Un soffio di Ruscio settecentesco da un testamento di Don Biagio Peroni

By proruscio

Testamentum Rev. D. Blasii de Peronis 1

Die Vigesima Tertia Aprilis 1765 2. Ind(izion)e VII 3
Pontificatus Clementis XIII. Anno VII.

Alla presenza di me notaio e dei testimoni infrascritti, personalmente esistente il Molto Reverendo Signore Don Biagio Peroni, figlio del fu Giuseppe da questa Terra, a me notaio conosciuto, sano per la Dio grazia di mente, senso, loquela, vista, udito, intelletto e di tutti li sensi et anche di corpo, non volendo morire ab intestato et essendo incerta l’ora e punto della morte, ha stabilito fare il presente suo nuncupativo testamento 4, che di raggion civile dicesi senza scritti, const(ituit)o 5 spontaneamente quello fa, testa e dispone come segue.

Primieramente principiando dall’anima come più nobile del corpo et a tutte le cose mondane da preferirisi, quella raccomanda all’onnipotente Iddio, trino et uno, Beata6 sempre Vergine e Madre Maria, suo S. Angelo Custode, Santi Biagio, Filippo Neri, Vincenzo Terrenzio, Emidio et altri santi protettori et avvocati, acciò si degnino concederle et impetrarle il perdono de’ sui peccati e farlo partecipe della gloria del paradiso.

Il corpo fatto cadavere seguendo il caso della sua morte in questa terra, ordina e vuole che gli siano fatti i funerali con dodici torcie e con tutte le messe che possono aversi nella chiesa parocchiale di S. Nicolò e terminati i funerali sia asportato da quattro fratelli della Compagnia del Sa(ntissi)mo Sagramento alla chiesa della Madonna Santissima de Sette Dolori in Ruscio et ivi seppellito, con dare7 baiocchi8 trenta ab saceradote e baiocchi quindici per ciascun fratello che lo accompagnerà e trasporterà9 a detta chiesa, con far celebrare nella chiesa parrocchiale di S. Nicolò l’offizio e tutte quelle messe che possono aversi tanto nel giorno de’ funerali quanto nell’ottavario e giorno trigesimo 10.

Per raggion di legato, et in ogni altro meglior modo §11, lascia alla Mensa vescovile di Spoleto li soliti soldi per una sol volta per sua canonica porzione.

Per raggion di legato, et in segno di affetto e benevolenza verso li sui tre fratelli, Eusebio, Fiorenzo e Gregorio 12, lascia alli suddetti scudi dieci per ciascheduno, per una sol volta, da ricavarsi dal fruttato della sua eredità, da prendersi per tal somma il primo anno dalla sua morte da detto Eusebio, il secondo da Fiorenzo et il terzo da Gregorio, nelle quali somme eredi istituisce e che altro della sua eredità non possano pretendere, non solo in questo ma in ogni altro miglior modo §.

Per raggion di legato et in segno di affetto e ricognizione, lascia alle due sue cognate, signora Rosina Poli e Maria Tabussi, per una sol volta, una posata d’argento per ciascheduna, consistente in cucchiaio, forchetta e coltello, et ad Angela Antonia Peroni, vedova del fu Prospero Niccoli, sua nipote, rubbio uno di grano, per una sol volta, da darsi subito seguito la morte di esso signor testatore se si troverà grano in essere nella sua eredità,  altrimenti alla prima raccolta, et alla zitella Teodora Peroni, sua nipote figlia di detto Eusebio, lascia per una sol volta la somma di scudi dieci da consegnarsi però in caso, e nell’atto, che questa si mariti, altrimenti il presente legato s’abbia per non fatto, perché lui  intende che tal somma gli debba servire in conto di dote e maritandosi et avendo figlioli siano liberi della medesima e figli, ma, morendo senza figli, la detta somma di scudi dieci ricada e si debba restituire all’eredità di detto signor testatore, non solo in questo ma in ogni altro miglior modo §.13

