Soldato Benedetto Marchegiani
Soldato nel 52° btg. Fanteria “Alpi” – reggimento Cacciatori delle Alpi
Caduto in combattimento a Chiaf e Bubesit (Grecia) il 13/02/1941
Figlio di Mariano e Agata Vannozzi, Benedetto Marchegiani nacque a Monteleone di Spoleto il 10 marzo 1913. Alto 1,65, di professione bracciante, sapeva leggere e scrivere avendo frequentato fino alla 3^ elementare.
Chiamato alle armi il 19 dicembre 1933 ed assegnato alla ferma minore (durata solo 6 mesi) nel 26^ reggimento Fanteria Bergamo di stanza in Spoleto, viene messo in congedo illimitato il 27 agosto 1934.
Dopo un anno viene richiamato e parte dal porto di Napoli il 29 settembre 1935 per la Libia, da dove rientra il 6 novembre per essere trasferito in Eritrea il 4 dicembre dello stesso anno.
In terra africana è inquadrato nel XIII Btg complementi speciali. Il 13 dicembre 1935 sbarca a Massaia e dopo due anni di permanenza rientra in patria il 9 maggio 1937 dove viene messo in congedo illimitato ricevendo il premio di mobilitazione pari a Lit. 450.
Viene richiamato alle armi in data 5 maggio 1939 presso il reggimento di Fanteria Alpi in Spoleto e mandato in licenza straordinaria illimitata il 30 marzo dell’anno 1940.
Gavetta e mostrine
Ma la storia militare di Benedetto non si esaurisce: richiamato nuovamente alle armi il 16 novembre 1940 (ai sensi della circolare 27700 per le classi di nascita 1913 – 1914 – 1915), viene inquadrato nel 32^ reggimento Fanteria “ALPI” e come tale parte il 14 gennaio 1941 dal porto di Brindisi per l’Albania sul piroscafo “Trapani” che sbarca al porto di Durazzo il 15 gennaio.
Dal diario del reggimento: “Nel gennaio 1941 i Cacciatori dopo lunghe marce effettuate in condizioni di tempo terribili per il freddo e la pioggia insistente, si schierarono dove la lotta era più aspra, nei pressi di Murit. In 6 ore di aspri combattimenti, furono feriti il Colonnello Comandante e molti altri ufficiali, mentre i Cacciatori si impegnarono fino all’estremo delle loro forze. Poi, fino al mese di marzo, il 52° rimase sistemato a caposaldo sulla aspra altura di Ciafa e Bubesit; scavò appostamenti, trincee, camminamenti lunghi e profondi sotto l’inclemenza del tempo e l’offesa esasperante dei mortai greci. Dopo questo periodo di guerra di trincea, finalmente mutò l’equilibrio delle forze e le nostre truppe passarono all’offensiva. Durante due giornate di duri combattimenti, i Cacciatori riuscirono a portarsi fin sotto le posizioni più elevate travolgendo la resistenza greca. Premuti e minacciati di aggiramento, i greci durante la notte ripiegarono precipitosamente, cosicché il 15 aprile i Cacciatori raggiunsero le alture di Vinon inseguendo il nemico in fuga.”
Materiale farmaceutico in dotazione
Il 13 febbraio 1941 muore in combattimento in zona di operazioni a Chiaf Bubesit (Albania) come da atto di morte inscritto al n. 4 del registro degli atti di morte del 52^ Reggimento Fanteria “ALPI”: aveva 28 anni.
E’ questa la breve ma intensa vita militare di Benedetto Marchigiani che a soli 28 anni morì in terra straniera.
Una storia come tante: a distanza di tempo, nessuno può raccontarci dal vivo esattamente cosa accadde, come fu la sua vita militare ed il triste epilogo. Della sua famiglia non è rimasto nessuno: Benedetto era l’unico discendente maschio: Agata, la madre e sorella di mio nonno Pietro Paolo morì a 96 anni, tanto tempo dopo suo figlio e Maria pochi anni fa ci ha lasciato. Oggi il racconto di quella storia e la vicenda più propriamente umana possiamo ricostruirla e riviverla solo grazie alla documentazione reperita presso gli Enti militari ed alle numerose lettere e fotografie che Benedetto mandò ai suoi genitori, gelosamente custodite da Maria negli anni.
Souvenir dalla guerra d’Africa
Da quelle lettere – che si riferiscono al secondo periodo della vita militare del nostro, dal richiamo alle armi del 1939 fino alla partenza per l’Albania del 1941 – ricostruiamo il pensiero di un giovane strappato alla propria terra, coinvolto nel secondo conflitto mondiale quando le nazioni della triplice intesa erano in netta supremazia su tutti i fronti, e l’Italia fascista, impegnata accanto alla Germania nazista, cercava i propri spazi espansionistici nei balcani, in Africa, impegnando la patria in uno sforzo bellico e di vite umane che solo successivamente si rivelò inutile.
Da quelle lettere traspare l’ansia, il desiderio di ritrovare qualche ora di serenità nel proprio paese tra i propri familiari, la possibilità e l’angoscia sempre presente di dover partire per uno dei tanti fronti di conquista e contemporaneamente la necessità di tranquillizzare i propri cari con parole di speranza.
