Ma quale calabrese o spoletino?! Nuovi dati storico-biografici sull’argentiere Filippo Galassi da Mo

By Vittorio Ottaviani

L’importanza di conoscere la storia dei toponimi locali e i luoghi interessati dell’indagine storica che si sta conducendo è inscindibile da essa. La non conoscenza degli stessi può traviare anche la migliore ricerca del più apprezzato studioso.

È il caso accaduto ad Angelo Lipinsky, (Roma, 26.04.1904 – Morlupo, 31.03.1986), noto storico dell’arte, esperto conoscitore delle antiche tecniche orafe, figlio di Sigmund, pittore freschista e incisore berlinese di origine ebraica, e di Elenita Kümpel.

 

 GALASSI FILIPPO, Montecassino (FR), Museo dell’Abbazia, acquasantiera, 1734.


Le prime notizie biografiche sull’argentiere Filippo Galassi di Monteleone di Spoleto si devono infatti alla importante scoperta fatta proprio da Lipinski su alcuni documenti di pagamento scoperti in Vaticano, relativi a un “Filippo Galassi, figlio di Angelo, da Monte Leone”. Purtroppo, con una certa leggerezza, lo studioso propose senza indugio di riconoscere la patria natale del Galassi in Monteleone Calabro, oggi Vibo Valentia. Così la falsa notizia, perpetuata sino ad oggi per un reiterato copia-incolla, è stata accolta da tanti altri studiosi locali, che senza alcuna verifica hanno sostenuto l’origine calabrese del nostro artista. Scriveva a tal proposito:

“Nell’attesa che qualcuno in Calabria voglia segnare il «via» ad una sistematica campagna di ricerche d’archivio, è stata una gradita sorpresa, per me ritrovare notizie relative ad un orefice ed argentiere calabrese, attivo a Roma agli inizi del Settecento. Nei registri dell’«Università e Nobil Collegio delli Orefici et argentieri dell’Alma Città di Roma», ho avuto la ventura di trovare registrato Filippo Galassi, figlio di Angelo, da Monte Leone. Questo Filippo Galassi deve essere stato persona di qualche capacità organizzativa, se lo troviamo eletto ripetute volte alla dignità di Quarto Console e precisamente negli anni 1735/6, 1738/9 e 1739/40. Se non che all’ultima elezione preferì rinunziare alla carica. 

La sua permanenza a Roma, o meglio: la sua presenza alle riunioni della corporazione, è documentata dal 1720 al 1750. Aggiungo, per meglio spiegare gli anni della carica, che l’anno delli orefici ed argentieri a Roma s’iniziava con la festa del Celeste Patrono Sant’Eligio, al quale è consacrata la graziosa chiesa raffaellesca del Santo, sita in una traversa omonima di Via Giulia, e presso la quale si custodisce il preziosissimo archivio, che documenta l’attività degli orafi ed argentieri romani dal 1509 fino al 1873. (…) Facendo lo spoglio sistematico di un fondo d’archivio completamente inesplorato ed inedito, conservato nell’Archivio Segreto vaticano sotto il nome «Libro del Tesoriere- Giustificazioni» ed abbracciante un periodo artisticamente quanto pochi altri interessante e ricco, e cioè dal 1668 al 1798, ho potuto trovare un conto originale di Filippo Galassi (volume 28). Il giorno 14 Dicembre 1729 egli presentò un conto per l’allora veramente ragguardevole somma di scudi 280 (pari a gr. 8.890 – al titolo di 910/1000), nel quale figurano tre sole voci, ma tutte e tre di sommo interesse: 1) Un’immagine in argento, in lastra tirata a bassorilievo, raffigurante la Vergine con il Bambino, racchiusa entro una cornice di metallo dorato, centinata, con applicazioni di argento e di lapislazzuli ed altre pietre dure. In basso era fissata una piletta per l’acquasanta. Una nota marginale di altra mano aggiunge, come di questo cimelio poco dopo se ne era fatto dono «per la Duchessa di Gravina». 2) Una tazza di agata, montata in argento dorato, con guarnizione tutta gioiellata. 3) Una guantiera, anche questa in agata, con il piede e la guarnizione tutta in argento lavorato a filograna”.


