Latte intero, parzialmente o totalmente scremato, ad alta digeribilità, a lunga conservazione, ad alta qualità, anallergico ecc .. Ci possiamo perdere di fronte al megafrigorifero di un qualsiasi supermercato dove è possibile acquistare latte in busta delle più svariate marche e tipologie.
Latte che dopo lunghi processi di lavorazione arriva sulle nostre tavole accontentando tutti i palati e soddisfacendo le varie necessità di alimentazione.
Di fronte a tanta tecnologia mi viene in mente quello che circa quaranta anni fa succedeva a Ruscio. II latte che si trovava era quello puro e semplice delle mucche nostrane. A quel tempo a Ruscio, come a Monteleone, Leonessa ed in tutti i piccoli paesi,vi erano tanti animali domestici e tante erano le stalle ove la sera i contadini rigovernavano i loro animali.
Su una barrozza i coniugi Giuseppe e Orsola Cicchetti
II paese ancora mostrava un’anima contadina e cavalli, muli, mucche ed immensi greggi di pecore percorrevano le strade polverose prima di dirigersi sui prati o sulle montagne circostanti, per non parlare delle galline, dei galli, dei conigli, dei maiali che razzolavano nei recinti o nelle gabbia attrezzate. Le mucche, per la loro mole e per quell’incedere altezzoso e regale, impreziosito dalle corna più o meno lunghe, erano forse l’ animale più bello da guardare ed il loro passaggio destava sempre quel minimo di curiosità e di celato timore. Al tramonto si formavano dei veri e propri ingorghi vicino agli abbeveratoi allora perfettamente funzionanti di Sant’ Antonio, dell’ Addolorata o di quello che oggi non esiste più, vicino alla casa di Guerrino, lungo viale della Grande Italia. Proprio lì c’ era una grande stalla dove la sera veniva allocato un grande gregge di pecore alle quali, con altri bambini, usavamo dare del sale sistemandolo nelle apposite mangiatoie in legno che circondavano il recinto di qullo che oggi è il muretto del giardino.
Ogni tanto dal Casale di Santa Maria arrivava anche la "Barrozza" – quella che ha dato il nome alla nostra rivista -; che, trainata da due grandi buoi bianchi, veniva a riempire le botti di acqua che serviva a coloro che vi abitavano.
In quella dimensione – certamente molto diversa da oggi – i contadini, in serata si accingevano a mungere il latte alle mucche. Era un rito, forse un momento di particolare intimità tra l’uomo e l’animale che offriva loro qualcosa dopo le lunghe giornate passate in solitudine sui pascoli o nei prati intorno al paese. Le stalle erano aperte e si poteva tranquillamente entrare. Alla luce fioca di una lampadina trovavi l’uomo seduto su un semplice sgabello che mungeva, a ritmo e con vigorosa sollecitudine, le mammelle dell’animale dalle quali usciva il latte caldo e cremoso. Se si era in vena qualcuno ti diceva: "Apri la bocca!" e a quel punto la bevuta era diretta: dal produttore al consumatore. Ricordo Mansueto nella stalla sull’aia dei Salamandra, Zio Battista o Giovanni Carassi in quella sotto le scalette di Sant’ Antonio e quella più grande dei Cicchetti, situata all’inizio della strada che conduce alla Fonte dell’ Asola.
Durante le passeggiate pomeridiane, da una piccola finestra posta a1 limite della strada allora polverosa, si sbirciava dentro la stalla e si vedevano le mucche ordinatamente sistemate davanti alla mangiatoria, con il nome scritto sulla piccola lavagnetta e una data misteriosa che indicava il giorno nel quale si sarebbero "fidanzate" con il toro.
Ne ricordo una in modo particolare perché era diversa dalle altre con il suo manto marrone scuro, con un pelo più folto ed il muso più tozzo. Una razza diversa da quelle bianche e nere che circolavano per il paese, forse valdostana, di certo una "straniera". La sera il rito proseguiva con l’acquisto del latte. Le persone, specialmente ragazzini, uscivano dopo cena e sempre con la stessa bottiglia si recavano dai contadini per farla riempire del latte appena munto. Non ricordo se bastavano 50 o 100 lire. Si andava da Ada o da Carolina e con sgommarello ed imbuto la bottiglia di vetro si riempiva i latte.
Da allora tante cose sono cambiate ed il latte in busta della centrale è arrivato anche a Ruscio. Ma di quel nettare bianco serberemo sempre il ricordo, come di tante altre belle cose che il tempo oramai trascorso ha confinato in quel. baule di vecchie cose passate, disperse nel tempo che non torneranno mai più.
P.S. Anche se Ruscio ha oramai perso l’aspetto contadino di un tempo, se di veri contadini ne sono rimasti ben pochi ed oramai l’ agricoltura è vissuta a livello industriale, fa ancora piacere vedere come a tanti rusciari residenti sia rimasto l’amore per gli animali, specie per quelli domestici che un tempo formavano un corpo solo con la famiglia di appartenenza. Pur svolgendo la propria attività lavorativa altrove, in tanti hanno mantenuto l’interesse per quelle "bestie" (come le appellava mia nonna!!) che un tempo rappresentavano il sostentamento della famig1ia.
Oggi penso ai bei cavalli da tiro di Francesco di Battista. agli avellinesi color crema con la criniera bianca di Erasmo e Luciano. Vedo i piccoli greggi di pecore di Battista, di Santino, di Leonardo e di Sante che s’incontrano alla Fonte dell’ Asola. Animali domestici che per ovvie ragioni d’igiene non possono più stare al centro del paese ma che sono tornati a pascolare nei prati che lo circondano. Forse oggi è solo un hobby eppure è sempre una gioia vedere un bel cavallo montato al trotto con il piccolo puledro al seguito che gira per il paese. Posso assicurare che la loro vista non è solo un piacere per i più piccoli ma è anche una gioia per gli occhi dei più grandi!.