La tela della Madonna dei Sette Dolori, in basso a destra lo stemma di Don Biagio Peroni (Archivio Isidoro Peroni)
 

E perché esso signor testatore da anni in qua vicino a detta chiesa della Madonna Santissima de’ Sette Dolori ha fatto fabbricare un buon ceppo di case con tutti comodi di cantina, fienile, stalla e scaricatoro, che presentemente da anni in qua è servito per uso e comodo dell’Osteria di fuori e riscossione della gabella camerale di questa comunità, per non aver la medesima case in Ruscio per tal uso, ne ricava  adesso scudi quattordici l’anno e, per averci da mesi in qua aggiunto un orto murato, per l’avvenire se ne ricavarà piggione maggiore14. Però, tanto  come buon cittadino e figlio di questa communità, per utilizzarla e lasciarle il comodo di case in Ruscio per poter con maggior vantaggio e concorso affittare l’osteria e gabella commerciale, quanto come divoto di detta Madonna Santissima de Sette Dolori et Anime Sante del Purgatorio, per l’edificazione di qual chiesa esso sig. testatore  ha  impiegate  moltissime  fatighe  di  assistenza  e   con  esser andato tanti anni per la questua per provvedere come in appresso al mantenimento dei tetti di detta chiesa, stanziole unite, utensileria et altro per detta chiesa, tutto il suddetto sopradescritto ceppo di case con orto murato lo lascia et assegna a questa Communità di Monte Leone, da conseguirlo però dopo la morte di detto Gregorio Peroni suo fratello amministratore et esecutore testamentario, e non prima, con l’espresso peso e condizione, à detta Communità e signori Priori pro tempore, della piggione annuale di detto ceppo di case impiegarne e spenderne la rata di scudi dodici ogni anno in mantenimento delli tetti e muri di detta chiesa e stanziole annesse, in provvedimento di cera, oglio, et altri utensili e biancarie e di qualche suppellettile necessario che di tempo in tempo deve provedersi, in sodisfazione di elemosina di messe che vi saranno di concorso nelle due feste solite farsi l’anno in detta chiesa, cioè il venerdì di Passione e sabato seguente e la quarta domenica di settembre e lunedì successivo ogni anno, con dare alli sacerdoti che concorreranno e celebreranno la sola messa baiocchi quindici per uno, e per una volta, alli sacerdoti, non obligati ex justitua à confessare, che oltre la messa assisteranno alli confessionati in detta chiesa, ad iniziare mattina di detti quattro giorni ò qualcheduno di essi giorni, baiocchi venticinque per volta per quelle mattine che celebreranno et assisteranno al confessionario,  al sacerdote che celebrerà la messa parata parimente baiocchi venticinque et al diacono e suddiacono che si paratranno15, se celebreranno anche la messa, baiocchi venticinque per ciascheduno, e, non dicendo la messa, baiocchi dieci per ciascuno e per volta, et in oltre debbano dare baiocchi cinque per volta ogni quarta domenica di ogni mese al sacerdote che farà secondo il solito la processione e reciterà la coroncina16 in detta chiesa. Quella17 somma che annualmente o in qualche anno sopravanzerà dalli scudi dodici come s(opr)a si debba impiegare in celebrazione di messe basse18 infra annuali in detta chiesa con l’elemosina di baiocchi quindici per messa oltre li utensili, con che però la Comunità e Signori Priori pro tempore, o in luogo loro il sacerdote che da essi come in appresso sarà eletto nominato, debbano fare e tenere un libro a parte e notare dette spese e messe et in fine di ogni anno riportarne la revisione et approvazione dell’adempimento dal Sig. Vicario For(ane)o19 pro tempore, et in occasione di visite da M(onsignor) illustrissimus et reverendissimus vescovo di Spoleto. Il di più delli scudi dodici che a suo arbitrio la Comunità ricaverà dall’affitto e piggione di detto ceppo di casa et orto murato vada in benefizio di detta Communità in mantenimento di detto ceppo di casa o in altra forma che a detta Communità piacerà, non solo in questo ma in ogni altro miglior modo §.