Nella missiva del 7 settembre del 1939 scrive al propri genitori “carissimi genitori, dopo qualche giorno che mi trovo qui a Spoleto vi scrivo queste due righe facendovi sapere che sono medesime in quanto ad essere riconosciuto non sene parla ci sono storpi che li fanno abili, certo io non avrei mai creduto di trovarmi in queste condizioni ogni cosa che fo mi riesce male, sono stato da Girolamo mi ha detto che voleva fare una scappata io mi trovo alla caserma Garibaldi proprio di fronte alla stazione dove ferma il trenino ma non so per quanto tempo si sta qui vorrei provare a prendere una licenza ma sembra tanto difficile non mi resta che darvi tanti saluti a Maria a voi tanti saluti e baci, figlio Benedetto”.
Successivamente il 30 settembre 1939 scriveva: “Cari genitori, dopo qualche giorno rispondo alla vostra lettera che mi avete mandato da Tullio e che vi ho detto che mi era usciti dei pedicelli ma adesso mi sono spariti vi avevo detto che venivo per la festa e poi non so potuto venire il permesso non me l’anno dato per domani sarei potuto venire ma siccome ma a scritto zio che sono venuti i carabinieri a casa anno portato le chiamate per la visita collegiale e anno detto che mandavano la chiamata al reggimento, così sto qui da un momento all’altro mi possono chiamare. Non mi resta che dirvi tanti saluti a tutti a Maria a voi tanti saluti e baci figlio Benedetto”.
Il 16 novembre 1940 viene richiamato alle armi ai sensi della circolare 27700 (ndr, richiamate le classi 1913, 1914, 1915). Questa volta non sarà per un breve periodo: sa che sarà destinato ad un fronte di battaglia: “…..godo sentirvi dire che godete di ottima salute io mi sento discretamente comprendo tutto cio che mi dite nella lettera ma come vi ho detto che o passata più volte visita medica ma mi anno detto che devo fare servizio quindi e inutile a insistere cammino fino che posso camminare e quando non ne posso più mi fermo speriamo che tutto finisca presto: intanto state tranquilli che io sono contento i compagni di tanti che ne ho conosciuti non ce ne nessuno ma con questi che sto insieme sono anche di Spoleto e dintorni ce Rino e due del Trivio ma non ci vediamo mai perché Rino sta alla batteria e quelli del Trivio stanno ad altre compagnie d’altri battaglioni ….” (Spoleto 3 gennaio 1941).
Dalle lettere ai genitori il racconto della quotidianità nella propri caserma, forse narrato per attenuare l’ansia dei genitori cari: “….giovedì ci anno fatto la puntura così tra il riposo che ci anno dato e le due feste che si sono incontrate abbiamo avuto parecchi giorni di riposo ci anno dato la befana un bel regalo sigarette caramelle torrone una boccetta di liquore ad altri dolci …..
Remigio è andato a Siena Giovanni non se a già scritto e andato a Piacenza e un posto discreto così la madre sarà tranquilla io non lo visto perché quel giorno non so potuto uscire perche avevo il riposo con la puntura. Non mi resta che darvi tanti saluti a tutti a Maria a voi saluti e baci figlio Benedetto” (Spoleto 6 gennaio 1941).
Libretto di tiro del fante Marchegiani Benedetto
Di li a poco sarebbe partito per l’altra sponda del Mar Adriatico dalla quale non sarebbe più tornato. Non sappiamo come la comunità di Ruscio apprese la notizia. Trascriviamo questo sentito biglietto di condoglianze scritto da Orsola Peroni “Cara Agata ho appreso la triste notizia mi associo al grande dolore, non ci sono parole di conforto adatte ad una madre che perde un caro figlio, ma contemplando la nostra cara Madre Addolorata, nei suoi dolori, vi darà con la preghiera coraggio e rassegnazione e suffragi all’anima del nostro caro Benedetto, che dal Cielo vedrà la sua famiglia pregherà per voi tutti. A nome della mia famiglia sentite condoglianze” Ruscio 26 aprile 1941/XIX.
La rassegnazione di fronte al susseguirsi di eventi ingovernabili, la grande e sentita fede che da sempre ha accompagnato i nostri avi, la speranza nel volto della Vergine Addolorata.
Oggi a conclusione di questo breve ricordo non possiamo che onorare quel sacrificio, il profondo senso di dovere che accompagnò la sua lunga vita militare e la sua morte. Oggi sarebbe stato un nostro compaesano, avrebbe vissuto e costruito la sua vita, avrebbe avuto la sua famiglia: tutto ciò non è stato: nessuno non potè far nulla, nessuno potè cambiare il corso degli eventi! Ma di fronte a tanta rassegnazione per ciò che accadde ieri non può e non deve corrispondere altrettanta rassegnazione per ciò che potrebbe accadere oggi o nel prossimo futuro. Storie come quella di Benedetto non dovranno essere mai più scritte perché la ragione e la vita abbia sempre la meglio sulla follia irrazionale ed omicida della guerra.
Pierpaolo Vannozzi
Aggiornamento del 9/6/2018
La salma di Benedetto, dopo sommaria sepoltura in un cimitero di guerra, venne esumata e portata in Patria, sepolta nel Sacrario Militare dei "Caduti d’Oltremare" di Bari.
Il suo corpo, pero’, non fu identificato. Oggi riposa dietro questa lapide insieme a 16.000 commilitoni Caduti in terra di Grecia e Albania.
A imperitura memoria del suo sacrificio resta il suo nome inciso sulle pagine di bronzo del libro dell’Onore.