 GALASSI FILIPPO punzone personale con emblema con leone rampante su tre monti e punzone camerale.

 

Sulla scia aperta da Lipinsky, la pretesa origine vibonese dell’argentiere è stata ripresa da Gustavo Valente nel 1980 e poi ancora da Fulvio Mazza nel 1995 e attestata nella mostra tenutasi a Cosenza (Palazzo Arnone, dicembre 2006 – aprile 2007), intitolata “Argenti di Calabria. Testimonianze meridionali dal XV al XIX secolo” e promossa dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico della Calabria. Ancora nel 2016 Antonio Tripodi, deputato di Storia Patria per la Calabria, descrive il Galassi come “orafo ed argentiere, nativo della città di Monteleone (ndr., di Calabria)”.

Studi più recenti hanno rivisto, pur con una certa indecisione, il luogo originario della nascita. Il Catalogo generale dei Beni Culturali posto sul web attribuisce al nostro artista una generica origine umbra, definendolo “Spoletino”. Altalenanti sono le indicazioni geografiche apparse nelle schede del catalogo diffuso nel 2016 per conto della SBSAE del Lazio, intitolato “Sculture Preziose: Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo”, dove Filippo Galassi appare ora nato a Spoleto ora a Monteleone di Spoleto.

Inesatte fino ad oggi sono non soltanto le notizie sulla patria d’origine, ma anche la data e il luogo di morte, comunemente indicato come Roma, in base a una nota d’archivio datata al 22 aprile 1757 e legata alla spesa per una messa in suo suffragio.

In realtà, come ho potuto appurare dai registri parrocchiali di Monteleone di Spoleto, grazie all’importante e insostituibile apporto dato dall’amico Marco Perelli, Galassi muore in Umbria nel paese natio, all’età indicativa di 73 anni, il 24 gennaio del 1757, e il suo corpo è sepolto nella chiesa parrocchiale di San Nicola.

 GALASSI FILIPPO, Conversa-no (BA), polo museale chie-sa e convento di San Bene-detto, calice, 1725.

 

Ecco di seguito una breve ricostruzione biografica del maestro argentiere, le cui lacune spero possano essere prima o poi colmate con lo spoglio e studio metodico dei protocolli notarili conservati a Cascia.

Filippo Galassi (Monteleone di Spoleto, 1685 c.a. – ivi, 24.01.1757), figlio di Angelo e nipote di Gaudenzio, per la precoce attitudine artistica viene inviato a Roma, dove riede stabilmente una discreta colonia di paesani, composta da avvocati, uomini di curia, artigiani ma anche orafi e argentieri (come Angelo Cervosi), affinché impari il mestiere. Scrive Mauro Zelli: “Nel 1700 lo troviamo garzone dal Colleoni, e nel 1720 aprì una bottega all’insegna del «Giglio»; divenuto nel 1729 orefice dei Sacri Palazzi Apostolici, ottenne ben presto celebrità e ricchezza tanto che, nel 1749, si ritirò dalla professione per curare personalmente i propri interessi”. 

Poco più che trentenne il 29 dicembre del 1720 Filippo ottiene la patente di maestro e l’abilitazione a lavorare in proprio; dall’anno successivo subentra nella bottega già diretta dai Laurenti e da Giuseppe David. Per le squisite e riconosciute doti diventa subito Orafo personale del pontefice Clemente XI. La sua attività a Roma è documentata dagli atti d’archivio della “Università e Nobil Collegio degli Orefici et Argentieri dell’Alma Città di Roma”, e copre un arco di tempo compreso fra il 1720 e il 1750. All’interno della corporazione riveste diversi incarichi: fu eletto nell’importante carica di “Quarto Console” negli anni 1735-1736, 1738 – 1739 e 1739 – 1740, mentre nel 1740 ricopre la carica di consigliere e “imbussolatore”.

 GALASSI FILIPPO (attribuito), acquasantiera, circa 1750, asta 2020, Concha Barios Gallery, Madrid.