In tutti poi li singoli altri sui beni stabili, mobili, semoventi, rag[ion]i, crediti, azzioni, et altri qualsiasi, presenti e futuri, in qualsiasi luogo posti et esistenti, con l’infra(dette) però condizioni, e subito sarà morto il detto Gregorio Peroni suo fratello, amministratore et esecutore testamentario, lascia, istituisce, vuole che sia e di propria bocca nominò e nomina la suddetta Ven. Chiesa della Madonna Santissima de Sette dolori nella Villa di Ruscio di  questo territorio, alla quale con li infradetti pesi lascia la intera sua eredità, cioè che del fruttato della sua eredità se ne debbano celebrare in detta chiesa tante messe l’anno, ma per maggior comodo del Popolo non possa dirsene più di una in un giorno, con l’elemosina di baiocchi quindici l’una, oltre li utensili e comodo di stanziole annesse alla chiesa, da applicarsi in suffragio dell’anima di esso sig. testatore, sui antenati e successori parenti, e debba averne l’ingerenza e nomina la Comunità di questo luogo, per(ci)ò subito (dopo)20 la morte di detto Gregorio Peroni; il pubblico general Consiglio della Communità debba eleggere e deputare un sacerdote, o annuale o per più anni, anche a vita durante, il quale dovrà celebrare tutte le sopra espresse messe, far le processioni, dire la coroncina et altri pesi sopraingiunti, con la sola condizione e riserva che in caso nelli tempi a venire vi fusse qualche giovine delle famiglie solamente maschili discendenti da detti Eusebio, Fiorenzo e Gregorio Peroni sui fratelli,o di Carlo e Domenico Peroni sui nipoti cugini21,  o di Angelo Antonio Peroni suo pronipote cugino22,  che attendesse al sacerdozio di farsi prete, chi prima di questi sarà capace et in tempo possa assegnarsi in conto di patrimonio la suddetta sua eredità con l’istesso peso et obligo di celebrazione di messe, processioni, recita di coroncina et altro come sopra, e dal giorno che entrerà in sacris23 sino al giorno che celebrerà la prima santa messa debba lui da altro sacerdote far celebrare le messe et adempire alli altri pesi come sa e come dovrebbe adempire il sacerdote che deve nominarsi dalla Comunità e doppo detta la prima santa messa subentri esso giovine alla celebrazione delle messe et adempimento degli obblighi tutti sopraesposti. Nel tempo poi che non vi sia tal giovine delle discendenze maschili sopraenunciate, o in caso di morte di tali giovini ogni volta che succederà il caso, la nomina e deputazione del sacerdote si debba fare dal pubblico general Consiglio, nel modo e forma che si è sopraesposto, in ogni miglior modo §.

E perché per ora non vi è alcuno delle suddette famiglie maschili dei suoi fratelli, nipoti e pronipote che possa ordinarsi prete, e riconoscendo esso sig. testatore la buona indole et inclinazione allo studio del giovinetto Giovanni Bella di Domenico Antonio24, quando questi abbia l’inclinazione di farsi prete gli da e concede l’ampia facoltà di propria autorità di assegnarsi e costituirsi in conto di Patrimonio Sagro l’eredità di detto sig. testatore con l’istessi oblighi di messe et altri pesi come sopra, ma se questo perverrà all’età di anni venticinque e non sia ordinato in sacris la presente facoltà sia per non apposta e spirata, come mai fusse stata concessa, perché così §.

Et acciò questa sua disposizione abbia a sortire la totale essecuzione, per suo essecutore testamentario e libero amministratore, e fino che in vita, vuole che sia, nominò e nomina il detto Gregorio Peroni suo fratello, il quale con il frutto della sua eredità debba prima sodisfare li suoi legati e poi far principiata la celebrazione delle messe annuali da quel sacerdote che a lui piacerà, come pure esso vivente debba affittare e riscuotere le piggioni del suddetto ceppo di casa et orto et impiegarle a suo asb.25 in mantenimento di detta chiesa e stanziola annessa, utensili e suppellettili, feste e messe et altro come sopra senza che sia obligato a rendere conto ad alcuno, da qual rendimento de conti lo libera et assolve, rimettendosi in tutto e per tutto alla fedeltà et integrità del sud[dett]o, in ogni miglior modo §.

