se privato, era aperto a tutti (come del resto quasi ovunque a Ruscio dove anche le porte delle case erano con la cordicella per aprirle o la chiave nella toppa!). Lì gioca­vamo, prima e dopo la funzione serale di Don Sestilio, che si an­dava a servire, contendendosi e dividendosi i compiti di tenere l’incensiere o la navicella, portare il vela e, più ambita da tutti, la canna per accendere e spegnere le candele!
 

Mi piace da ultimo pubblicare, sperando che non restino le sole testimonianze, dopo l’attuale re­stauro, le foto dell’altar maggiore con le immagini dei Santi affrescati ai lati, in particolare quella a de­stra con Sant’Emidio protettore dai terremoti che stende una mano sul­la chiesa di Ruscio: mi auguro che la protezione del Santo valga pure per tutta la durata dei lavori!!!