Un casale…di frontiera

By proruscio

Situato alle falde della costa dei Piani della Cima, tra i boschi del Monte Alto e una vallata chiamata Romanesca, a cavallo tra le estremità del territorio di Monteleone e quello leonessano, il casale Macario ha sempre avuto una caratteristica misteriosa, forse perché privo di una vera strada di collegamento con Ruscio (salvo un impervio sentiero in mezzo al bosco, che dalla strada romana si inerpicava sul colle Sereno fino ai piani della suddetta vallata), o per una scelta di vita e di attività degli abitanti del casale, gelosi del proprio territorio.

Ne sa qualcosa mia madre, che una volta che si era avventurata nelle vicinanze del casale per raccogliere la "janna" fu minacciata dal proprietario con un fucile.
Le stesse origini del casale, denominato Macario (o Maccario secondo alcune cartine topografiche) restano misteriose, così come la prima famiglia che ivi cominciò la sua vita e qui si estinse col passare degli anni.
Cerchiamo di ricostruire le origini di queste famiglie facendo tesoro della testimonianza di Augusto Vannozzi, che nel casale passò la sua adolescenza e che qui prese moglie.
Furono i Ranaldi (o Rainaldi) i primi proprietari del casale, nelle persone dei fratelli Pasquale, Macario e Menichiello prima, e Luigi poi; qui alla fine dell ‘800 arriva Bartolomeo Vannozzi, che sposa Rita Ranaldi e con questo matrimonio entra a far parte della famiglia del casale, anzi, a dire di Augusto, "attaccò cappello".

Dalla loro unione nasce, tra gli altri, Mario Vannozzi, che sposa Paolina Poli di Butino, e dalla loro unione nascono Augusto, Giulio, Alfredo (morto nella guerra di Albania) e Ida, che alla fine della guerra mondiale si trasferiscono stabilmente a Ruscio.
Arriva sul casale Aniceto Angelini, persona dall’aspetto raffinato e dal caratteristico pizzetto caprino, proveniente da Rescia, che ammalia e sposa la quindicenne Rita Ranaldi dalla quale ha ben sette figli.
Abbiamo avuto occasione di visitare con un gruppo numeroso il casale durante una gita effettuata alcuni anni fa, ripercorrendo l’antico viottolo, per cui mi sembra superfluo fornire altri particolari; vorrei tuttavia aggiungere qualche altra notizia, anche se fantasiosa, ma che conferma l’alone di mistero che aleggiava su questo casale di frontiera.

Pare che all’esterno del casale ci fosse una chiesetta o un tumulo di cui esistono tuttora alcuni ruderi, e la leggenda narra di tre fratelli che trovarono una triste sorte: uno fu ucciso durante una battaglia sul colle Capitano (dove fu scoperta la famosa Biga etrusca), un altro fu assassinato a Rescia, e il terzo ucciso, sembra, dai due fratelli, fu sepolto sul casale Macario.
All’interno di una stalla, comunque, lungo alcune volte a crociera, erano visibili fino a poco tempo fa alcuni affreschi che lascerebbero pensare all’esistenza originaria di un eremo (dedicato a S.Macario?).
Attualmente il casale è stato restaurato da Augusto Vannozzi e dai suoi figli, e in parte anche da Amato Angelini (uno dei sette figli di Aniceto), ed è raggiungibile con una strada carrozzabile ben visibile per chi proviene da Leonessa, mentre l’antico viottolo sul colle Serano, ormai  abbandonato, si è chiuso per sempre.