E questo esso Sig. D. Biagio testatore dice, dichiara e vuole che sia il suo ultimo nuncupativo testamento, che di raggion civile dicesi senza scritti, e se per tal raggione non volesse voglia per ragione di codicillo, donazione a causa di morte e di quals(iasi) altra ultima disposizione e volontà, in ogni moglio modo §, cassando et annullando quasiasi altro test(ament)o o ultima volontà fino al p(rese)nte fatti, benché concepiti sotto quals[iasi] parola e _____ 26 derogatorie, volendo che questo sia preferito in ogni miglior modo § sopra li quelli.

Fatto e rogato in Monte Leone, in casa mia al Borgo, presenti li signori Antonio Bernabei figlio di Pasquale27, Cruciano Cicchetti fu Ber(nard)o28, Sebastiano Villani fu Francesco, Leopoldo Salamandra fu Sante29, Gregorio Gervasoni fu Filippo30, da questa Terra, Carlo Fiorelli fu Antonio da Polino e Silvestro Rodolfi fu Domenico Antonio, dal Monte S. Vito, testimoni.

Luca Antonio Menetoni notaio rogante

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(1) Da ormai un bel po’ di tempo sto studiando centinaia di manoscritti antichi relativi a Ruscio e dintorni. Al momento sono alle prese con atti del Cinquecento e di inizio Seicento che mi stanno palesando l’antica toponomastica e certe consuetudini di quei secoli ma soprattutto le origini dei nostri cognomi e gli antichi padri dell’odierna nazione rusciara (non solo Perelli e Vannozzi dal Leonessano e Peroni, Cicchetti, Gervasoni, Reali, Salamandra, Bernabei e Giovannetti dal Monteleonese ma pure gli ancor più rusciari Carosi, Ciarfusi, Ascani, Tabussi, Miragli, Rossi, Massari e qualche altro). Spero di trovare presto lo spazio ed il tempo per condividere quanto appreso: i due monteleonesi da cui derivano i cognomi Peroni e Cicchetti, il primo Perelli ed il primo Vannozzi in Ruscio, chi c’era prima di loro, eccetera. Intanto provo a proporre questo documento, dall’Archivio notarile, relativo ad uno dei personaggi chiave della storia di Ruscio, sperando che non siano così tanti i lettori di questa rivista che non abbiano alcun interesse in scritti di tal genere.
(2) Don Biagio è registrato tra i defunti il 2 gennaio 1794, con l’età di 87 anni. La sua vita si era svolta dunque tutta nel Settecento, quasi ad abbracciare in pieno tale secolo. E’ stato vice curato della parrocchia di S. Nicola e, soprattutto, fondatore della chiesa della Madonna Santissima dei Sette Dolori (oggi chiesa della Madonna Addolorata) in Ruscio, ove fungeva da cappellano. Questo testamento, risalendo al 1765, è in anticipo rispetto alla sua morte di ben trenta anni e dunque va considerato come “un testamento” di Don Biagio più che “il testamento”. Nel trascriverlo ho solo tolto alcune maiuscole ed apportato, laddove indispensabile, ritocchi minimi di aggiornamento della punteggiatura.
(3) La sigla sta per “indizione” ma non comprendo perché ad essa segua il numero VII. L’indizione, infatti, indica la posizione dell’anno in questione all’interno di un ciclo che dovrebbe essere di 15 anni a partire dall’anno 3 avanti Cristo, per cui il 1765, essendo il 13° anno (del 118° ciclo),  dovrebbe essere indizione XIII anziché VII.
(4) Il testamento nuncupativo è quello fatto oralmente in presenza di notaio, il quale trascrive, e di testimoni, così distinguendosi da quello scritto e sottoscritto personalmente dal testatore, detto, invece, olografo.
(5) Parola abbreviata non del tutto chiara. Sembra “costituito” ma non certo.
