Continuiamo la nostra iniziativa tendente a raccogliere materiale di vario genere, legato alla nostra terra, e rinnoviamo l’invito alle altre pro-loco della Valnerina e a tutti coloro che vorranno inviarci materiale utile per la nostra iniziativa.
Tutti conoscono – chi più chi meno – le meraviglie naturali della Valnerina e tutti, rusciari doc o importati, ne andiamo fieri, sapendo che altre regioni italiane ce le invidiano.
Eppure, non proprio tutte le bellezze della nostra terra umbra suscitano un moto di ammirazione, soddisfacendo il senso estetico che è in ognuno di noi, giacché vi è un’autentica rarità che sollecita soprattutto la nostra curiosità un po’ macabra e un vago gusto per … l’horror.
Non vi spaventate: si tratta solo di … mummie!
In effetti, proprio in Valnerina, a circa 18 chilometri da Terni, il paese di Ferentillo ospita un museo delle mummie che non avranno quattro o cinque mila anni come quelle egizie, ma hanno la particolarità di aver subito un processo di mummificazione naturale e non artificiale.
Ma andiamo con ordine.
Ferentillo ha una storia plurimillenaria, in quanto esistevano insediamenti già in epoca pre-romana, ma è in particolare durante il Medioevo che la valle in cui si trova il paese ha assunto grande importanza sotto il profilo strategico, come testimoniano i due nuclei abitativi, distinti, di Precetto e Matterello, dominati entrambi da torri di guardia del XIII e XIV secolo, collegate da robuste mura a mo’ di sbarramento e di difesa della gola formata dal fiume Nera.
Che la zona fosse cresciuta di importanza già dalla fine dell’epoca alto-medievale e fosse un punto di riferimento obbligatorio per il ducato longobardo di Spoleto, lo testimonia la vicina abbazia di San Pietro in Valle, uno dei monumenti storici ed artistici più celebri dell’Italia centrale, grazie agli affreschi ed alle sculture medievali che custodisce in una cornice architettonica e ambientale davvero suggestiva.
Proprio tra il XII e il XIV secolo nel nucleo di Precetto viene costruita la parrocchiale di Santo Stefano, addossata alla roccia e decorata nel corso del XV secolo da affreschi oggi di difficile lettura, anche perché tagliati nella parte alta. Ma a partire dal ‘500 l’abitato comincia a spostarsi più in valle, quando ormai le ragioni difensive che avevano costretto gli uomini nel Medioevo ad arroccarsi sui pendii scoscesi della gola non sussistevano più, essendo da tempo tutta la zona definitivamente inserita nello Stato della Chiesa.
Durante questo secolo anche la parrocchiale di Santo Stefano appare inadeguata all’aumento della popolazione e si pensa di ricostruirla sfruttando le fondamenta di età medievale e tagliando la parte superiore del vecchio edificio che si trasforma così in cripta, iniziando ad essere utilizzata come luogo di sepoltura, secondo un’usanza assai radicata in Italia di deporre i propri defunti all’interno di una chiesa, quasi a volergli propiziare una migliore vita nell’aldilà.
Proprio a seguito di questa ricostruzione inizia a manifestarsi il fenomeno della mummificazione naturale, ben diverso da quel procedimento elaborato e sacrale che veniva usato dagli antiche egizi. Ricordiamo in poche parole che i corpi dei faraoni, dei loro familiari e dei dignitari di corte, compresi i sacerdoti, venivano sottoposti ad una serie di operazioni, quali lo svuotamento delle viscere e degli organi vitali e l’avvolgimento in bende intrise con unguenti, prima di poter lasciare la cosiddetta “casa della morte” – vera e propria fabbrica di mummie – ormai pronte ad affrontare il lungo viaggio nell’oltretomba senza timore della decomposizione.
A Ferentillo le cose sono andate diversamente. Per poter trasformare la chiesa inferiore in vero e proprio cimitero sotterraneo viene riportato sul pavimento originario terreno ricavato dal calcare appenninico ricco di sali di carbonio, magnesio e solfato di calce. In più si lasciano delle feritoie per favorire la ventilazione del locale e, di conseguenza, l’evaporazione dell’umidità naturalmente presente nel sottosuolo.
Tutte queste cause, con l’aggiunta di presenza di numerose famiglie di microrganismi, hanno provocato l’essiccazione della cute, rimasta intatta attorno alle ossa insieme ai capelli grazie all’assorbimento degli umori corporei presenti nei sali minerali del calcare.
In anni recenti si è pensato di sistemare le mummie in apposite vetrine per consentire una visita singolare, anche se – confessiamolo pure – un po’ raccapricciante.
Molti dei corpi esposti in piedi hanno storie particolari alle spalle: molti sono morti in modo violento, come un impiccato la cui testa è quasi staccata di netto dal corpo, oppure come un altro che è stato legato e torturato, giacché soldato francese, come il precedente, giunto in Italia con le armate napoleoniche; altri sono morti in un’epidemia di colera, che colpì tra gli altri anche una giovane coppia di cinesi giunti a Ferentillo in viaggio di nozze (davvero insolito questo legame tra l’Umbria e la Cina!) in occasione di una festa religiosa.
Oltre ai corpi esposti c’è un intero campionario di teschi ed arti semi mummificati che sono stati sistemati ordinatamente, un po’ come accade nei cimiteri dei cappuccini tra cui quello famoso a via Veneto a Roma.
In conclusione, se proprio queste brevi note non vi hanno inorridito troppo, una gita a Ferentillo alla scoperta delle sue bellezze naturali ed artistiche e delle sue meno belle, ma certo curiose mummie, vale la pena di aggirare Aspra e sopportare le curve di Gavelli!