LE FERRIERE DI RUSCIO

By proruscio

Nel territorio di Monteleone esistono alcuni giacimenti ferriferi, il piu’ importante dei quali si trova alle pendici del Monte Birbone [vedi Miniera di ferro di Terrargo]: il suo sfruttamento risale al XVII secolo, al tempo del pontificato di Urbano VIII (Matteo Barberini, gia’ vescovo di Spoleto).

L’attività estrattiva e la lavorazione del ferro, avviate per interessamento del Cardinale Fausto Poli di Usigni, hanno avuto per circa un secolo un ruolo rilevante nell’economia del territorio.

Cartolina (Coll. Isidoro Peroni)

Il minerale estratto veniva trasportato con carri ed animali da soma nella ferriera di Ruscio. Le acque del fiume Corno, canalizzate presso il Ponte delle Ferriere, erano utilizzate per il lavaggio e la fusione del ferro. Per il trasporto del materiale ferroso dal Monte Birbone alla Flaminia (verso Roma) viene inaugurata nel 1634 una strada che, attraverso Montefranco, Ferentillo e il Salto del Cieco, unisce l’antica via consolare a Monteleone, Cascia e Norcia. Una stele eretta in prossimità di Strettura, ora distrutta, ricorda tale opera.

In seguito all’attivazione di una ferriera a Scheggino, voluta dal Cardinal Poli per la lavorazione del ferro grezzo di Monte Birbone e di colle Ferraio presso Gavelli, viene ampliata la mulattiera di Val Casana per facilitare il trasporto del materiale ferroso a Scheggino. La storiografia locale riferisce che la cancellata del Pantheon di Roma e’ stata realizzata in questa ferriera.

 

Iscrizione

(Anonimo, Delle miniere di ferro e degli stabilimenti per la manifattura del medesimo nello Stato Pontificio, L’Album XIII, 1846, pag 219, 220) Archivio Pro Ruscio

 

L’importanza che il papa Urbano VIII ha attribuito allo sfruttamento delle risorse minerarie locali e’ attestata da una medaglia commemorativa del 1642.

Medaglia commemorativa di Urbano VIII

(Anonimo, Delle miniere di ferro e degli stabilimenti per la manifattura del medesimo nello Stato Pontificio, L’Album XIII, 1846, pag 219, 220) Archivio Pro Ruscio

 

 Il disastroso terremoto del 1703, che devio’ il corso del fiume Corno, ha causato a Monteleone l’interruzione della prima fase della produzione siderurgica avviata nella prima metà del ‘600. Gli onerosi costi di estrazione e trasporto del ferro, i rovinosi terremoti del 1703 e del 1730 e la funesta pestilenza del 1718 (con 105 morti a Monteleone) hanno contribuito all’inarrestabile declino dell’industria mineraria monteleonese.

Verso la fine del XVIII secolo si prospetta l’ipotesi di una riattivazione dei giacimenti ferriferi del territorio di Monteleone. Nel 1788 il card. Carandini, prefetto della Sacra Congregazione del Buon Governo, promuove un’indagine tecnico-scientifica e conferisce l’incarico progettuale ed esecutivo per il ripristino dell’attività siderurgica a Monteleone a un ingegnere piemontese: questi redige il prospetto di un piano siderurgico a ciclo integrale comprendente un forno fusorio e varie fucine per la produzione di manufatti di ghisa e ferro.

L’insediamento industriale viene localizzato sulla riva destra del Corno, a valle del ponte della ferriera. Nel 1791 si riaprono i cantieri di Ruscio, ove sono presenti molti "stranieri" (tecnici sabaudi, maestranze della Lombardia austriaca, operai "regnicoli"). Nel 1789, durante il breve regime repubblicano instaurato dalle truppe francesi, Scipione Breislak, Ispettore dei lavori mineralogici" della Repubblica Romana, presenta al governo di Roma una relazione geologica e tecnico-finanziaria sui giacimenti ferriferi del territorio di Monteleone e sul forno fusorio di Ruscio.

 

Grafico dell’impianto di ventilazione ad acqua della fornace (arch. Pro Ruscio)

 

Nel 1800 l’insigne ingegnere e architetto spoletino Pietro Ferrari redige un’interessante memoria documentata sulle miniere di Monteleone, sulla ferriera di Scheggino e sulla nascente metallurgia ternana.

Nel 1812, nel periodo napoleonico (Spoleto diviene capoluogo del dipartimento del Trasimeno annesso all’impero francese), un altro insigne spoletino, Pietro Fontana, incaricato di esplorare il territorio di Monteleone nell’intento di riattivare l’industria del ferro, scopre un giacimento lignitifero presso il torrente Vorga, affluente del Corno. Questa miniera di lignite viene sfruttata dall’industria siderurgica ternana per brevi periodi, in particolare durante le due guerre mondiali. Nel 1918 la "Societa’ Anonima miniere lignitifere di Ruscio" costruisce una teleferica per il trasporto della lignite a Ferentillo: da qui il trasporto veniva effettuato su rotaia.

L’industria mineraria di Monteleone fa parte ormai della sua storia economica. La ferriera di Ruscio, inattiva da circa due secoli, e’ diventata un sito di archeologia industriale.

Tratto da: Ubaldo Santi, Le miniere di Monteleone, Spoleto ’90 n° 2, 30 giugno 2000


Per saperne di piu’:

Mauro Cavallini, L’impresa di Monte Leone, 1999 edito  cura della Associazione Archeoambiente di Monteleone (in vendita presso la sede dell’Associazione)

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