(6)  Parola abbreviata non del tutto chiara. Potrebbe essere “Beata” ma non certo.
(7) La combinazione “con+infinito” dovrebbe equivalere all’odierno gerundio (“con dare” = “dando”)
(8) Tener presente che: 1 scudo = 10 giuli (o paoli) = 100 baiocchi = 500 quattrini; 1 carlino = 7,5 baiocchi; 1 grosso = 5 baiocchi; 1 testone = 3 giuli = 30 baiocchi; 1 zecchino = 2 scudi (introdotto solo nel 1728); 1 doppia = 3 scudi. Le monete di minor valore erano di rame (fino a 5 baiocchi) o miste rame-argento (dal carlino sino a 60 baiocchi) e le altre d’argento (sino allo scudo d’argento) o d’oro (come lo scudo d’oro, ovviamente ben più piccolo di quello d’argento, lo zecchino, la doppia ed altre). Il riferimento al  fiorino nello Stato pontificio risale, invece, ad un periodo precedente (nel ‘500 riscontro 1 scudo = 2 fiorini).
(9) E’ scritto “trasporteranno” nel manoscritto.
(10) Ottavario è un complesso di riti da svolgersi negli otto giorni che seguono una celebrazione religiosa; si ricorda in particolare l’ottavario dei defunti, dal 1° all’8 novembre. Il trigesimo è, invece, il trentesimo giorno dopo la morte di una persona ed è usanza nella religione cattolica una messa di suffragio.
(11) La formula “et in ogni altro meglior modo §” è una formula legale frequentemente usata nei documenti del Settecento e più volte ripetuta nel presente atto, ove peraltro appare sempre chiusa da un certo simbolo. Suona come un mero rinforzo del concetto appena espresso, come a sottolinearne l’inderogabilità della sostanza, a prescindere dalla forma con cui espresso. In sostanza potrebbe forse essere tradotto con “assolutamente”.
(12) La famiglia di Don Biagio comprende i tre fratelli Eusebio, Fiorenzo e Gregorio,  nati, a cavallo tra Seicento e Settecento, dalla coppia Giuseppe Peroni e Anna Salvatori di Matteo. Nel 1765 i tre sono tutti in vita ma Eusebio e Fiorenzo moriranno prima del fratello testatore (l’uno nell’ottobre del  1775 a 83 anni e l’altro nel settembre del 1788 a circa 70 anni, almeno stando al registro dei defunti). Solo Gregorio sopravviverà per quattro anni al fratello sacerdote (per spegnersi nel marzo del 1798). Il loro padre Giuseppe era figlio di nonno Carlo (fratello del notaio Francesco, oltre che del frate R.P. Bernardo e di un Filippo) e nonna Pacifica “Ciocchetti” di  Domenico (da non confondere con “Cicchetti”). Il trisnonno era Mattia (fratello di Valentino, Florentio e Bonaventura), mentre il quadrisnonno, nato intorno al 1550, rispondeva al nome di Eusebio, poi rilevato dal citato fratello maggiore di Don Biagio. Non è qui, però,  che posso illustrare l’ulteriore catena genealogica e quindi la completa ampia famiglia Peroni degli ultimi 500 anni. Va semmai qui evidenziato che Don Biagio, pur fondamentale per la storia di Ruscio, non era rusciaro ma monteleonaro, in quanto la sua famiglia ed i suoi antenati Peroni erano residenti nel paese di Monteleone. Con l’occasione, si segnala che all’epoca esisteva anche una distinta grande famiglia Peroni in Ruscio (o meglio in loco detto “il Terrale”), oltre che una terza grande famiglia al Trivio, ma, curiosamente, gli odierni Peroni di Ruscio non discendono in linea patrilineare dagli antichi Peroni di Ruscio bensì alcuni da quelli triviari e gli altri (la maggior parte) dagli stessi antenati monteleonari di Don Biagio, in particolare dallo zio di Don Biagio di nome Mattia (l’altro zio era Don Filippo Peroni, il parroco di Monteleone della prima metà del Settecento).
