La lunga consuetudine nei rapporti con le persone piu’ familiari, indebolisce, in noi, la capacita’ di penetrare in profondita’ nella storia personale di coloro che incontriamo tutti i giorni e che, invece, dovremmo conoscere piu’ intimamente.
Allora, ogni tanto, nell’usuale scorrere della vita e’ necessario fermarsi in disparte, per tentare, in una sorta di distaccata osservazione “scientifica”, di ri-scoprire le peculiarita’ di chi ci vive intorno, alla ricerca dell’unicita’ della sua esistenza, “cifra” che deriva dalle esperienze “sedimentatesi” nel corso degli anni.
E, allora, come e’ usuale in questa rubrica, se possibile in poche righe, cercheremo di ri-scoprire la storia di un uomo semplice e discreto, che potremo definire in un’epoca di prorompente imprenditorialita’, di certo successo, che, pur non volendo apparire mai protagonista degli eventi, grandi e piccoli che siano, ne e’ stato vivo e acuto testimone.
Parliamo di Luigi Marchetti, meglio conosciuto come “Gigetto”, primo titolare dell’omonimo ristorante – trattoria – bar – ritrovo sulla strada statale Leonessa – Cascia, al quale auguriamo, nel ricorrere della sua novantesima estate, altrettanti sereni anni ancora.
Gigetto nasce a Ruscio il 4 maggio 1915, da Alfonso e Giuseppina Giovannetti, dei casali di Nempe.
Alfonso, il padre, lavorava come pecoraio durante il periodo della transumanza, mentre in inverno “era a garzone” a Roma. Famiglia numerosa: Nicola, il maggiore, Cristina, Silvia, il nostro Gigetto e Vito, il piu’ piccolo.
Trascorre a Ruscio il periodo della infanzia, frequentando la scuola elementare e aiutando il padre nel lavoro di pecoraio, quando a tredici anni, viene richiamato da Nicola, a Roma, dapprima, per aiutare la sorella Cristina a condurre il negozio di legna e carbone, in Via Santa Cecilia, di proprieta’ di Paolo Peroni, e, in seguito, nel 1934, per aprire una analoga attivita’, finalmente in proprio, in Prati, in Via Lucrezio Caro.
Nicola, invece aveva una bottega, sempre di legna e carbone, in Piazza in Piscinula: “di Nicola ricordo la mania di scrivere in tutti gli spazi bianchi, i margini, del giornale quotidiano: tra un avventore e l’altro tentava rime ed endecasillabi, per celebrare momenti e personaggi del suo Ruscio lontano”.
Il 31 maggio 1938, Gigetto viene richiamato al distretto militare di Spoleto, vi giunge insieme con un compaesano, Pietro Di Cesare. Si ritrovano nella stessa fila, l’uno davanti all’altro, impazienti di conoscere la propria destinazione. Sperano che, trovandosi vicini, la destinazione sia la medesima. Infatti. Pietro viene destinato al 3° reggimento artiglieria da fortezza, di stanza sulle Alpi, Gigetto, al 3° reggimento fanteria, dislocato in Sicilia.
Misteri della burocrazia militare!
Ed ecco che la semplice storia del Nostro, si inserisce nella tragica Storia dell’umanita’ intera.
(…) Terminata la conquista dell’Africa settentrionale dopo la vittoria di El-Alamein e la resa dell’armata italo-tedesca in Tunisia (13 maggio 1943), nell’estate gli Alleati prepararono l’invasione dell’Italia. Lo sbarco in Sicilia iniziò il 10 luglio del 1943, sotto le direttive del generale Dwight Eisenhower: la VII Armata americana (al comando del generale Clark) sbarcò a Gela e a Licata, l’VIII Armata inglese (al comando del generale Montgomery) a Pachino e ad Avola (…)
Fino allo sbarco dell’estate del 1943, Gigetto presta servizio nell’isola siciliana: Catania, Caltagirone, Taormina. Unica licenza concessa: un breve rientro a casa per la morte della cara mamma, nel 1941. La notizia dell’avvenuto sbarco lo raggiunge mentre si trova nei pressi di Taormina. Le forze angloamericane, che in altre parti dell’isola avevano trovato una certa resistenza organizzata, raggiungono la sua Compagnia che, senza poter far fronte alla preponderante forza alleata, si arrende.
Vengono cosi’ trasferiti in treno a Siracusa in un campo di concentramento che raccoglieva gli italiani e tedeschi caduti prigionieri. Per tutto il 1943 lavora in un enorme deposito di carburante, che, insieme ad ingenti quantita’ di materiale bellico, continuava ad essere sbarcato in Sicilia.
