Leggiamo su internet, da WIKIPEDIA enciclopedia libera, la storia dello scopone anche se, parlando di Chitarrella non sempre le versioni ufficiali riportano notizie verificate storicamente:
“Non è del tutto nota l’origine dello scopone. Si ritiene che il gioco sia stato importato in Italia dagli spagnoli nel XVII secolo. Le più antiche regole dello scopone sono riportate in un testo in lingua latina scritto da un non meglio noto Chitarrella, probabile pseudonimo di un prete del XVIII secolo (altre fonti lo collocano alla fine del XIX secolo).
Il codice di Chitarrella è un trattato in latino che codifica e chiarisce le regole dei giochi di carte dello scopone e del tressette, diffusi all’epoca della pubblicazione e pervenuti fino ai nostri giorni. Sull’autore, identificato con il sacerdote napoletano Marcello Chitarrella, forse monaco domenicano, non si conoscono notizie biografiche.
La prima osteria di Gigetto Marchetti (Arch. Perleonardi)
Nel tracciare le differenze fra i mazzi di carte in uso in Italia, assumendo il "confine" della val padana, il trattato offre indiretta testimonianza dell’ampia diffusione dello scopone nel 1750. La circostanza che un gioco non semplice fosse così in voga presso una popolazione ancora analfabeta depone per l’antichità del medesimo. Esso, destinato in origine alle classi elevate, si sarebbe infatti diffuso nel tempo agli strati meno colti della società, che ne avrebbero adulterato variamente le norme. Chitarrella si sobbarcò quindi l’onere di restituire allo scopone la sua "purezza": non, ovviamente, sulla base di fonti, ma individuando gli elementi essenziali del gioco. Il codice consta di 44 regole.”
Qualche problema nasce sull’attribuzione del termine scientifico allo scopone.
Il “Vocabolario della lingua italiana” dell’Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani alla voce “Scopone” dice testualmente: “Gioco italiano di carte, variante della scopa, cui prendono parte quattro giocatori (a coppie alternate) e in cui le carte distribuite a ciascun giocatore sono nove (a differenza della scopa in cui sono tre).” Il vocabolario definisce inoltre “Scopone scientifico” il gioco italiano di carte: “Simile al precedente, con la differenza che a ciascuno dei giocatori vengono distribuite 10 carte (anziché nove), esaurendo così il mazzo (di 40 carte) senza che vengono quindi collocate le quattro carte scoperte sulla tavola.
Su Internet, da Vikipedia, leggiamo inoltre: “Invece di distribuire tre carte alla volta, come a scopa, nello scopone se ne distribuiscono nove a testa, lasciandone quattro sul tavolo (questa variante viene propriamente detta "scopone scientifico" perché minimizza il ruolo della fortuna nella distribuzione iniziale delle carte e rende il gioco dipendente dall’ abilità dei singoli giocatori); oppure dieci a testa, senza le quattro carte iniziali sul tavolo”
Secondo il Chitarrella, sparigliare e apparigliare, "evitare di cadere nei trabocchetti degli avversari, capire le prese favorevoli", richiede uno studio profondo che conferirebbe allo scopone "dignità di scienza", da cui l’aggettivo "scientifico".
Comunque sia la questione, il gioco dello scopone è ampiamente diffuso n Italia fin da tempi remoti e praticato anche da grandi personaggi della storia, della cultura e della politica: da Pirandello a Benito Mussolini, Giancarlo Pajetta, Giulio Andreotti e tanti altri.
Famosa la partita di Sandro Pertini, Presidente della Repubblica italiana, con Enzo Bearzot sull’aereo che li riportava in Italia dalla Spagna dopo la vittoria della nazionale italiana di calcio ai mondiali del 1982.
Ovviamente lo scopone ha affascinato anche molte persone della nostra piccola Frazione.
