Torno all’Asilo per un giorno

By proruscio

Tra gli ospiti invitati alla festa dell’Asilo il 28 agosto, ci ha onorato della sua presenza la maestra Rosa Ciampini che ha prestato servizio presso l’asilo quando ancora era all’Archetto, prima che venisse costruito l’asilo parrocchiale.  La maestra Rosa ci ha regalato col suo discorso attimi di vera commozione. Abbiamo voluto riportarlo qui di seguito per far rivivere a tutti voi lettori quegli attimi di intensa partecipazione. 

TORNO ALL’ASILO PER UN GIORNO

Per paura dell’emozione me le sono scritte due parole di saluto per comunicare con voi. Torno con la memoria e con il cuore a quei tre anni del mio incarico. Colgo l’occasione per raccontare com’era l’asilo prima della costruzione di questo edificio. 

Buonasera, sono Rosa Ciampini, voglio porgere un saluto a tutti voi, ai miei paesani, alle autorità, alla Pro Ruscio e agli organizzatori di questo evento.

Ringrazio di cuore coloro che mi hanno invitata, ricordandosi di me, anche se da tanto tempo sono lontana da Monteleone.

Sono onorata di essere qui!

Posso dirvi che ho un bellissimo ricordo dei tre anni che sono stata qui a Ruscio con i bambini dell’asilo. E’ passato tanto tempo e quando casualmente incontravo i miei ex alunni diventati grandi, genitori, nonni… mi hanno sempre espresso affetto e riconoscenza.

 

La maestra Rosa e la sua "lectio magistralis"

 

Per i rusciari la parola “Asilo” è assolutamente ricorrente nel linguaggio quotidiano, la usiamo come luogo d’appuntamento, come il Nord della bussola rusciara, come punto di ritrovo e di incontro. E’ una parola che nel corso degli anni e delle generazioni non ha perso significato, si è piuttosto caricata di sempre maggior valore affettivo, storico e di memoria. 

La nascita di un simile punto di riferimento è datata in un periodo di estrema difficoltà economica per una piccola realtà paesana come la nostra, quando la maggior parte della popolazione versava in condizioni di indigenza e l’attenzione verso i bambini era minima, o, per meglio dire, essenziale; la vita contadina e la ricerca quotidiana del pane per vivere accomunavano tutte le famiglie, alle prese con tanti figli e con pochi mezzi economici e poco tempo da investire sulla loro formazione.   

Per questi motivi la costruzione dell’asilo non era solo la realizzazione di un edificio in sassi e malta, ma di un progetto ben più ampio, di crescita civile e morale, alla quale Don Sestilio credeva in particolar maniera, mostrando attenzione e vicinanza verso l’infanzia, e anticipando la sensibilità dei moderni sistemi di welfare: non vi si faceva solo scuola per i piccoli, ma lì, tutti insieme, si mangiava, il pomeriggio ci si ritrovava per i compiti, per il catechismo, per il corso di ricamo tenuto dalle suore.

E’ grazie a lui, Don Sestilio, e a tutti coloro che hanno seguito la via segnata da questo lungimirante Parroco, dagli anni ’50 fino ai giorni nostri, che l’Asilo continuerà a far parte della nostra storia e di quella dei nostri figli, affermandosi ancora come un “Tetto per la Comunità” dove poter custodire gelosamente il passato e costruire il futuro. 

Mai come adesso abbiamo bisogno di punti di riferimento da cui ripartire.

 

La consegna dell’attestato alla maestra Rosa

 

Ricordo tutti uno per uno e tutti i loro nomi. Erano 32, la più piccola era Pina Marchetti, entrò all’asilo all’età di 2 anni e sei mesi: Mauro e Remo Carassai, Rina Reali, Maddalena Salamandra, Angela e Angelo Perelli, Angelo Agabiti, Benedetta De Angelis, Paola e Paolo Agabiti, Pietro Cicchetti, Claudio, Pina Marchetti, Mario Di Cesare, Rita Carassai, Gabriella Cicchetti, Emma e Brigida Reali, Ludovina, Silvana Santalucia, Desideria e Paola Bernabei, Clelia e Mario Compagnucci, Antonia Cicchetti, Marianna e Mariano Cicchetti, Giovanni e Giovanna Menegon, Marina Cicchetti, Battista Carassai, Alberto Salvatori.