(…) Dopo poche settimane dalla conquista della Sicilia, a Cassibile, in provincia di Siracusa, il 3 settembre 1943 alla presenza del comandante delle forze alleate Eisenhower. fu firmato l’Armistizio, di cui fu data notizia il tristemente famoso 8 settembre successivo (…)
Verso la fine del 1943, viene imbarcato alla volta di Napoli, appena liberata, per poi raggiungere, via mare, in un lungo e pericoloso viaggio, sempre a rischio di siluramento da parte dei temibili U-boot tedeschi, Glasgow. Raggiunta addirittura la Scozia, il viaggio continuo’, su un treno piombato, fino alla cittadina di Didcot, a pochi chilometri da Oxford. Ben altra sorte seguiranno i suoi connazionali che, abbandonati dagli Stati Maggiori, senza ordini ne’ direttive, invece, saranno catturati dai tedeschi, che, con l’operazione Alarico, deporteranno quasi 700.000 militari italiani in Germania.
In prigionia in Gran Bretagna, sceglie di collaborare con gli alleati e, lavorera’ presso un grande ed importante centro di smistamento di armamenti e materiali. Ormai, veste la divisa della fanteria inglese e si guadagna la possibilita’ di frequentare in libera uscita la piccola cittadina. Racconta di lunghe passeggiate nell’unica strada del paese inglese, e di qualche serata al cinema… “ma io l’inglese non l’ho mai imparato” dice, con un certo orgoglio, di chi e’ sempre riuscito a capire e, soprattutto a farsi sempre capire.
I rapporti con la famiglia erano sostenuti da una tenue e labile corrispondenza: qualche cartolina, pesantemente tagliata dalla censura militare, che serviva soltanto, e in quei frangenti non era certo poco, per far sapere di essere ancora in vita.
Lasciata l’Italia nel 1943, vi ritorna, con parte della propria Compagnia, nel marzo del 1946.
Un viaggio di cinque giorni, da Liverpool a Napoli, e poi, di la’ in treno fino a Roma, dove giunge alle dieci di sera. Una volta alla stazione Termini evita di essere inviato al campo di smistamento di Cinecitta’ (gia’ campo di prigionia tedesco per molti rusciani), e prende la “circolare”, guardato, questo strano soldato inglese, con una certa sorpresa da un gruppo di prigionieri con sulla divisa il disco rosso dei prigionieri di guerra.
Come fare a ripresentarsi alla casa del fratello Nicola a Prati? Semplice: come aveva sempre annunciato il suo rientro dalla bottega, ormai quasi otto anni prima: con il classico fischio da carbonaro! E il piccolo Omero, subito lo riconobbe: “Papa’, e’ tornato zio Gigetto!”
E qui, Gigetto, che per tutto il suo racconto ha mostrato un distacco…”alla inglese”, concede un attimo alla commozione: “Quella sera… quanto erano lunghi cinque piani di scale…”
Nel 1947 si sposa con Paolina Gervasoni la figlia del molinaro, che gestiva il mulino nello stabile lungo la strada romana, confinante con l’osteria della sorella del padre Alfonso, Caterina. Nello stesso anno, nasce Pietro. Che non e’ necessario presentare a nessuno.
Cerca una bottega di carbone a Ladispoli, poi lavora a Roma, fino a che viene chiamato di nuovo a Ruscio, a rilevare l’attivita’ della zia Caterina.
la prima attivita’ di Gigetto (1961)
(arch. Perleonardi)
L’attivita’ consisteva nella mescita di vino e birra, non c’era la “cucina”. In quegli anni a Ruscio c’erano altre due osteria: quella dei Belli a Ruscio di sopra, e quella di Luigi “Luigione” Agabiti vicino all’Addolorata, di cui avete letto in numeri passati de “La Barrozza”.
E poi, la spinta ad ingrandirsi; la strada statale porta un cospicuo movimento di persone e allora Gigetto ha l’intuizione di aprire un ristorante, cosa che avviene nel 1962, al quale si affianca, nel 1979, una nuova attivita’ di macelleria, condotta per molti anni dal figlio Pietro.
Pochi anni dopo la figlia Pina intraprende la propria attivita’ di Alimentari.
Sono certo che, la prossima volta che vi recherete al bar o al ristorante, oggi condotti da Pietro, coadiuvato dalla moglie Palmira e dai figli Rita e Luigi, vi intratterrete volentieri con Gigetto, seduto, a godersi l’aria di Ruscio, sulla panchina fuori dal locale da lui creato.
Ora conosciamo un po’ di piu’, ma non certo tutto, di Gigetto, che vi salutera’ con un cenno della mano, con il sorriso cordiale ma distaccato di chi tante cose ha vissuto.