Un’incredibile esperienza di vita

By proruscio

In questi lunghi mesi Ruscio ha cercato di accogliere nel modo migliore i tanti Volontari che si sono prodigati nelle piu’ varie attivita’. Dal montaggio delle tende e delle strutture di primo intervento alla gestione delle verifiche dell’agibilita’ delle abitazioni, al supporto amministrativo del Comune.
Il nostro Asilo e’ stato utilizzato dai vari gruppi che si sono succeduti nei vari servizi. Le seguenti pagine le dedichiamo al terremoto: alle riflessioni (in prosa e rima) di Piero, capo delegazione di un Gruppo di Volontari, di Gianfranco e della cara Federica, che ci offre una lettura psicologica del “passaggio” del terremoto.


 

Ho appena chiuso il contributo sulle detrazioni fiscali per ristrutturazione antisismica e mi viene in mente: ma qualcosa da raccontare dietro le quinte io la ho. Ma soprattutto: qualche considerazione che ho scritto lì possiamo dimostrarla tutti insieme.

Eccomi allora. Lavoro dallo scorso anno presso l’ARES118 Lazio (Azienda Regionale Emergenza Sanitaria). È un’azienda del Servizio Sanitario Regionale, pubblica quindi come le ASL, nata nel 2004 per dare forza e contenuto specifico ad un’attività sanitaria diversa da tutte le altre: il soccorso in emergenza. Per intenderci quindi per legge nessuna altra azienda sanitaria, pubblica o privata, può fare soccorso in strada o presso un domicilio, nessun’altro risponde al numero telefonico 118, che ora si sta anche trasformando nello standard europeo del NUE Numero Unico per l’Emergenza 112. E questo vale in tutto il territorio nazionale.
La notte del 24 agosto i colleghi della postazione di Amatrice sono intervenuti immediatamente, ma anche la Centrale Operativa di Rieti ha dato prova di sé e tutto l’ARES Lazio si è mobilitato.

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Facciata di Santa Lucia, danni del sisma 2016 (foto Arch. Pro Ruscio, 2016)

Vi lascio solo qualche istantanea, volutamente non menziono colleghi e accadimenti forti perché potrete trovarli sui social in quantità. Ma soprattutto perché credo che la comunità debba pur avere informazioni utili per riflettere ma non abbisogna di scenografia.
Le linee saltarono ed i colleghi di Amatrice chiamarono altri colleghi di Rieti via cellulare, cosìcché in pochi minuti partì un’autocolonna con tutti i mezzi alla volta del paese. Un’ora e mezza dopo il sisma era montata la prima delle quattro tende-ambulatorio (le altre poi sono state della Croce Rossa e di due Regioni), la PMA, Punto Medico Avanzato.
L’ambulanza della postazione di Amatrice fu danneggiata da detriti caduti dall’ospedale, i colleghi come si vede nei film non hanno esitato a rompere i finestrini a calci ed hanno iniziato a fare viaggi con i feriti, con l’auto senza finestrini.

Per non lasciare la città di Rieti sguarnita da Roma e dalle altre province sono partite autocolonne per un’attività di intervento , sostituzione e rinforzo cosiddetto “a maglie”: muovi la prima pedina, poi la seconda sostituisce la prima e così via. Così è stato possibile agire nei primi giorni con una forza di intervento di cui la città e la provincia di Rieti non possono essere dotati.
I Direttori dell’ARES e dell’ASL di Rieti si sono coordinati nottetempo, cosicché mentre l’ospedale di Amatrice veniva sfollato (anche con l’elisoccorso venuto da Roma), i letti del San Camillo De Lellis di Rieti venivano liberati dei casi meno gravi.
Il risultato più evidente di questa tempestività è stato che NESSUN TRASPORTO SANITARIO, IN AMBULANZA O IN ELICOTTERO, si è tradotto in decesso.

Tante e tante sono le situazioni da raccontare, tanti i drammi e tanti gli atti di generosità, altruismo e solidarietà, nessuno si senta escluso da questo breve racconto comprese le Associazioni, gli Enti e le persone provenienti da tutte le Regioni.
Però il senso di appartenenza ad una comunità è anche questo: guardarsi intorno a volte e vedere con chi si sta gomito a gomito. Con chi si collabora, su chi si può contare.
Lavoro in sanità dal 1994, ho vissuto esperienze da vicino anche molto forti ma sempre di tipo amministrativo (ho persino visto arrestare colleghi).
Ma mai come questa volta ho sentito da dentro nascere un senso di orgoglio, di appartenenza, e persino un po’ di invidia per chi ha garantito il massimo che si potesse a chi, uguale a noi, ha solo avuto la sfortuna di dormire quella notte nella zona dell’epicentro.
L’Italia intera ha dimostrato che nelle difficoltà ci siamo. E stavolta anche le istituzioni.

Molto possiamo criticare, molto avremmo da ridire su ciò che non è andato ed a ragion veduta lo faremo in ogni sede: con un articolo di giornale o un reportage, con un’indagine giudiziaria, con il pianto e le urla di chi è vittima del malaffare nelle costruzioni.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare questa positiva lezione: non solo per una memoria una volta tanto di speranza, ma per imparare che lavorando preventivamente possiamo limitare le ferite e soprattutto uscirne più coesi e volenterosi di prima.

Ed il sisma del 30 ottobre, con tutti i però del fatto che la popolazione e le istituzioni erano già abbastanza scosse, lo ha comunque dimostrato: gli anziani ed i giornali ricordano infatti che il sisma del Belice fu caratterizzato da due scosse forti. E la seconda mieté più vittime della prima.