Andando indietro nella memoria ricordo il fascino che suscitava in me, ragazzo, assistere alle partite di scopone tra gli anziani del paese: Gaetano Belli (l’antesignano, con la sua celebre frase “piglia oro”, rivolta al suo compagno per sollecitarlo a raccogliere i denari per fare più punti), Mariano Vannozzi, Costantino Cicchetti (è stato lui che ha introdotto a Ruscio il gioco dello scopone scientifico), Marcello Vannozzi, Marino De Angelis e tanti altri. Erano gli anni del dopo guerra, quando d’estate tornati a Ruscio per le vacanze, nell’osteria di Marino Belli, si svolgevano veri e propri incontri a carte che si concludevano con simpatiche prese in giro dei perdenti e con abbondanti bevute e lunghissime discussioni a commento dello svolgimento del gioco e degli errori, presunti o reali commessi durante la partita.. .
Lo scopone rappresentava un momento di evasione dai problemi del quotidiano e un modo per rinsaldare una vera amicizia tra paesani
In tempi più recenti, che mi hanno visto coinvolto anche come giocatore, ci si ritrovava alla sera da Gigetto per una partita a scopone; tanti erano pronti a cimentarsi: Osvaldo Perelli (l’arguto), Paolo Peroni (mio fratello: una passione pura, la sua, esplicata in un gioco, lo scopone scientifico, dove occorrono doti di furbizia, di maestria e di scaltrezza nelle mosse; doti che a lui non mancavano ma che a volte finivano per confondere il proprio compagno; per questo non ho mai voluto giocare in coppia con lui), Orfeo Agabiti (il Maestro), Mario Vannozzi (il Professore), Guerino Perelli, Marcello Agabiti, Mario Perelli, Erasmo Reali (il Pensatore), Battista Carassai, Enrico Reali, Giovannino Vannozzi, Renato Alfonsi (il mio abituale compagno), Giuseppe Giovannetti, Roberto Arrigoni, Sergio Di Cesare, per citarne alcuni dei più assidui. La passione si è diffusa tanto da coinvolgere anche amici delle frazioni vicine del Trivio (Nello Perleonardi), di Rescia (Santino Angelini) e del capoluogo Monteleone di Spoleto
A Ruscio la sera d’estate, “da Gigetto”, si anima di ferventi e a volte, anche troppo, agitate partite di scopone. E’ ormai invalsa l’usanza di giocare partite libere considerando 13 punti di mazzo (10 denari più carte, primiera e settebello) più le eventuali scope; la partita termina quando una coppia totalizza, nelle diverse smazzate, 41 punti. Di norma le carte utilizzate sono le “piacentine”.
Normalmente gli incontri terminano quando una coppia ha totalizzato due partite su tre (vittoria, rivincita e, eventualmente, la bella). Il detto locale “vincette, pattette e paghette” è uno sfottò tra i giocatori e sta a sottolineare, scherzosamente, il rischio di chi concede la rivincita dopo aver vinto la prima partita.
L’organizzazione delle partite è libera, ma per il piacere della competizione arrivammo ad organizzare tornei a squadre dove fosse annullato il vantaggio della più favorevole distribuzione delle carte a favore di una squadra e dove fosse impossibile farsi dei cenni durante lo svolgimento della partita.
Per questo, nell’agosto del 1980 organizzammo degli incontri a squadre di due coppie di giocatori:: una coppia della squadra A avrebbe giocato su un tavolo sulla linea nord-sud contro una coppia della squadra B; l’altra coppia della squadra A avrebbe giocato su un altro tavolo sulla linea est-ovest contro la seconda coppia della squadra B. Ovviamente le carte erano preventivamente preparate in modo che le coppie giocassero le carte che sull’altro tavolo giocavano gli avversari. Al termine delle partite alla squadra veniva assegnato il punteggio complessivo raggiunto da entrambe le coppie che la componevano. Per evitare poi che i giocatori si facessero cenni durante il gioco, sul tavolo venivano installati degli schermi che a ciascun giocatore permettevano di vedere solo le carte in gioco e impedivano di vedersi tra di loro.
Fu un torneo memorabile di cui ancora si parla e che sarebbe bene riproporre.
Un invito a tutti gli appassionati di scopone: venite a trovarci a Ruscio!