(13) Rosina Poli e Maria Tabussi sono le cognate di Don Biagio, in quanto mogli, rispettivamente, di Eusebio e di Gregorio. Il fratello Florenzio deve esser rimasto celibe. Gregorio pare non aver lasciato discendenza (si individua nel registro dei battesimi la nascita di un solo figlio di nome Angelo, per il quale però non si ha ulteriore riscontro).  Per Eusebio, invece, si individuano ben sei figli nati tra il 1730 ed il 1740, ma il secondogenito (Matteo), all’epoca del testamento in esame, risulta già morto da dodici anni (ventunenne), la terzogenita Teodora Peroni, citata nel testamento come zitella,  morirà anche lei giovane (trentenne), tre soli anni  dopo il testamento, mentre degli ultimi tre figli non si rinviene traccia alcuna (salvo la data di nascita nel registro dei battesimi). E’ solo la primogenita Angela Antonia Peroni a figurare anche nel registro dei matrimoni, in quanto, nel 1748, appena diciottenne,  convola a nozze con Prospero Niccoli di Giuseppe. Cinque anni dopo il testamento, nel 1770, Angela Antonia, ormai vedova quarantenne, si risposerà con Giovampietro Colaianni ed infine con Domenico Chimenti di Cascia.
(14) L’orto murato con buona probabilità è quello presente sul retro della chiesa, oggi corte di Casa Carassai, fabbricato che, con altrettanta probabilità, corrisponde al “ceppo di case” cui ci si riferisce nel testamento in esame. Trattasi, peraltro, dello stesso complesso che nell’Ottocento riscontriamo in affitto per uso dogana pontificia. Da rimarcare il riferimento, in questo documento settecentesco, all’”osteria di fuori” e alla “riscossione della gabella camerale”. A proposito di osterie, segnalo che in un più antico documento notarile, risalente al 10 aprile 1712, si cita Antonio Gervasoni come titolare in Ruscio di una “caupona” uso gabella cosiddetta  “del passo”.
(15) “Paratrarsi” dovrebbe esprimere il vestirsi con i paramenti sacri più sfarzosi per celebrare nella chiesa solennemente addobbata la messa (messa parata). 
(16) La coroncina è una serie di preghiere recitate sui grani di un rosario.
( 17 Questa frase (sino a “Spoleto”) era unita alla precedente e alla seguente con due “e” che ho sostituito con due punti.
(18) Messa bassa (o messa privata) è quella celebrata da un prete con l’assistenza di semplici chirichetti (anziché con un suddiacono o diacono) e, fino a tutti gli anni Sessanta del Novecento, era il tipo di messa più frequente.
(19) Il vicario foraneo è un parroco preposto dal vescovo ad uno dei distretti in cui può suddividersi una diocesi, distretto  comprendente più parrocchie. Quale sinonimo di distretto si usa a volte vicariato o forania.
 Nel manoscritto si legge “però subito la morte …”.  Nel trascrivere, a parte l’aggiunta di “dopo”, ho dato rilievo al fatto che nell’antico popolare e letterario italiano “però”  può voler dire “perciò” (da “per hoc”); altrimenti si può mantenere il senso avversativo  e cambiare punteggiatura (in ogni caso il senso non muterebbe granché).
(21) Carlo e Domenico Peroni, che nell’anno 1765 avevano 48 e 39 anni di età, erano i cugini di Don Biagio in quanto figli superstiti del già citato zio Mattia (fratello del padre Giuseppe). Da entrambi discenderanno varie generazioni di Peroni ma delle due genìe è solo quella di Carlo che è giunta in Ruscio sino ai nostri giorni: sono i Peroni di “Sillani”, di “Mappa” o “Bottega” e quelli “del Colle”.
