Un’aria di mistero e di ricordi sopiti aleggia tra i resti di quella che fu la miniera di lignite di Ruscio. Eppure quanta storia si nasconde nelle sue viscere! Prima di soddisfare la nostra curiosità e quella più fantasiosa dei più giovani, prima di entrare nel "profondo" delle memorie e delle testimonianze, è opportuno accennare brevemente alle origini minerarie del bacino lignitifero, riportando alcuni interessanti passi della relazione effettuata dall’Ing. Pariente in merito all’esistenza di un antico lago nel bacino leonessano e successivamente alla formazione del bacino lignitifero di Ruscio (Rassegna mineraria, Roma 1921).
L’orografia del bacino è costituita dal fiume Corno il quale dopo aver raggirato a sud il gruppo del Tolentino, raccoglie, con il nome di fosso di Leonessa, il fiume Tascino proveniente dal gruppo Terminillo; il Corno segue poi il ramo orientale del braccio Nord-Ovest del bacino fin sotto Monteleone di Spoleto ove riceve il fiume Vorga che scende dall’altro lato del braccio.
Le varie acque scendenti dai tre gruppi di monti che contornano il bacino si raccolgono quindi nel fiume Corno per uscire dal bacino, a Nord, sotto Monteleone di Spoleto; e questa stessa deve essere stata la via per la quale si sono perdute una volta le acque del lago.
Il braccio Sud-Est del bacino ha il fondo maggiormente elevato ed è stato il primo a rimanere asciutto mentre il braccio Nord-Ovest, che ha il fondo meno elevato, si è asciugato per ultimo.
In questo appunto il fosso Vorga, erodendo le argille che costituiscono sotto le ghiaie la parte bassa del deposito lasciato dal lago, hanno fatto affiorare uno strato di lignite.
Dominano nella regione i venti diretti da sud verso nord e questi anticamente devono avere fluitato la vegetazione accumulandola sui tratti di sponda nord dei vari bracci dell’antico lago, nonchè alla base dei colli limitrofi e più specialmente sul versante nord del Vorga,, dalla base del Carpellone sino ai piedi di Monteleone.
La miniera di Ruscio – La discenderia.
I primi lavori di ricerca e di coltivazione sono stati iniziati, durante la guerra, nei permessi detti di " Trivio" e dl " Ruscio", ambedue nel territorio del Comune di Spoleto(?). Sulla sponda sinistra del Fosso Vorga, la potenza del banco di lignite è di metri 4.50, mentre sulla sponda opposta è di metri 3.50. Ai piedi di Monte Trogna, in località Scopa Gamberi la lignite affiora con metri 7 di potenza.
La lignite è xiloide, bruna schistosa, molto umida.
Ora proviamo a scoprire i misteri e le vicissitudini della miniera facendo una visita sul posto, avendo come guida l’amico Cardilli che fece parte delle ultime leve che prestarono servizio nella miniera e fu testimone oculare dei cambiamenti che questa subì durante e dopo il periodo bellico. Partendo da Ruscio, ci incamminiamo per la vecchia strada che corre lungo la sinistra del fiume Vorga (questa strada fu costruita dalla Soc. Mineraria Umbra), oltrepassiamo la fonte dell’ Asola e dopo due o tre curve e un dosso abbastanza pronunciato, eccoci arrivati alla miniera.
Alla nostra vista una conca immersa nel verde dei prati, incorniciata da un piccolo bosco con ai piedi un ruscello di modesta portata.
Come non essere affascinati da quel penetrante silenzio!
Un paesaggio in cui si fondono motivazioni ambientali e ricordi di tempi passati nell’austerità che il progresso ha cancellato o immagini sfocate di periodi, di guerra con ombre vaganti di prigionieri chiusi in recinti, che, purtroppo, ritornano ancor oggi dl attualità.
La miniera di Ruscio – Operai in posa
Ci soffermiamo dinanzi alle bocche di quel che furono le gallerie e immaginiamo un andirivieni di carrelli colmi di lignite spinti a mano dai minatori, in maggior parte contadini nati per la terra, che dalla terra stessa erano costretti a trarne un beneficio ben più remunerativo, anche a costo della propria incolumità.
Sembra di veder nell’oscurità delle viscere il brulichio delle lampade ad acetilene, simile ad una informe danza di lucciole.
La voce della guida ci riporta alla realtà. “…. la lignite estratta veniva messa sui carrelli che venivano sospinti fino al centro di raccolta, da dove, caricata sui camion (i famosi Bielle), veniva trasportata a Roma nelle fornaci di mattoni, al Gazometro o agli impianti di trazione delle ferrovie. Anzi, sottolinea la guida, all’inizio dello sfruttamento il trasporto della lignite veniva effettuato a mezzo di muli o di somari con ai fianchi due tavole su cui poggiavano le lastre di lignite, lungo la mulattiera che portava all’imposto situato agli attuali confini.”
Durante il periodo dell’ultima guerra la miniera divenne campo di concentramento di prigionieri slavi e montenegrini che vennero utilizzati per i lavori di estrazione o di supporto ai minatori, fatta eccezione di alcuni uomini di colore sempre impegnati a pregare Allah.
La trasformazione energetica industriale determinò la fine delle miniere di lignite, la cui crisi, già, nel 1921, era stata evidenziata dall’Ing Fabio Carafa D’Andria, direttore delle miniere lignitifere di Ruscio e Dunarobba, il quale, rivolgendosi all’allora ministro Mauri denunciava la progressiva chiusura di 123 campi minerari esistenti nell’Umbria, la cui inattività o abbandono era imputabile e alle difficoltà di trasporto, essendo essi quasi tutti lontani dagli scali ferroviari e soprattutto alla assoluta impossibilità di collocarne la produzione. “Nè valga a negare il collocamento – scriveva l’ing Carafa – la qualità del minerale, poichè è noto che l’Umbria possiede ligniti da preferirsi a molte altre per mancanza assoluta di zolfo o quasi e per il numero di calorie”.
Particolare degno di nota era l’invito che il Direttore rivolgeva alle autorità preposte ad imitare la Germania che vendeva il suo carbone e consumava ligniti.
A metà degli anni cinquanta la miniera di Ruscio fu trasformata in una grande fattoria per l’allevamento di bestiame, cui si dedicò per tanti anni la famiglia Cioccolini fino ai nostri giorni quando, acquistata da un nuovo proprietario, l’ex Sindaco di Monteleone, Romano Giovannetti, sta subendo una nuova trasformazione in grande stile, i cui segnali lasciano presagire la creazione di un grande centro agrituristico che sarà una perla della vallata
Osvaldo Perelli