Oggi 15 settembre, giorno dedicato alla Madonna Addolorata, patrona di Ruscio, e’ deceduto Domenico Antonio Agabiti.
Il Presidente Vittorio Ottaviani, i Consiglieri e i soci tutti della Associazione Pro Ruscio si stringono con affetto alla moglie Giulia, ai figli Maria, Fiorella, Fabio ed Enzo, a nuore e generi e ai nipoti.
Le esequie si terranno nella Chiesa di Santa Maria del Piano, in Ruscio, domani, 16 settembre alle ore 10,00.
Ricordiamo la figura di Domenico Antonio che , nel 2007, con entusiasmo, condivise i propri ricordi di gioventu’, quando per un periodo lavoro’ presso la miniere di lignite di Ruscio, con i ragazzi del Servizio Civile Nazionale che proprio della Miniera stavano riscrivendo la storia:
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Iniziamo ora con una serie di testimonianze dirette, di racconti di persone che hanno attivamente prestato servizio alle miniere. Il primo caso è quello del signor Agabiti Domenico Antonio (foto sotto).
Il signor Agabiti Domenico Antonio
D: Quando ha iniziato a lavorare nelle miniere di Ruscio?
R: La mia esperienza nella miniera di lignite è cominciata nel 1936, quando ero ancora minorenne. È doveroso precisare che i minorenni potevano entrare a far parte delle squadre di lavoro solo come volontari. Infatti non vigeva alcuna costrizione, né verso quest’ultimi, né tanto meno verso i maggiorenni; anzi la miniera rappresentava un’opportunità per tutti, anche per i prigionieri detenuti nel campo di prigionia adiacente le miniere. Se essi sceglievano di lavorare, potevano beneficiare di concessioni particolari, come la doppia razione di cibo e/o buoni da 1 lira e da ½ lira.
Generalmente, fra i deportati, gli Slavi ed i Montenegrini erano i più attivi nelle miniere, a differenza dei deportati di origine Africana, che difficilmente sceglievano di lavorare in miniera, preferendo spendere parte del loro tempo cantando.
D: Qual’era l’età media dei lavoratori?
R: La fascia di età dei lavoratori partiva dai 16 anni fino ai 50 anni circa.
D: E lei quanti anni aveva?
R: Avevo 17 anni.
D: Si ricorda quante erano le miniere e dove si trovavano?
R: Le miniere erano cinque ( Scoppacamere, loc. Camponero, le Talpe, Babillone e la Nona ), anche se il banco lignifero era il medesimo, e si trovavano lungo l’altopiano che si distende da Ruscio a Leonessa, attraversando il fiume volga.
D: Lavorava in una miniera in particolare o veniva trasferito da un posto all’altro secondo l’esigenza del lavoro?
R: Lavoravo in una miniera denominata “Le Talpe”, svolgendo una mansione specifica.
D: E qual’era questa mansione?
R: La mia mansione era quella di manovratore: gestivo il traffico dei carrelli in entrata ed in uscita. A volte preferivo estrarre 10 carrelli di lignite, alternativa spesso scelta dai minatori per ovviare alle effettive 8 ore di lavoro.
D: Come e dove veniva trasportato il minerale? E chi se ne occupava?
R: Il materiale estratto veniva trasferito all’esterno della miniera per mezzo di carrelli opportunamente collegati, con una catena metallica, ad un argano a motore elettrico. Dopodichè il carrello veniva spinto sino una base sopraelevata rispetto al piano in cui transitavano i vagoni del vaporetto. Da qui il carrello veniva ribaltato scaricando il proprio contenuto di lignite nel vagone o in un camion. La lignite arrivava poi a Ferentillo (TR), dove infine partiva per Terni.
D: A Quanto ammontava la vostra paga?
R: La paga era di 600 lire l’ora , quindi pari ad 4800 lire al giorno. Tale retribuzione veniva presa anche da chi preferiva lavorare a “cottimo” (estraendo un minimo di dieci carrelli di lignite), svincolandosi dalle otto ore previste.
D: In caso di malattia o di altri gravi problemi, quali trattamenti vi erano riservati?
R: La miniera era dotata di un Dottore, che prontamente interveniva sugli infortunati. Per gli infortuni più gravi l’interessato aveva diritto ad una pensione d’invalidità. Diversi minatori s’infortunarono nella miniera, tra cui ricordo Salvatori Armando (incidente avvenuto nel 1946 come si evince dal necrologio piu’ sotto pubblicato (*)) e Cervosi Primo. Tuttavia gli infortuni, rapportati al cospicuo numero di operai, inducono a pensare ad una sostanziale sicurezza dei luoghi di lavoro.
D: E come erano i rapporti tra voi operai?
R: Per rispondere a questa domanda è bene ricordare che in quegli anni vigeva il regime Fascista; chi lavorava in miniera poteva considerarsi molto fortunato, perché era esonerato dal servizio militare; per questo, provocare una lite poteva anche significare “andare al fronte”. Quindi ogni piccolo attrito che poteva generarsi tra gli operai, veniva da loro stessi smorzato. Ma sostanzialmente i rapporti fra gli operai erano buoni.
D: Quando venne creato, presso la miniera di Ruscio, il campo di lavoro e di prigionia, ebbe la possibilità di intrattenere rapporti con gli internati?
R: Si, ho avuto la possibilità di conoscere alcuni deportati che lavoravano in miniera e con i quali ho stretto buoni rapporti. Ricordo che molto spesso ho dato loro del cibo in cambio di piccoli utensili che essi stessi realizzavano nei momenti di riposo. Inoltre dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il campo di prigionia venne smantellato, molti di essi vennero ospitati dalla mia famiglia e da altre in cui offrivano la propria forza lavoro in cambio del vitto e dell’alloggio.
D: Ha ulteriori ricordi di quel periodo?
R: Ricordo che in quel periodo non lavoravo solo in miniera, ma intrapresi un piccolo lavoro, quello della riparazione di biciclette (mezzo con il quale molti operai e persone del posto si spostavano). Inoltre capitava che con gli altri operai si organizzavano delle piccole manifestazioni davanti alle miniere.
D: Cosa le ha lasciato questa esperienza?
R: È stata un’esperienza lavorativa a tutti gli effetti, in cui ho avuto la possibilità e l’opportunità di confrontarmi con persone qualificate, con operai e prigionieri che hanno contribuito ad arricchire la mia cultura. Ho un ricordo piacevole di quel periodo, anche se poi si sono verificati tristi e gravi episodi, come il serio infortunio a Salvatori Armando.
D: È possibile visionare materiale, in suo possesso, risalente a quel periodo?
R: Si ho una pala ed una “forcina” che venivano utilizzate in miniera, e alcuni metri di “ferro spinato” del campo di prigionia.
(Ruscio, 10 maggio 2007)