(22) Angelo Antonio Peroni, invece, non era cugino di Biagio bensì figlio di cugino. In particolare era figlio di Valentino, fratello maggiore dei predetti Carlo e Domenico.  Don Biagio nel suo testamento non cita tale terzo cugino  (ma il relativo figlio) perché nell’anno 1765 era già defunto, da tempo (dall’agosto del 1757).
(23) Entrare in sacris: prendere il primo degli ordini maggiori (diaconato), ossia, in sostanza, divenire sacerdote.
(24) Giovanni “Bella” di Domenico Antonio va, in realtà, innanzitutto inquadrato come appartenente a quello che oggi potrebbe essere definito l’albero genealogico dei “Belli” di Ruscio (ossia dei discendenti dal Simone giunto in Ruscio verso la fine del Seicento) e non a quello dei “Bella” di Monteleone (discendenti da un Ludovico); nei documenti notarili settecenteschi gli appartenenti ai due alberi vengono indifferentemente detti “Bella”, come pure originari di Posta.  Il “giovinetto” Giovanni nel 1765 doveva avere solo dieci anni, se è vero quanto risulta nel registro dei defunti, ossia che morì il 1° settembre 1829 a 74 anni.  Effettivamente si fece prete e svolse funzioni di cappellano in Ruscio, oltre che di vice parroco. Era uno dei tanti figli di Domenico Belli e Cecilia Tabussi di Felice. Tra i suoi fratelli si individua, ad esempio, il Simone Belli le cui iniziali sono sul portale ad arco nell’odierna “Piazzetta dei Sei” in Rusciodisopra (Simone da non confondere con il predetto seicentesco omonimo bisnonno capostipite proveniente da Posta). Vanno altresì segnalati gli ulteriori fratelli Biagio e Pietro in quanto ad inizio Ottocento risultano, unitamente ai figli di Simone, proprietari di metà Rusciodisopra (come ci insegna il brogliardo del catasto gregoriano). Tutti gli odierni Belli in Ruscio discendono dai fratelli Simone e Pietro.
(25) Sembra scritto “a suo asb.” e, in tal caso, mi domando se posso significare “a suo as(soluto) b(enestare)”.
(26) Ecco una parola o sigla che non riesco proprio a decifrare, ad ogni modo da legare a “derogatorie” (tipo termini, formule, ecc.).
(27) Il più o meno ventiquattrenne Antonio Bernabei di Pasquale (poi defunto nel 1811 a circa 80 anni) è al vertice di un ramo Bernabei per lo più monteleonaro, distinto da quello triviaro (dal fratello Paolo) come anche da quello storicamente rusciaro oggi rappresentato dagli Alfonsi (dal cugino Marcantonio di Domenico Antonio). Ho comunque appurato, di figlio in figlio, che tutti i Bernabei del Monteleonese derivano da un Bernabeo “Forconi”, nato verso la metà del Cinquecento, e da sua moglie Diana (una Angelini ancor prima che nascesse tale cognome).
(28) Il ventiseienne Cruciano Cicchetti fu Bernardo (nato il 3 maggio 1738) avrà discendenza Cicchetti nel Monteleonese per due generazioni.
(29) L’allora quasi cinquantenne Leopoldo Salamandra fu Sante (poi defunto l’11 marzo 1796 a 78 anni) era di Ruscio e da lui discendono tutti gli odierni Salamandra di Ruscio, Monteleone e dintorni. Sua madre rispondeva al nome di Anna Carosi di Bernardo ed i Carosi erano una delle più antiche famiglie rusciare.
(30) L’allora ventiquattrenne Gregorio Gervasoni fu Filippo (battezzato l’11 novembre 1741) si collocherà al vertice di un corposo ramo Gervasoni che, in quanto a registrazioni presso la parrocchia di Monteleone, giunge sino all’inizio del Novecento.