Ringrazio Iddio di non aver avuto mai […]

Erano buoni!

In quel periodo, anno 1954, molte ragazze di Monteleone e Ruscio andarono a lavorare nello stabilimento di legname di Bosi a Leonessa. Io non andai. 

Nel frattempo mi fu offerto da don Angelo Corona e don Sestilio l’incarico per l’asilo parrocchiale Santa Maria Addolorata qui a Ruscio, ne fui felicissima ed accettai subito, perché a me piaceva questo lavoro: stare con i bambini. 

Ne sono stata ripagata con tanto affetto e rispetto, sia dai bambini, che dalle famiglie specialmente le mamme e i nonni, che ricordo caramente.

In questi tre anni di asilo, ogni mattina partivo a piedi da casa mia per essere qui a Ruscio alle ore 9. 

Scendevo per la scorciatoia dela Madonna della Quercia.

Qualche volta incrociavo Maria di Cicchetti che con il suo somarello portava il latte a Monteleone.

Spesso verso la chiesa, dove c’era la fontana, incontravo Aghituccia che aveva già accudito l’asino, mezzo di trasporto di don Sestilio per andare al Trivio e Rescia a celebrare la Messa. 

Passavo poi alla casa parrocchiale e Angelina mi dava una bottiglietta di olio, un po’ di conserva e due patate; io dal mio negozio (rimesso in piedi dopo la guerra e la chiusura della miniera) mi portavo carota sedano e cipolla che consegnavo il tutto a Pierina Lotti la cuoca che ci faceva una buona minestrina per i bambini, il secondo era pane e affettato che si portavano da casa nel loro cestino.

L’asilo si trovava nella casa di Angelina vicino l’Archetto. Erano due stanze grandi a pianterreno, la prima entrando era con il focolare cioè la cucina, l’altra parallela era l’aula dove svolgevamo le nostre attività. La nostra giornata si svolgeva più o meno così: la mattina dopo aver accolto i bambini iniziavamo con una preghierina; poi giocavamo, avevamo poco materiale e pochissimi giocattoli, quasi niente, ma con la carta facevamo barchette, girandole, farfalle che i bimbi coloravano con i pochi pastelli GIOTTO.

Facevamo girotondi e con varie canzoncine gioco conoscevamo i fiori, imitavamo i suoni degli strumenti musicali, i versi degli animali, conoscendo giocando il corpo e l’igiene e con alcune canzoni facevamo piccola ginnastica.

Avevamo un quadernino (con la copertina nera) per i più grandi imparando così a tenere la matita.

Spesso facevamo tutti in fila delle passeggiatine per il paese; andavamo a vedere il fiume Corno, il ponte non c’era ancora, ma l’acqua sì e a volte tanta che veniva la piena.

Andavamo a visitare da nonno Battista Carassai, il Copparo! La sua lavorazione con la terracotta: faceva coppi, mattoni, pigne e vasi.

Li portavo a vedere la strada scorciatoia da dove scendevo io e secondo la stagione raccoglievamo qualche fiore. Al rientro ogni volta passavamo nella Chiesa dell’Addolorata per un saluto e una preghiera alla Madonna.

Poi alle quattro tutti a casa ed io riprendevo la mia scorciatoia per Monteleone.

Scusatemi se mi sono dilungata, ma è stato un piacere rivedervi ed essere qui a ricordare i tre anni del mio incarico di asilo per me bellissimi, speciali, spero da ambo le parti, nei quali ho dato e ricevuto tanto affetto e rispetto. Ho cercato di trasmettere conoscenza, giochi, convivenza, lo stare insieme con gioia.Sono passati tanti anni, ed ognuno con il suo bagaglio di bene e meno, di gioie e dolori, di avvenimenti, di scomparse anche premature ma nel cuore un gran bel ricordo di tutti e la gioia di rivederci.

Questo edificio fu realizzato dopo i tre anni del mio servizio e fu affidato alle Suore della Santa Famiglia di Bordeaux che stavano nel Convento di S. Francesco a Monteleone.

Ora vi auguro con tutto il cuore che questo edificio, passato il covid, sia di nuovo punto di aggregazione e fraternità per tutti in questa comunità.

Tanti tanti auguri a tutti e vi ringrazio, vi mando un bacio virtuale giacché non possiamo abbracciarci fisicamente 

E virtualmente vi mando a tutti anche un abbraccio

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