Nel corso della sua ultradecennale produzione realizza splendide opere di apparato liturgico, fra cui patere, reliquiari, acquasantiere, ostensori e calici, come quello custodito nella Pinacoteca di Sant’Elpidio a Mare (FM), datato agli anni ’20 del XVIII secolo. Un esemplare simile è invece nel Polo Museale, chiesa e monastero di San Benedetto a Conversano (BA), forse acquistato a Roma in occasione del Giubileo del 1725. Un calice in argento e argento dorato è visibile nel Museo Capitolare Diocesano di Foligno (PG). 

Un’acquasantiera oggi nel Museo dell’Abbazia di Montecassino (FR) è esposta con la semplice e anonima didascalia “ ACQUASANTIERA argento rame dorato Roma, 1734”. 

Un reliquiario datato agli anni 1734-1742 è invece a Roncoferraro (MN) e un altro nel Santuario di Nossa Senhora da Conceiçāo di Vila Viçosa (Portogallo). 

È anche autore di una bella stauroteca con angeli conservata nella chiesa di santa Maria Assunta di Filettino (FR), opera degli anni 1742 – 1743. Un’altra acquasantiera è invece a Lisbona, nel Museo Nazionale di Arte antica (inv. 887), e un altro esemplare, sempre attribuito al nostro magister è stato posto in vendita negli ultimi anni dalla galleria d’arte Concha Barios di Madrid. Nel museo diocesano di Ancona è un magnifico calice commissionato da papa Benedetto XIV ed eseguito dopo il 1740. Nella diocesi di Firenze è invece un calice in argento fuso e sbalzato e in quella di Prato, un altro calice con cartella festoni e cherubini, ma di questi non ho purtroppo ulteriori indicazioni. A Monteleone di Spoleto non potevano certo mancare sue opere, che sono state purtroppo oggetto di furto. Si ha nota di un ostensorio con piede triangolare e simboli della passione, recante inciso il nome del committente locale Giuseppe Salvatori e l’anno 1736. Nonché di un calice d’argento con piede mistilineo, sbalzato con stemma della famiglia Salvatori (un albero su tre monti e sotto quattro stelle) e lettere abbreviate P. M.F.A.S., di una pisside con decorazioni floreali datata intorno al 1740; di due appliches in argento sbalzato con la sigla S.A.M. G.V.M. e infine di un cartagloria sempre in argento con stemma del committente don Bernardino Bianchi. Sono opere citate da don Ansano Fabbi e dal parroco don Angelo Corona ma non se ne conosce purtroppo la fine e l’attuale collocazione, né si ha notizia di eventuali recuperi effettuati da parte delle forze dell’ordine.

Quasi tutta la sua produzione è contraddistinta e “firmata” con un punzone personale (n. 542) conosciuto in due varianti, raffigurante un leone rampante su tre monti; forse una reminiscenza dell’emblema comunale della terra patria. Il primo è ascrivibile agli anni 1720 – 1734, il secondo agli anni della maturità e copre il periodo che va dal 1735 al 1749.

* Desidero ringraziare lo studioso Giovanni Quaranta di Anoia (RC) per avermi segnalato alcuni testi bibliografici locali.

Bibliografia specifica su Filippo Galassi:

Nuovo Statuto del Nobil Collegio degl’Orefici ed Argentieri di Roma, Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, Roma, 1740, p. 45.

Lipinski A., Curiosità storiche: Filippo Galassi di Monteleone Calabro, argentiere al servizio del Sacro Palazzo Apostolico, in «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania», a. XVIII, fasc. III – IV, Arti Grafiche A. Cricca, Tivoli, 1949, pp. 191-193.

Cagianelli G., Fornari S., Il romanzo dell’argento romano, le spade dei Re: solamente un ricordo, parte seconda, in «Capitolium, rivista mensile della città di Roma», a. XL, n. 2, febbraio 1965, p. 95.

Zelli M., Orefici e argentieri Leonessani in Roma nei sec. XVII e XVIII, in «Leonessa e il suo Santo, bimestrale di vita Leonessana», a. III, n. 12, marzo – aprile 1966, pp. 13-14.

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